L'assemblea
mercoledì 29 Novembre, 2023
di Margherita Montanari
Sul bilancio incidono gli importanti aumenti dei costi – energetici, di bottiglie, etichette, cartoni – e la contrazione dei consumi. L’anno a cavallo tra il 2022 e il 2023 per il consorzio Cavit si è chiuso con risultati che i vertici definiscono «di soddisfazione». Il fatturato consolidato cresce di uno 0,9%, passando da quasi 264,8 milioni a 267,1 milioni di euro. Mentre quello della capogruppo, Cavit sc, risulta in contrazione di un -1,9% rispetto allo scorso esercizio. Ma il risultato ha considerato di remunerare il lavoro dei soci con valori superiori rispetto ai tempi pre-pandemia.
Il bilancio 1° giugno 2022-31 maggio 2023 del consorzio presieduto da Lorenzo Libera e diretto da Enrico Zanoni è stato presentato ieri al termine dell’assemblea presso il Centro Congressi Riva del Garda. Un momento di condivisione tra un centinaio di amministratori e legali rappresentanti delle realtà del consorzio, in cui sono intervenuti anche gli assessori Tonina e Spinelli e l’economista Carlo Cottarelli.
La realtà con sede a Ravina di Trento unisce 11 cantine sociali del territorio e 5.300 soci. Arriva a un’area vitata che copre il 60% della superficie viticola del territorio, corrispondente a oltre 6 mila ettari. Il fatturato consolidato cresce di uno 0,9%, passando da quasi 264,8 milioni a 267,1 milioni di euro. Una sostanziale conferma dello scorso anno (+0,9%), trainata ancora dall’export, che corrisponde al 76% del giro d’affari. Il patrimonio di gruppo è in crescita a 112,5 milioni. Cala invece il risultato della capogruppo, che scende dell’1,9% rispetto all’esercizio precedente (da 204,7 milioni a 200,1 milioni di euro). L’effetto pandemia aveva portato i consumi domestici ad aumentare e di riflesso il fatturato di gruppo era cresciuto di 36 milioni da un esercizio all’altro. Un picco eccezionale che condiziona i dati attuali. «Rispetto al periodo pre-Covid (anno 2019-2020) registriamo una crescita del fatturato del 14%, derivata per il +2% dai volumi e +12% da listino. Avevamo messo in conto un riassestamento», commenta Zanoni.
Per il presidente Lorenzo Libera, «la natura del movimento cooperativo si mostra idonea anche in queste situazioni». «L’impegno dei viticoltori e delle cantine socie – aggiunge – permette di raggiungere obiettivi non così scontati. Anche le remunerazioni ai soci sono in linea con l’anno scorso». Poco più basse dello scorso anno, più alte del periodo pre-Covid. Il risultato dell’anno chiuso a maggio 2023 non era scontato in un contesto inflazionistico che ha penalizzato le vendite, soprattutto da dicembre. «I costi dei materiali secchi sono cresciuti del 40%. Quelli dell’energia sono più che raddoppiati e anche la logistica ha visto un rincaro del 20%. Ma siamo rimasti in linea con il nostro budget e con la gestione della dinamica dei costi», spiega Zanoni. Per fare fronte ai rincari, Cavit ha agito su un duplice fronte: l’aumento dei listini in minima misura, e «la strategia di valorizzazione delle bollicine», un segmento ad alto valore aggiunto.
Guardando all’intento dei prodotti, le maggiori soddisfazioni derivano proprio dall’area della spumantistica. I volumi, spiega Zanoni, sono in crescita. Sia per Altemasi Trentodoc, che ha una canalizzazione al 90% Horeca, e «mostra crescite di volumi vicine alla doppia cifra»; sia per il Cesarini Sforza, per il 70% venduto attraverso la grande distribuzione. Senza dimenticare la controllata tedesca Kessler Sekt&C, che ha chiuso con 12 milioni di euro di fatturato (+10%) e un patrimonio netto di 4,9 milioni di euro. «Le bollicine mantengono presa sul mercato. È questa l’area strategica su cui giocheremo le nostre carte nei prossimi anni», continua il direttore.
Per i volumi mossi, la grande distribuzione fa la parte del gigante nel conto delle vendite. Ma l’area horeca (hotel, ristoranti, catering) è quella attraverso cui si piazzano i prodotti di maggior pregio. «Nell’e-commerce facciamo passi avanti, ma è un canale ancora decisamente minoritario», aggiunge Zanoni.
L’export continua a rappresentare più del 76% del giro d’affari del gruppo, ma rimangono alcune ombre all’orizzonte. «Lo scenario dei prossimi anni è di contrazione di mercato globale, riflesso del rallentamento dei consumi di vino – aggiunge il direttore – In particolare per i vini rossi. Se ci sarà una crescita, non deriverà dall’espansione del mercato, ma dall’erosione di quote di altre realtà o dalla scoperta di nuovi mercati». O meglio, dall’ulteriore strutturazione in mercati già interessati al prodotto vino. «In Germania, Usa, nord Europa, Repubblica Ceca e Olanda c’è margine per migliorare. La Cina era stata dipinta come l’El Dorado del vino, ma non vediamo questo grande interesse», continua Zanoni. Dall’estero però non arrivano segnali rosei. «Negli Usa da un paio di anni si vede una flessione dei volumi tra il 6 e l’8%. Anche se minore del Pinot Grigio, che vede un calo solo del 3%. Mentre il valore complessivo è cresciuto di un +1,9%». Cavit rimane però leader d’importazione sul mercato Usa. E prova a «seguire le dinamiche di mercato». Ad esempio, quest’anno ha introdotto un Pinot grigio «no alcol», da 9 gradi.
La scommessa vera però sono le bolle. Anche gli investimenti sono orientati a sostenere una crescita ulteriore della domanda. Con un’ipotesi di investimento di circa 35 milioni di euro per l’ampliamento della cantina Altemasi che, con l’inaugurazione prevista nel 2026-27 potrà rispondere meglio in termini di velocità e di resa alle domande del mercato. Gli interventi dovrebbero consentire di aumentare la possibilità di stoccaggio per le bollicine e a raddoppiare la linea di confezionamento. Chiaro che le incertezze di contesto portano a maggior cautela. Nel primo anno di lavoro, sono stati messi a terra investimenti per circa 2,5 milioni. «Abbiamo iniziato i lavori propedeutici agli ampliamenti della cantina esistente – precisa Zanoni – Il lavoro è in corso ma potrebbe essere meglio tarato nei prossimi passaggi. Di certo abbiamo bisogno di più spazi. Il progetto lo adatteremo a seconda delle necessità». L’idea è di procedere per gradi, andando magari a privilegiare o l’aumento delle possibilità di stoccaggio o il raddoppio della linea di condizionamento. L’intervento sarebbe in parte da finanziare con i fondi del Pnrr: ben 25 milioni dovrebbero arrivare da Roma, ma ancora tutto tace. «Abbiamo presentato il progetto, siamo in attesa di avere un responso».
Non saranno però le linee di Casa Girelli, l’azienda di imbottigliamento e commercializzazione dei vini del consorzio Cavit in via di dismissione, a sostituire il progetto, «che va avanti e punta su tecnologie innovative», ricorda. Casa Girelli intorno a marzo andrà a chiudere definitivamente. Per la maggior parte dei 38 dipendenti è previsto il trasferimento in Cavit. Sul futuro del compendio industriale, invece, l’ipotesi è che possa diventare uno studentato. «Qualche manifestazione d’interesse c’è, ma siamo ancora in fase esplorativa», conclude il direttore.