La sentenza

sabato 4 Gennaio, 2025

Case Itea: incostituzionale il criterio trentino dei dieci anni di residenza. I giudici: «La Provincia ha violato l’articolo 3 sull’uguaglianza»

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La Consulta boccia i requisiti fissati nel 2019 che richiedevano agli stranieri la residenza continuativa in Italia

Il criterio con cui la Provincia di Trento voleva restringere la platea degli aventi diritto a un alloggio popolare è incostituzionale. In particolare, viola uno dei principi fondamentali della Carta, l’articolo 3: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali», perché, di fatto, se è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale per garantire pari dignità, questi criteri non vanno proprio in questa direzione. È giunta questa conclusione la Corte Costituzionale riguardo alla famigerata legge del 2019 che prevedeva il requisito dei dieci anni di residenza in Italia (gli ultimi due in modo continuativo) per accedere all’alloggio a canone sostenibile e per il contributo integrativo del canone di locazione. La sentenza è l’ultimo passo, definitivo, di una vicenda giudiziaria che si protrae dal 2021, da quando un cittadino etiope, assistito dall’avvocato Giovanni Guarini di Asgi, l’associazione di studi giuridici sull’immigrazione, aveva fatto ricorso. La norma, nel frattempo era stata leggermente modificata, ma i tribunali di tutti gli ordini (quello ordinario e poi la Corte d’Appello) aveva sempre dato ragione al richiedente.

«È la cronaca di un verdetto annunciato — commenta oggi l’avvocato Guarini — la Consulta ci spiega che l’offerta di un alloggio a soggetti economicamente deboli assicura agli stessi un’esistenza dignitosa, e una disciplina che limita il diritto dei più deboli a requisiti di lunga residenza è irragionevole, cioè discriminatorio in quanto disconosce ogni rilievo allo stato di bisogno».

«Un diritto fondamentale»
La sentenza della corte costituzionale sottolinea come il diritto a un alloggio dignitoso sia una tutela fondamentale proprio per i soggetti maggiormente
svantaggiati, come raccomandato, del resto, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Viceversa, la legge provinciale finiva per penalizzare i soggetti più vulnerabili. vista come una legge che penalizzava i più vulnerabili. Passaggio quasi scontato, il fatto che oltre all’articolo 3, sia stato violato anche il 117 quello che enuncia la potestà legislativa statale e regionale nel rispetto della Costituzione.

«Fra l’altro — prosegue Guarini — la Corte ha espressamente affermato che è irragionevole ancorare una prestazione provinciale a dieci anni di residenza non nel territorio provinciale, ma in quello nazionale, né ha alcun senso far riferimento ai requisiti previsti dal reddito di cittadinanza, che è una prestazione del tutto diversa dagli alloggi».

Il collegamento con il reddito di cittadinanza
Il riferimento, in questo caso è alla «ratio» presentata al momento del provvedimento. Facciamo un passo indietro: nel 2019, il governo «gialloverde» che vedeva la presenza, in maggioranza della Lega e del Movimento 5 Stelle ha introdotto, per l’appunto, il reddito di cittadinanza ma prevedendo il requisito — chiesto espressamente dal Carroccio — della residenza decennale. Ma questo, dice ora la Corte, non può essere utilizzato come analogia per un altro strumento di welfare come le case popolari. In altre parole, l’accesso all’alloggio dovrebbe essere determinato dal bisogno non dalla durata della residenza.
«In sintesi — la conclusione di Guarini — si tratta di una norma che si accanisce sugli ultimi, sui più poveri e bisognosi e si pone in contrasto con i precedenti della Consulta che da tempo erano noti. Lascia stupiti che gli unici a non conoscere le regole europee e costituzionali siano proprio i nostri amministratori, autori della legge provinciale
dichiarata incostituzionale. Viene impedita una missione fondamentale della Repubblica: quella di promuovere “l’uguaglianza sostanziale in termini sociali ed economici”».