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mercoledì 12 Aprile, 2023

Caso orso, i governatori: «Abbiamo tutti responsabilità»

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La lettera della madre di Andrea Papi che si è rivolta alle autorità trentine e allo Stato, viene commentata con molta delicatezza dai presidenti che si sono susseguiti in Provincia

Nessuno si auto-assolve tra i governatori che si sono succeduti alla guida della Provincia. La lettera della madre di Andrea Papi — che si è rivolta «alle autorità della della Provincia e dello Stato attuali e pregresse perché se è successa questa tragedia evidentemente non è stato fatto tutto quello che poteva essere fatto» — viene commentata con molta delicatezza. Quello che in qualche modi si dichiara estraneo alla gestione degli orsi in Trentino è Carlo Andreotti, allora esponente del Patt, che avallò la reintroduzione dei plantigradi nelle Alpi. «Ma il progetto Life Ursus non era della Provincia, era del Parco Adamello Brenta. La mia giunta non fece altro che cofinanziare il progetto, che già era finanziato dall’Unione europea. La Provincia di Trento in quella fase non c’entra nulla». Andreotti ricorda però che quel progetto che ebbe modo di visionare si è via via trasformato, tradendo in qualche modo le intenzioni iniziali: «Si parlava di un ripopolamento che nel corso di decenni, e sottolineo decenni, avrebbe portato a un numero di esemplari tra i 40 e i 60. Ora, in pochi anni, siamo al doppio del numero previsto. Qualcosa non ha funzionato, è evidente». Ricorda poi che a metà anni Novanta venne fatto addirittura un sondaggio: «Il 70% era favorevole, e lo stesso sondaggio ripetuto a metà anni Duemila mantenne alto il gradimento: 68%. A quel tempo non ricordo nessuna opposizione, tutti erano d’accordo». L’ex governatore non ha alcuna intenzione di criticare l’operato dei suoi successori: «Non si fa, non è corretto. Ma credo sia evidente a tutti che qualcosa è andato storto. Nel progetto iniziale, oltre al numero di esemplari che è stato abbondantemente sforato, si prevedeva il radiocollaraggio e il continuo monitoraggio, che ora non mi risulta ci sia».
Dopo Andreotti fu Lorenzo Dellai a guidare la giunta provinciale. E fu sotto la sua presidenza che i primi orsi furono trasferiti dalla Slovenia al Trentino. Il progetto Life Ursus continuava ad essere gestito dal Parco Adamello Brenta, e i sondaggi testimoniavano l’elevato gradimento del ritorno dell’orso in Trentino. Qualche difficoltà nella gestione dei grandi carnivori inizia però a manifestarsi, tanto che nel 2005 il progetto di reintroduzione e conservazione degli orsi viene tolto al Parco Adamello Brenta e avocato a sé dalla stessa Provincia. L’ex governatore, alla lettera della madre di Andrea Papi non intende però rispondere direttamente. Si limita a un’affermazione in ogni caso sentita, per nulla auto-assolutoria: «Dopo questa tragedia nessuno può sentirsi privo di responsabilità politico-istituzionali».
Dopo Dellai, esclusa la parentesi della guida della Provincia affidata al vicepresidente Alberto Pacher, è Ugo Rossi che assume il ruolo di governatore. Ed è durante il suo mandato che il tema dell’orso emerge a seguito di alcuni fatti di cronaca, assumendo anche i contorni dello scontro politico. Dall’opposizione il centrodestra — e sopratutto la Lega di Fugatti al tempo in minoranza — lo attaccano di continuo, arrivando a chiederne le dimissioni per aver gestito male la cattura di Daniza, l’orsa che aveva ferito un cercatore di funghi, che era stata catturata e che era morta per una dose eccessiva di anestesia sparata dai forestali: «Vista la gestione imbarazzante e la mancata professionalità dimostrate fin dall’inizio di questa vicenda — scriveva al tempo Fugatti — chiediamo che il presidente della giunta provinciale Ugo Rossi si assuma le proprie responsabilità e si dimetta per manifesta incapacità». Rossi decide però di non replicare, di non andare allo scontro politico durante il tempo del lutto: «Sul triste evento di Caldes non intendo rilasciare nessuna dichiarazione se non quella del dolore e della solidarietà per chi è stato colpito. Verrà il tempo di commentare e di approfondire». Dopo la lettera della madre, Rossi aggiunge però qualcosa al suo silenzio: «Non intendo dire nulla pubblicamente in questi giorni, proprio per rispetto del dolore di quella famiglia. Ma se la stessa famiglia volesse parlarmi, volesse approfondire meglio, io sono a disposizione, pronto a illustrare tutto quello che ho cercato nei miei cinque anni di governo nella gestione di un tema complicatissimo come quello dei grandi carnivori. Poi parlerò anche pubblicamente — continua Rossi — verrà il tempo per spiegare una serie di cose che fin qui sono state taciute o dimenticate. Convocherò una conferenza stampa, ma solo nel momento opportuno, non ora».
Maurizio Fugatti, che si è trovato il «dossier orso» sulla scrivania della presidenza della giunta provinciale lasciata nel 2018 da Ugo Rossi, accoglie ogni critica e si fa addirittura carico della rabbia della famiglia: «Non mi metto a discutere ora, nei giorni del funerale, sulle colpe e sulle responsabilità. Credo che tutti i genitori siano legittimati in tutto quello che pensano al momento. Quindi non solo non voglio replicare — aggiunge — ma anzi vorrei fare un appello a tutte quelle persone che sui social commentano questi tragici fatti. Purtroppo, queste questioni scatenano l’irrazionalità di questo mondo, e abbiamo letto interventi veramente spiacevoli. Finché attaccano le istituzioni va bene, fa parte del gioco, ma sono assolutamente da condannare gli attacchi nei confronti della famiglia».