il caso
giovedì 18 Aprile, 2024
di Simone Casciano
Luciano Ferrari, presidente della Sosat, sezione operaia («e operosa» dice lui) della Sat, non ne fa una questione di cariche e poltrone «ma di sopravvivenza dell’associazione alpinistica». È stato lui, assieme al presidente della Sat Carè Alto, Matteo Motter, a firmare la lettera, indirizzata ai vertici della Sat in cui si contestava l’ordine dei lavori dell’imminente assemblea elettiva dell’associazione, in programma per sabato (il T di ieri). Un ordine che prevede prima la votazione per il rinnovo delle cariche e solo in seguito la discussione sui temi. Un ordine inusuale in generale e problematico in un momento in cui, dice Ferrari, «la Sat ha bisogno di un momento di confronto franco e onesto per rimanere unita e andare avanti». Tanto, forse troppo, infatti è cambiato in questi anni per la Sat, divenuta associazione di promozione sociale (aps) come tante delle sue sezioni. La Sosat è determinata a fare ascoltare questo appello, «anche ricorrendo a gesti significativi» sottolinea Ferrari. La presidente della Sat Anna Facchini, nella sua risposta alla lettera, ha precisato che «la competenza di fissare l’ordine del giorno non è del presidente, ma del consiglio centrale, che lo ha fatto dopo una discussione protratta su due riunioni». E ha precisato inoltre di aver votato contro l’anticipazione del voto per il rinnovo delle cariche insieme ad altre quattro persone, mentre in 9 hanno votato a favore e uno si è astenuto.
Ferrari, rinnova il suo appello a cambiare l’ordine dei lavori dell’assemblea?
«Assolutamente, ma che assemblea è se prima si vote e solo dopo si discute? Da questo punto di vista il problema mi sembra chiaro e lampante. Anche nelle assemblee di condominio prima si discute e solo dopo si vota. E allora ci chiediamo perché non si vuole? Quali sono le paure? Nulla di provocatorio, nulla di contrario a priori, da parte di Sosat c’è solo la volontà di andare a fondo ai problemi attraverso la discussione. Mi risulta che il consiglio centrale abbia votato però l’ordine del giorno definitivo che prevede prima la votazione e poi la discussione e ce ne dispiacciamo».
E cosa pensate di fare?
«Non ci rimane che presentarci sabato e chiedere al presidente dell’assemblea di modificare l’ordine dei lavori».
E se vi dicessero di no?
«Valuteremo, potremmo anche ritirare le nostre candidature, ma è una decisione complicata. Perché restare fuori significa non influire e non contribuire più alle decisioni che vengono prese per tutti».
È un momento delicato?
«Per Sat assolutamente ed è per questo che siamo preoccupati. Ci sono ormai 50 aps delle varie sezioni Sat che potrebbero anche decidere di andare avanti da sole, indebolendo così la Sat centrale che è proprio quello che noi assolutamente non vogliamo. Vorrei che si capisse che noi, come Sosat, stiamo lavorando per tenere insieme una base sociale che ci sembra essere sempre più contraria e stanca della direzione che è stata intrapresa negli ultimi anni».
Ma quali sono i problemi della Sat?
«Credo abbia perso quello spirito con cui era stata fondata 150 anni fa. Rispetto a una volta le sezioni sono più critiche, credo che quello che ha scoperchiato la pentola del malumore sia stata la gestione dei rifugi. Bisogna capire che per i satini delle sezioni locali sono la cosa più preziosa. Un po’ la casa personale di quella sezione, spesso il rifugio è stato costruito da un papà, un cugino, uno zio e prima la gestiva un amico. La base sociale vede che si sta perdendo la relazione con le loro case alte e, aprendo gli occhi, si è accorta anche degli altri problemi della gestione. Parlo dell’assenza di relazione all’interno dell’associazione, della cura delle sezioni e dell’attività sociale. Sono le sezioni locali a fare tutto questo e l’impressione è che Sat se ne curi poco, lasciando un fardello importante, ma gravoso, sulle spalle delle sezioni e dei volontari. Faccio un esempio: Sat ha 17 dipendenti, le sezioni nemmeno uno, ma è possibile che non si possa dedicare tempo e personale per sostenerle? Queste cose vanno chiarite, per questo va fatta prima la discussione, per questo va messo un punto. Si dice che non ci sono i soldi, ma Sat ha un bilancio di 14 milioni, com’è possibile che non ci sono mai risorse per le sezioni? Mi sembra che non funzioni questo discorso. E poi in questa assemblea c’è un problema di candidati».
Cioè?
«Circa il 50%, e sono in difetto, sui 31 si candida a livello personale, ossia non rappresenta nessuna sezione, ma solo sé stesso. Non è pensabile, così non si rappresenta a dovere la base sociale dell’associazione. Noi come Sosat abbiamo portato dei candidati perché ci è stato chiesto e siamo sempre pronti a dare una mano, nonostante questo possa indebolire la nostra organizzazione perché perdiamo risorse preziose. Ma se diamo fastidio torniamo in vicolo Malpaga e facciamo la nostra vita, non c’è nessuna volontà di andare allo scontro ma solo quella di dare una direzione diversa all’associazione».
Quali sono le problematiche della direzione attuale?
«Dentro non si trova relazione nell’associazione, molti si trovano davanti a porte chiuse. Sentimento, tradizione, famiglia, senso di appartenenza, voglia di stare insieme: tutto questo è scomparso. C’è la sensazione che si chieda partecipazione, ma che quando poi qualcuno si mette in gioco e prova a cambiare le cose disturbi. Non ne faccio un discorso di cariche, io non ho niente da vendere o da comprare, ho solo un po’ di passione e di esperienza da mettere a disposizione, se non è gradita mi farò da parte. Più in generale ho l’impressione che il volontariato stia prendendo una brutta piega. Se quella è la direzione che si vuole seguire io mi faccio da parte senza polemica. Io sono per la Sosat e per la Sat, ma senza desideri di cariche e poltrone».