la proposta
domenica 24 Dicembre, 2023
di Tommaso di Giannantonio
Sa bene che la riforma potrebbe suscitare polemiche. Mettere mano ai centri storici significa operare sulla spina dorsale di un territorio. Ma «oggi si va verso uno spopolamento dei centri storici». E per rispondere anche alla carenza di alloggi «bisogna puntare al recupero dell’esistente». Dunque, «dobbiamo permettere di demolire e ricostruire gli immobili dei centri storici, mettendo al primo posto l’autoconsumo e l’efficientamento energetico», spiega l’assessore provinciale all’urbanistica Mattia Gottardi.
La road map
Questa è la priorità che si è dato per la prima parte della legislatura: ridurre i vincoli e quindi agevolare i cantieri nei centri storici, soprattutto nei piccoli paesi, e nelle aree periferiche del Trentino. «Entro un anno vogliamo riparametrare il concetto di centro storico dal punto di vista amministrativo e legislativo, coinvolgendo categorie, ordini professionali e Comuni — dice Gottardi — L’obiettivo è quello di permettere l’avvio dei primi interventi edilizi a partire da metà legislatura».
Favorire le demoricostruzioni
Si tratta di una riforma delle norme sugli insediamenti storici (leggi del 1993 e del 2015) che mira a favorire le demoricostruzioni, ossia la demolizione e ricostruzione, «non necessariamente dei singoli edifici, ma anche di comparti». «Oggi la ristrutturazione di un immobile del centro storico ha un costo maggiore rispetto alla realizzazione di una nuova casa — sottolinea l’assessore — E poi questi edifici non rispondono alle esigenze attuali: ad esempio, hanno volumetrie molto grandi, sono disposti uno accanto all’altro, non hanno i poggioli e hanno una viabilità complicata».
«Superare la museificazione»
Il cambiamento, ancor prima che normativo e amministrativo, è concettuale. «Oggi il valore principale nei confronti del centro storico è la tutela dell’esistente. Questo — considera — ha portato allo spopolamento, alla perdita di valore degli immobili e a nuove edificazioni. Per quanto mi riguarda vecchio e antico sono due concetti diversi. Non tutto il vecchio merita tutela. Oggi deve cambiare la scala valoriale: dobbiamo passare dalla museificazione alla rigenerazione urbana. Quali paletti mi pongo? Nessuno. Dovremo sicuramente coinvolgere categorie, ordini professionali e Comuni. Non arriviamo a scatola chiusa».
Il rischio è quello di minare l’identità dei luoghi. «L’identità dei centri storici si sta già perdendo perché non sono più vissuti — dice — Noi vogliamo rimetterli al centro delle comunità».
Efficientamento e autoconsumo
I criteri, almeno quelli basilari, per la fase di ricostruzione degli edifici sono chiari. «Devono essere mantenute le caratteristiche tipologiche e si dovrà mettere al primo posto l’autoconsumo (pannelli) e l’efficientamento energetico (cappotti). Oggi l’Unione europea ha già chiarito che tutti gli edifici esistenti dovranno raggiungere la classe energetica E entro il 2030 e D entro il 2033. Le volumetrie — conclude — potranno anche essere minori rispetto all’edificio demolito».
La possibilità di recuperare il patrimonio esistente passerà anche per «una riclassificazione degli immobili dei centri storici».
La partita degli edifici comunali
Intanto, a proposito di patrimonio esistente, i Comuni hanno messo a disposizione 20 immobili pubblici per la creazione di nuovi alloggi residenziali (il T di ieri). Le disponibilità sono state raccolte nell’ambito di un censimento avviato nei mesi scorsi dalla Provincia. «Se sono pochi? È un buon punto di partenza — dice Gottardi — Di per sé gli edifici pubblici dei Comuni sono nati per esigenze diverse». La giunta provinciale mira a riutilizzare questi immobili (dalle ex scuole alle ex case di riposo) attraverso un fondo di housing sociale 2.0. Un’idea per rispondere al fabbisogno abitativo, ma per il momento, appunto, è soltanto un’idea.
«Piste da sci, sì ad ampliamenti»
Così come sono ancora un’idea i piani stralci del Piano urbanistico provinciale (Pup), di cui l’Ordine degli architetti della provincia di Trento chiede una revisione. «Ci sono delle urgenze emerse negli ultimi dieci anni che non sono state affrontate — ragiona Gottardi — In questa fase abbiamo intenzione di raccogliere le esigenze e fare qualche piano stralcio, se necessario. Ad esempio sarà fatto sicuramente un piano stralcio per l’armonizzazione delle aree sciabili». Cosa significa questo? «Riperimetrare le aree sciabili, prevedendo anche ampliamenti, non necessariamente nuove piste», conclude.
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