Il caso
mercoledì 24 Gennaio, 2024
di Redazione
Errore grossolano di Patrimonio del Trentino nel caso dello sfratto del Centro Sociale Bruno. Sono gli attivisti del centro stessi ad annunciare quanto successo. «La giudice Adriana De Tommaso ha, infatti, accolto le osservazioni dei nostri legali, l’avv. Stefania Franchini e l’avv. Nicola Canestrini: la disdetta inviata con una comunicazione via PEC nel 2018 riportava una particella edificiale diversa da quella che riguarda l’edificio di Piedicastello, che abbiamo autorecuperato dall’abbandono e fatto vivere in 10 anni di attività sociale, culturale e politica» scrivono gli attivisti spiegando che la giudice ha ritenuto l’errore «grave motivo ostativo alla pronuncia di rilascio». La pronuncia sposta quindi la decisione ad una futura udienza già in calendario per il 17 aprile 2024. Rimangono preoccupati però gli attivisti consapevoli «che la minaccia è solo rimandata, non sventata. Perché la decisione del tribunale, al di là dei dettagli giuridici, che confermano le goffe difficoltà gestionali di Patrimonio del Trentino, non farà desistere la propaganda del presidente Villotti e del suo c.d.a, che hanno deciso politicamente di non prendere in considerazione nessuna delle proposte tecniche che sono emerse in questo periodo». A detta loro non ci sarebbero infatti motivi validi che giustifichino lo sfratto. A detta loro infatti gli uffici di Patrimonio del Trentino « Non sono mai riusciti a rispondere con dati, previsione di spesa e cronogramma dei lavori previsti nell’area ex Italcementi perché non esistono: la ridicola scusa è che lo stabile dovrebbe essere abbattuto per far passare una stradina di accesso al parcheggio dell’area ex Italcementi». Ragione per cui, concludono gli attivisti: «La campagna “Bruno non si caccia” non si ferma né rallenta, anzi, userà i prossimi mesi per dispiegarsi e rafforzarsi. Vogliamo prima di tutto ringraziare coloro che hanno preso parola nel difendere e valorizzare l’esperienza del Centro sociale Bruno. Larga parte della società trentina ha compreso che la volontà di sfrattarci non nasce da una semplice decisione “amministrativa”, né che riguarda semplicemente il nostro spazio. Siamo in presenza di una prassi di governo che utilizza le strutture pubbliche, che dovrebbero essere messe al servizio di tutta la popolazione, per interessi di bottega, anzi per cercare di tenere insieme le litigiose fazioni che compongono la maggioranza, inventando continuamente nuovi “nemici” da trasformare in “problemi di ordine pubblico”. Una prassi di governo fatta di distribuzione clientelare delle risorse, taglio dei servizi e repressione».