I dati

giovedì 8 Giugno, 2023

Consumo di nuovo suolo: la mappa dei comuni più affamati

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Altipiani cimbri, Cembra, Val di Sole e Valsugana: ecco i territori con maggiori sviluppi insediativi. Toffolon, presidente di Italia Nostra: «Si mettano paletti alle aree urbane. Bisogna cambiare rotta, finora è mancato il coraggio»

«Spaventoso e sconfortante». Così Manuela Baldracchi, presidente di Italia Nostra del Trentino, definisce il dato relativo al consumo di suolo già programmato dai Piani regolatori generali (Prg) dei Comuni trentini: 3.427 ettari di nuove aree fortemente antropizzate (quasi la metà a funzione residenziale) ai danni di quelle naturali e agricole (il T di ieri). È come se cinquemila campi da calcio piombassero di colpo sulle campagne. «Nella nuova versione del Piano urbanistico provinciale si definiscano i confini degli ambiti urbanizzati: fuori dal perimetro segnato non si dovrebbe più mettere piede», le fa eco Beppo Toffolon, componente del direttivo di Italia Nostra e da sempre in prima linea sulle tematiche legate al consumo di suolo.
Dove si consuma più suolo
Nell’ultimo report sul consumo di suolo dell’Osservatorio del paesaggio trentino si entra nel dettaglio dello sviluppo delle aree fortemente antropizzate in pancia ai Prg: dal residenziale (1.482 ettari) a servizi pubblici o sportivi (1.012 ettari), dagli impianti produttivi (635 ettari) alle infrastrutture per la mobilità (607 ettari), dalle strutture ricettive per turisti (432 ettari) alla densificazione fondiaria (225 ettari) fino ai servizi di commercio e logistica (170 ettari). In particolare, a fronte di un incremento medio provinciale del 15,3%, al primo posto svettano gli Altipiani Cimbri, dove i Prg dei tre comuni della Comunità prospettano una crescita delle aree fortemente antropizzate pari al 30,7%. Valori di poco superiori al 22% emergono dall’analisi dei piani delle Comunità della val di Sole, val di Cembra e Valsugana e Tesino. Seguono la Valle dei Laghi (poco inferiore al 20%), Giudicarie, Alta Valsugana, Val di Non e Paganella (intorno al 17%). Le altre Comunità presentano valori inferiori al 16%: la crescita più contenuta si registra in Val d’Adige, dove è programmato un aumento delle superfici espressamente destinate a usi
insediativi e infrastrutturali pari all’8,4%. Mentre a livello di singoli Comuni (si veda il grafico riportato sopra) i primi cinque posti sono occupati da Cinte Tesino (80,7%), Vermiglio (54,8%), Romeno (49,7%), Massimeno (47,5%) e Fornace (41,4%).
Superare modello suburbano
Perché il maggiore sviluppo di suolo è previsto nei paesini? «Perché i paesini hanno tutti una struttura suburbana, per cui gli abitanti si sono rifiutati di abitare i centri storici seguendo una via trentina al modello hollywoodiano: tutti vogliono avere il loro barbecue, la loro recinzione, la loro piccola Versailles, ma questo significa consumo di suolo», spiega senza troppi fronzoli Toffolon. La costruzione di villette, banalmente, richiede una maggiore detrazione di suono agricolo. «Bisognerebbe abbandonare l’approccio suburbano del Piano urbanistico del 1967 e riconvertire il territorio ad una dimensione più specificatamente urbana , organizzando però in maniera intelligente le periferie», aggiunge il rappresentante dell’associazione ambientalista.
Rivedere il Piano urbanistico
«Stiamo parlando da decenni della revisione di questa modalità di consumare il suolo — fa notare Manuela Baldracchi — ma i fatti non seguono mai i propositi. Soprattutto in una provincia come la nostra, dove il suolo libero è davvero minimo per la sua conformazione orografico, dovremmo essere ancora più oculati». In Trentino, infatti, attualmente il 53% del territorio è boschivo, il 21% è costituito da rocce e ghiacciai e solo il 10% risulta agricolo-rurale. Nel 2015 il Consiglio provinciale approvò una legge urbanistica «che avrebbe dovuto porre freno al consumo di suolo, ma quella legge forniva criteri rigidi solo per l’espansione delle nuove zone edificabili — ricostruisce Toffolon — Non fu previsto nulla per le aree di espansione che erano state già previste dai Prg. Già allora non si ebbe il coraggio di chiedere una revisione ai Comuni. In questi 8 anni ci si sarebbe aspettati una retromarcia più significativa sul consumo di suolo, ma non si è visto nulla».
Quali sono allora i possibili ambiti di intervento? Come si può invertire la rotta? «Nella prossima versione del Piano urbanistico provinciale bisognerebbe mettere dei confini precisi agli ambiti urbanizzati, oltre i quali non si dovrebbe mettere piede. Oppure si potrebbero spingere i Comuni a riconsiderare in tempi ragionevoli i propri fabbisogni».