Politica

giovedì 7 Dicembre, 2023

Consiglio provinciale: il caos di giunta blocca l’accordo sulla presidenza. Opposizioni critiche

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Maggioranza in bilico tra Bosin e Soini, ma senza accordo con le minoranze possibile un'altra fumata nera. Zanella: «Mai che ci si un quadro complessivo. Un decreto unico che chiudesse la partita era chiedere troppo, Fugatti?»

Staccata dalla partita di giunta, eppure inesorabilmente collegata ad essa, scorre anche quella della nomina del Presidente del Consiglio provinciale e delle altre cariche: la vicepresidenza e i tre questori. L’obiettivo di Mario Tonina, l’assessore con deleghe ai rapporti con la minoranza, era quello di arrivare oggi con un’intesa a grandi linee già trovata con le opposizioni sui nomi, ma questo non è stato possibile. E non per l’intransigenza delle minoranze, che anzi si sono dimostrate disponibili al dialogo, ma per il caos interno alla maggioranza.
Un incontro infruttuoso
Ieri sera, la maggioranza si è incontrata in sala Fedrizzi in Provincia. Sono arrivati quasi tutti. Gerosa, Biada, Girardi e Daldoss insieme, mentre Cia è arrivato da solo poco dopo. «Sono ancora in tempo per il mio funerale?» ha chiesto ironicamente. Quando sono arrivati anche Fugatti e Tonina si sono chiuse le porte. Doveva essere l’incontro in cui trovare la quadra almeno sul nome del presidente del Consiglio provinciale, ma non è stato così. Nonostante sia volato più di qualche urlo, alla fine la maggioranza non ha trovato un’intesa.
Bosin o Soini
La nomina del presidente del Consiglio provinciale infatti non può essere slegata dal quadro di nomine che andranno a comporre la giunta. Per settimane il nome forte sembrava essere quello di Maria Bosin. La figura perfetta, garantiva al Patt la rappresentanza necessaria ed essendo una moderata poteva svolgere al meglio il ruolo super partes richiesto alla Presidente del consiglio. Il problema è che l’uscita di Cia dalla giunta porta Zanotelli ad essere nominata come assessora senza doversi dimettere e quindi riapre la partita della nomina dell’assessore tecnico. Una carica su cui il Patt già aveva messo gli occhi dopo le elezioni quando, scottato dalla sconfitta alle elezioni dei suoi uomini di peso, rivendicava quella carica per il proprio segretario, Simone Marchiori. L’intenzione delle Stelle Alpine sembra proprio questa. Una decisione che significa però rinunciare alla presidenza del Consiglio provinciale. Ad essere meno rappresentata a questo punto è la Lista Fugatti guidata da Achille Spinelli. Allora proprio per ricompensare la lista la presidenza del consiglio provinciale potrebbe andare al secondo eletto della lista: l’ex sindaco di Ala Claudio Soini.
Minoranze in subbuglio
Il condizionale è d’obbligo però, perché bisognerà fare i conti con le opposizioni. Per l’elezione del presidente del Consiglio infatti è necessaria la presenza in aula di almeno i due terzi dei consiglieri, uno strumento che garantisce alle minoranze un certo controllo sulla nomina, un controllo che eserciteranno. Le trattative avviate da Tonina martedì, infatti, ieri si sono arenate. Senza un nome da presentare alle minoranze impossibile del resto trovare una quadra. Le opposizioni non sono rimaste silenti di fronte a questo ennesimo turbinio di nomine poco chiare che ancora non restituiscono un quadro chiaro della composizione di giunta trentina. «Mai che ci si un quadro complessivo, Un decreto unico che chiudesse la partita era chiedere troppo, Fugatti?» si chiede Paolo Zanella del Partito Democratico. Il consigliere poi attacca «l’ennesima frammentazione di deleghe attribuite senza un progetto. Ricordate Spinelli e il dirigente Malfer spiegarci al Festival della famiglia quanto strategico fosse collocare le deleghe in tema di politiche della famiglia e natalità con le politiche economiche. Peccato che dopo un giorno quei bei discorsi di visione cadano davanti alla necessità di chiudere un accordo politico in extremis.Tutta tattica e zero visione politica». Anche il nome di Soini, ora dato più papabile, convince poco. Le opposizioni chiedono garanzie sulla sua capacità di essere super partes, il timore è un «Kaswalder bis», ossia, secondo le opposizioni, un presidente «troppo favorevole ai diktat di giunta».