economia
venerdì 6 Ottobre, 2023
di Francesco Terreri
Il gruppo cartario Fedrigoni, presente in Trentino con quattro stabilimenti e 800 dipendenti, mette in vendita gli immobili che ospitano le fabbriche, con un’operazione di sale & leaseback che dovrebbe portare liquidità nelle casse dell’azienda, per ridurre il debito finanziario netto di 1,1 miliardi di euro. Tra essi, ci sono le quattro sedi trentine, Riva del Garda, Arco, Scurelle e Arconvert, la divisione carte adesive anch’essa nella zona industriale arcense. A bilancio gli immobili sono a oltre 300 milioni di costo storico. D’altra parte dovrebbe essere confermato l’impegno produttivo con contratti di leasing di almeno vent’anni. Sindacati e lavoratori sono però in allarme. Norma Marighetti della Slc Cgil, Lorenzo Pomini della Fistel Cisl, Alan Tancredi della Uilcom Uil e Paolo Pellegrini di Ugl Carta e Stampa, insieme alle Rsu degli stabilimenti trentini, hanno inviato una lettera all’assessore provinciale allo sviluppo economico Achille Spinelli, al presidente della Comunità di valle Alto Garda e Ledro, dove si concentra il grosso della presenza trentina del gruppo, Claudio Mimiola, al direttore di Confindustria Trento Roberto Busato, oltre che alla direzione Fedrigoni, in cui si chiede un incontro urgente «per rappresentare le forti preoccupazioni delle maestranze in merito alle operazioni di leaseback del gruppo Fedrigoni».
Lavoratori molto preoccupati
«Nei vari incontri del Coordinamento nazionale Fedrigoni – spiega Tancredi della Uilcom – è emerso che, in un prossimo futuro non lontano, l’azienda intende ricorrere al leaseback per i suoi stabilimenti italiani, tra i quali i quattro trentini. La conferma è arrivata anche da contatti diretti con dirigenti aziendali. Si parla quindi di vendere gli immobili e poi restarci a produrre stipulando leasing, dicono, ventennali o trentennali. Ma noi siamo preoccupati. E sono molto preoccupati i lavoratori sentiti dai delegati». Tancredi sottolinea: «Abbiamo chiesto un incontro urgente all’assessore Spinelli. Pensiamo che la Provincia debba fare da garante politico delle operazioni per mantenere l’occupazione in Trentino». L’incontro dovrebbe vedere allo stesso tavolo anche la Fedrigoni e Confindustria.
Il precedente Whirlpool
Il timore è che la vendita dei muri delle sedi produttive sia un segnale di disimpegno, come accaduto in altri casi, ad esempio con la Whirlpool che nel 2007 vendette l’immobile di Spini di Gardolo e qualche anno dopo lasciò Trento. All’epoca però la Provincia a guida Lorenzo Dellai intervenne direttamente acquistando il compendio attraverso Trentino Sviluppo. L’operazione non evitò l’abbandono da parte della multinazionale statunitense, ma garantì che l’immobile restasse in mani trentine e, alcuni anni dopo, fosse occupato da un’altra azienda, Vetri Speciali.
In mano ai fondi esteri
Fedrigoni, sede centrale a Verona, 5.000 addetti in 52 centri di produzione, taglio e distribuzione di vari tipi di carte in 28 Paesi del mondo, dall’Europa all’Asia alle Americhe, è dal 2018 in mano a fondi di investimento internazionali. Dal 2022, in particolare, la catena di controllo vede in cima la società statunitense di investimento Bain Capital e la società lussemburghese Scaliger Acquisition, che fa capo ai britannici di Bc Partners, con il 47% del capitale ciascuna. Negli ultimi anni Fedrigoni ha effettuato diverse acquisizioni, tra cui la spagnola Guarro Casas e le francesi Tageos e Papeterie Zuber Rieder. In Italia da vent’anni fanno capo al gruppo le cartiere Fabriano. Dal 2018 le Cartiere Cordenons, con lo stabilimento di Scurelle in Valsugana, entrano in Fedrigoni perché entrambe controllate da Bain Capital.
La frenata del 2023
Il gruppo Fedrigoni chiude il 2022 con un fatturato di 2,2 miliardi, in crescita del 37%, e un utile di 42 milioni. Quest’anno però le vendite sono in frenata per le turbolenze dei mercati internazionali e più volte si è ricorso alla cassa integrazione anche negli stabilimenti trentini. Nel primo semestre i ricavi sono a 971 milioni, -9,9% sull’anno prima, e i conti sono in perdita per 64 milioni. Il gruppo ha un robusto patrimonio di 1,2 miliardi, ma l’indebitamento finanziario netto è a 1,1 miliardi.