terra madre
sabato 14 Ottobre, 2023
di Francesca Fattinger
Ecologia, spiritualità, sogni e futuro: quattro parole che celano altrettanti mondi, quesiti e scommesse e che se intrecciate possono accompagnarci a osservare con nuovi sguardi domande complesse sul nostro abitare il mondo e noi stessi come esseri viventi. Ecco di cosa si è parlato ieri al MUSE – Museo delle Scienze di Trento, in occasione della lectio magistralis del filosofo e scrittore britannico, di base in America, Timothy Morton, tra i maggiori protagonisti del dibattito contemporaneo proprio sul rapporto umanità-natura. In collegamento video da Houston, dove è docente alla Rice University, coerentemente con la decisione dichiarata nel 2020 di aver rinunciato a volare per dare un chiaro e concreto messaggio di cura verso il pianeta, ha introdotto la nuova direzione visionaria e spirituale del suo pensiero ecologico.
Il sostituto direttore dell’Ufficio Ricerca e Collezioni MUSE, nonché responsabile del programma Antropocene, Massimo Bernardi ha introdotto così l’ospite: «Viviamo in tempi incerti, danneggiati. I dati raccolti in tutto il mondo ci inchiodano a una situazione in cui siamo vittime, causa e co-protagonisti di un loop dal quale sembra impossibile uscire». «Di qui – continua – la necessità per il MUSE di una riflessione sul presente che parta dalle ricerche e dai dati, ma no si fermi solo al dato scientifico per reimmaginare un senso dello stare al mondo». Ecco perché è nato il programma di ricerca «Antropocene» del MUSE (NXT), la piattaforma creativa su crisi climatica e interazioni antropoceniche ideata e curata per il MUSE da Stefano Cagol e sviluppata attraverso molteplici esperienze: esposizioni, performance, masterclass, artisti in residenza e conferenze come quella di ieri.
Timothy Morton nella sua lectio ha accompagnato il pubblico, tra pensiero, domande aperte e meditazione, anticipando i contenuti del suo prossimo libro: «Hell: In Search of a Christian Ecology», la cui uscita è programmata per il «Giorno della terra 2024», il 22 aprile, per la Columbia University Press (NYC). Una nuova inaspettata direzione quella presa da Morton, che vede nella dimensione spirituale l’unico vero salvagente per l’umanità: solo facendo dialogare religione e scienza si può arrivare a immaginare un nuovo senso per noi essere viventi. Non tutti percepiamo allo stesso modo l’Antropocene, ma tutti ci troviamo spesso, dice Morton, pervasi dal senso di colpa. Ma non è questo il modo giusto con cui gli esperti dovrebbero parlare: «Abbiamo bisogno di un’azione a livello planetario, bisogna ispirare le persone». E quando parla di persone il filosofo britannico fa spesso l’esempio del suo vicino di casa camionista cristiano Joe: «è a Joe che dobbiamo parlare», continua a ripetere. Queste persone non hanno bisogno del linguaggio della punizione, dello «stai attento, ti pentirai di quello che fai». Questo perché Joe ha un antidoto pronto, dice Morton, «forse penserà che se Gesù ha lasciato andare la terra in fiamme è così che deve essere e che sarà comunque salvato».
«Questo è il problema principale», continua, «perché non riusciamo a persuadere queste persone e invece dobbiamo fare qualcosa di diverso e velocemente per aprire la loro mente». Per farlo bisogna parlare con la loro lingua, questa è la ragione di fondo del suo libro in uscita: «dobbiamo usare parole che magari a noi accademici suonano male, ma dobbiamo anche noi rieducarci, pensare alla pietà, alla misericordia, al perdono. È bello ricordarci sempre che la religione sta dalla nostra parte». «In nome del cielo e del paradiso molte persone hanno creato un inferno, in nome dell’azione le persone sono disposte a bruciare la terra, ma c’è una via d’uscita, ho scritto questo libro in cerca di un’ecologia cristiana e per fortuna ce n’è una».
Accademici come lui inoltre, ricorda, devono continuare anche a parlare di temi che sembrano fuoriuscire dai propri schemi accademici, ma che sono fondamentali: «per parlare di ecologia bisogna anche parlare di razzismo, di misoginia e di diritti civili, non c’è altra scelta, è centrale e fondamentale» e aggiunge «il modo in cui ci relazioniamo tra noi e quello con cui ci relazioniamo con la biosfera devono andare d’accordo».
La religione, qualsiasi essa sia, continua Morton, ci insegna anche tramite la meditazione, e per farlo capire ha fatto fare una breve esperienza di meditazione ai presenti, che «dio è energia, è da qualche parte dentro di noi, è la nostra luce, è una sensazione sfuggente che non si può prendere». «La religione è quella sensazione legata alla biologia, a prescindere da ciò che dice la scienza biologica o psicologica, non parla di una vita strana, non è contraria alla terra, non è al di fuori dell’universo, ma è dentro il nostro corpo». Un corpo, spiega, che è sempre proiettato nel futuro, come la biosfera, e che ha dentro di sé l’impulso al sogno, di quell’«I have a dream» di Martin Luther King che Morton vuole trasformare anche in senso ecologico. È questa la sensazione che il filosofo britannico vuole passare a Joe e a tutte le persone più difficili da convincere all’azione, che «la religione è la fenomenologia della biologia» e che quindi non ci può essere separazione tra ecologia e religione. Solo attraverso questa consapevolezza è possibile «risvegliare un futuro oltre la selvaggia ferocia del maschio bianco».
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