Il viaggio
domenica 26 Marzo, 2023
di Jessica Pellegrino
Il viaggio nel tempo del «T» alla scoperta dei luoghi scomparsi prosegue in Valsugana nei pressi del Monte Lefre. È qui, infatti, che, narra la leggenda, una grande frana staccatasi dal monte sovrastante abbia raggiunto l’antico Borgo Careno facendolo scomparire sotto enormi massi.
A caratterizzare l’area, ancora oggi, vi sono i grandi sassi delle Masgere, una denominazione, quest’ultima, che deriva dal latino macéria e significa «luogo pieno di sassi». Siamo nel comune di Castel Ivano.
Ma cosa si racconta di questo antico paese? La leggenda narra che la sua fine improvvisa sia legata ad una punizione divina volta a castigare l’avarizia dei suoi abitanti. A determinarla, l’indifferenza dei paesani nei confronti di un pover’uomo che, giunto al borgo affamato e senza nulla, passò di casa in casa chiedendo la carità. Una richiesta di cui nessuno si curò lasciandolo solo ed affamato.
Tutti, eccezion fatta per una vedova che, con i suoi bambini, abitava poco sopra il paese.
«Quella di Borgo Careno è una storia molto interessante – racconta lo storico e collaboratore del Museo della Guerra di Rovereto, Andrea Casna –. Non abbiamo però prove storiche o scientifiche in grado di accertare l’esistenza di un paese con quel nome, con quelle caratteristiche che sorgeva in quel dato posto». Le uniche che ci sono giunte sono legate all’età moderna e si concentrano in particolare sull’esistenza di un ospizio. «Giuseppe Andrea Montebello – continua Casna – nel 1793 scrive che Ospedaletto veniva scritto Hospitalis Careni. Un altro intellettuale trentino, Agostino Perini, nel 1852, scrive poi che Ospedaletto, negli antichi documenti, veniva chiamato Hospitali Careni. Quindi è opinione che il nome fosse Careno e vi si trovasse un ospizio condotto da monaci di cui però nella storia non rimane traccia».
Ed è proprio l’ospitalità che ritorna nella leggenda ed in particolare nel gesto della povera vedova che, pur non avendo nulla da offrire, fa accomodare in casa sua il pover’uomo. Una scelta grazie alla quale la donna vede trasformare pietre in cibo e botti vuote, in botti piene. È a questo punto che la punizione divina si va concretizzando. Il vecchio infatti le anticipa che, durante la notte, ci sarebbe stato un grande rumore. Le intima quindi di non muoversi e di non guardare dalla finestra. Purtroppo però, la curiosità della donna, è troppa. Si affaccia alla finestra e, prima che una scheggia la colpisca in un occhio accecandola, vede enormi massi rotolare giù per la china del monte. La mattina seguente il vecchio, dopo averla rimproverata per non aver seguito il suo consiglio, la guarisce.
Un epilogo diverso da quello degli abitanti di Borgo Careno che restano sepolti sotto la rovina. L’unica casa a rimanere indenne è proprio quella della vedova. In una delle versioni quel povero era Gesù che punisce così l’avarizia degli abitanti che avevano rifiutato a lui la carità.
Fin qui, dunque, la leggenda, ma è evidente che la zona sia stata segnata da diversi smottamenti. «Quel che è certo è che questa massa calcarea dolomitica – spiega il geologo Paolo Passardi – costituisce una particolarità geologica, perché non dovrebbe trovarsi in questa posizione. In modo schematico possiamo dire che queste masse rocciose sono precipitate all’interno della Valsugana che era una fessura apertasi nel processo di formazione del rilievo alpino. Da ciò deriva il fatto che questa massa rocciosa è molto fratturata, e di conseguenza ove i suoi fianchi sono particolarmente acclivi, tende a rilasciare materiale detritico e a determinare la formazione di fenomeni franosi».
Un luogo scomparso tra leggenda e realtà che, ancora oggi è però vivo nel cuore e nella mente della comunità di Castel Ivano, come conferma il sindaco Alberto Vesco. «Come sindaco del comune di Castel Ivano mi piace sottolineare che questa è una leggenda ancora viva nella nostra comunità. È una leggenda raccontata in varie versioni che prevedono però alcuni elementi comuni. Un paese abitato da gente molto avara e poco amichevole nei confronti dei forestieri.
Un vecchio mendicante rifiutato da tutti eccetto che da un’anziana vedova o da un eremita». «Una leggenda – conclude Vesco – che viene raccontata dagli insegnanti ai bambini delle scuole elementari ed è ricordata anche dalla toponomastica locale. Una via, via del Borgo Careno, si trova in una zona residenziale della zona di Agnedo».