Giustizia

giovedì 21 Marzo, 2024

Caso Pedri, parla la sorella Emanuela dopo l’interrogatorio a Mereu: «Nega le vessazioni, non mi stupisco»

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«Perché tanto timore e tanta paura anche nel solo pronunciare il suo nome?»

«A detta di Mereu il suo ruolo era quello di dirigente medico come tutte le altre, come lo era mia sorella. Allora perché tutto questo? Perché tanto timore e tanta paura anche nel solo pronunciare il suo nome?». Inizia così il lungo post social pubblicato da Emanuela Pedri, sorella di Sara, commentando l’udienza che si è tenuta lunedì in tribunale a Trento di fronte al giudice Marco Tamburrino, durante la quale c’è stato l’esame fiume della dottoressa Mereu, accusata con l’ex primario Saverio Tateo di maltrattamenti in concorso, nel periodo in cui prestavano servizio nel reparto di ginecologia e ostetricia del Santa Chiara di Trento. «Nulla di nuovo dal mio punto di vista» commenta la parente della ginecologa forlivese che era in servizio nello stesso ospedale e che è sparita nel nulla dal 4 marzo 2021. «Nessuno stupore — continua il post — nel sapere che Mereu rimane ferma nella sua posizione, negando i maltrattamenti, le vessazioni, le offese, le percosse descritte con dettaglio nelle montagne di carte prodotte dalla Procura su ventuno parti offese e verbalizzate tra un singhiozzo e l’altro da nove medici durante l’incidente probatorio che è durante quasi un anno». Ora nel procedimento sono undici le parti civili che si sono costituite chiedendo risarcimenti complessivi per 1,2 milioni di euro. E tra queste c’è anche la mamma di Sara Pedri, curatrice della ginecologa di 31 anni la cui auto è stata recuperata vicino al lago di Santa Giustina.
«Essendo un processo a porte chiuse, io e la mia famiglia non abbiamo potuto partecipare, così come non potremmo essere presenti all’esame di Saverio Tateo il prossimo 19 aprile» fa sapere ancora la sorella nella pagina Facebook “Verità per Sara Pedri”. «Rimaniamo in attesa come sempre, come da tre anni succede, di sapere come sia andata dal nostro avvocato Nicodemo Gentile, perché solo questo possiamo fare — racconta Emanuela Pedri — Ci affidiamo alla legge sperando in un risultato giusto, non solo per noi, Sara e chi sta combattendo al nostro fianco, ma anche per chi ha bisogno di essere creduto, protetto e tutelato per poter svolgere il proprio lavoro serenamente, senza paura di essere minacciato, demansionato, isolato, trasferito, licenziato o ancora peggio di ammalarsi fino al punto di pensare di non valere nulla e desiderare solo di scomparire». E, ancora: «Nell’attesa di un giusto risultato, non rimaniamo fermi a guardare, ma facciamo grandi progetti nel nome di Sara come la nascita dell’associazione nazionale Anti-Mobbing Nostos».