Elezioni 2023
giovedì 5 Gennaio, 2023
di Donatello Baldo
Il sindaco di Rovereto Francesco Valduga ha una sua coerenza, e quello che dice oggi lo ha sempre detto anche in passato. «Non sono un uomo di partito, non sono il candidato di bandiera. Se mi metto a disposizione per la presidenza della Provincia di Trento lo faccio per un’alleanza larga, che superi anche i confini del tavolo del centrosinistra». Così nel 2018, così alla vigilia dell’eventuale investitura per le elezioni del 2023. Sono passati quasi cinque anni ma il refrain è lo stesso.
Valduga avrebbe così stoppato ogni tentativo di mettere il suo nome sul tavolo del centrosinistra che si riunirà il prossimo mercoledì. Ai più stretti collaboratori ha infatti ribadito la sua linea, spiegando che non può e non vuole «essere il candidato di una sola parte», di un solo partito, in questo caso Campobase che non ha mai nascosto — e anche questa non è una novità — che il sindaco di Rovereto è la punta di diamante. Valduga però cerca le larghe intese: «Un sostegno che sia unitario, un’alleanza che vada anche oltre i partiti nazionali e le espressioni locali», spiegano quelli che gli hanno parlato nelle ultime ore. La previsione che potesse uscire il suo nome tra i tanti lo avrebbe fatto infuriare, perché Valduga accetterebbe di mettersi a disposizione solo alla fine di un percorso, dopo la costruzione di un progetto, a valle di ogni ragionamento e al netto di qualsiasi competizione per lo scranno più alto di Piazza Dante. Perché l’altro refrain del sindaco di Rovereto è il motto di quel Mino Martinazzoli, ultimo segretario della Democrazia cristiana, che spiegava come la politica non significhi per forza sgomitare per prendere il potere.
L’orizzonte largo della coalizione, senza caratterizzazioni di appartenenza troppo marcata a riferimenti politici nazionali, rimane un suo punto fermo. Che in qualche modo si sposa anche con altre forze della coalizione. Ad esempio Futura che ieri ha convocato il suo direttivo per condividere la necessità di non dover correre per la scelta del candidato: «Meglio usare un paio di mesi — afferma il consigliere Paolo Zanella — per tornare sui territori, confrontarsi con gli elettori, nella speranza di trovare nomi nuovi, senza doverci avvitare solo su quelli fino ad ora emersi».
E quelli fino ad ora venuti a galla sono quello di Francesco Valduga, appunto, poi quello della consigliera Paola Demagri di Casa Autonimia.eu. E basta, perché l’altro nome, quello di Matteo Migazzi, è stato tolto dalla rosa dopo che ha affermato al «T» di essere un tecnico a disposizione di tutte le coalizioni.
Parte del Pd è pronta a sostenere il sindaco di Rovereto, così come ovviamente Campobase. Azione, invece, punta su Demagri, assieme quindi a Casa Autonomia e Europa. Gli altri partiti, da Europa Verde a Futura passando per Sinistra italiana e Italia viva, non sanno cosa fare, e forse attendono altri profili da valutare.
Il nodo però è proprio nel Pd, dove al netto della parte che sostiene Valduga — quella vicina alla segretaria Lucia Maestri e all’ex senatore Giorgio Tonini — c’è quella che vorrebbe far passare l’investitura del futuro leader della coalizione dalle primarie. Le chiede il consigliere Luca Zeni, ma le chiede con ancor più forza il sindaco di Arco Alessandro Betta, che non nasconde l’intenzione, se servisse, di presentarsi in corsa.
L’incontro dell’11 gennaio del tavolo del centrosinistra, si è già capito, non incoronerà nessun candidato presidente. Si dovrà aspettare, quantomeno la fine del congresso del Pd a fine febbraio, quando il nuovo gruppo dirigente del più grande partito di opposizione indicherà la linea da seguire. Che potrebbe anche rimettere in discussione tutto, anche la decisione dei dem sostenuta fino ad ora di stare un passo indietro senza mai giocare, fin dal 2013, una propria carta per la leadership del centrosinistra.