Il diario da Baku
venerdì 15 Novembre, 2024
di Ilaria Mezzacasa
La COP di quest’anno è stata definita la «COP della Finanza»: il quarto giorno dei lavori è stato interamente dedicato a questa cruciale tematica. La società civile non ha perso occasione per farsi sentire, organizzando proteste autorizzate all’interno dei padiglioni e richiedendo con forza un nuovo modello di finanza pubblica che favorisca sovvenzioni anziché prestiti. Capiamo inizialmente qual è il rapporto tra finanza e clima: dobbiamo ricordare che sia l’azione, sia l’inazione comportano dei costi. Il Climate Policy Initiative in un suo rapporto ha infatti calcolato che la spesa per bisogni finanziari è pari a 266 trilioni di dollari, nel caso in cui si riesca a mantenere lo scenario di aumento massimo della temperatura a 1.5° rispetto ai livelli pre-industriali. Mentre il costo per le perdite, che si sono già verificate (pensiamo a ciò che è appena successo a Valencia) o che si verificheranno, è stimato dai 1.062 a 2.328 trilioni di dollari nel caso in cui l’aumento della temperatura risulterà essere al di sopra di 1.5°. La COP di Baku è incentrata sulla definizione di un «Nuovo Obiettivo Quantificato Collettivo» di finanza climatica, puntando a superare il precedente tetto minimo di 100 miliardi di dollari di finanziamenti annuali stabilito in passato. Questo nuovo obiettivo mira, infatti, a garantire un supporto finanziario adeguato per azioni di mitigazione ambiziose, promuovendo al contempo una maggiore trasparenza nell’attuazione degli impegni presi dai Paesi più vulnerabili. A tal proposito, è in corso un intenso dibattito su come finanziare e rafforzare il «Fondo per Perdite e Danni», divenuto uno dei temi centrali nei negoziati internazionali sul clima. Questo fondo mira a fronteggiare gli impatti irreversibili del cambiamento climatico, quelli che non possono essere contrastati né attraverso la riduzione delle emissioni, né con strategie di adattamento. Tra questi rientrano eventi meteorologici estremi, come uragani e alluvioni, e fenomeni a sviluppo lento, come l’innalzamento del livello del mare. La missione dichiarata del Fondo è quella di supportare i cosiddetti Paesi in via di sviluppo, particolarmente vulnerabili agli impatti climatici, nel far fronte alle perdite economiche e non economiche legate ai cambiamenti climatici. Tra i punti più importanti per le organizzazioni locali e la società civile, vi è la garanzia che la Banca Mondiale permetta a tutti i paesi in via di sviluppo di accedere direttamente alle risorse del Fondo, anche attraverso enti locali, nazionali e regionali, e prevedere piccoli finanziamenti diretti per le comunità più colpite. I Paesi partecipanti alla COP risultano essere però divisi sulle scelte da prendere per avanzare queste politiche. Da una parte ci sono i Paesi in via di sviluppo che richiedono di fissare un obiettivo di almeno 1,3 trilioni di dollari annui, incentrato su finanziamenti pubblici concessionali, ovvero a tassi agevolati, inclusi prestiti altamente agevolati. Propongono poi sotto-obiettivi specifici per mitigazione, adattamento, perdite e danni, chiedono maggiore chiarezza su cosa includere nella definizione di «finanza climatica», e propongono criteri per una distribuzione equa tra Paesi con esigenze diverse. Dall’altra, i Paesi sviluppati preferiscono un approccio che coinvolga un impegno globale, come stabilito nell’Articolo 9.3 dell’Accordo di Parigi, e mirano a superare la tradizionale divisione tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo. Propongono un doppio obiettivo: un primo traguardo di mobilitazione di investimenti globali che comprenda fonti finanziarie da Paesi sviluppati, in via di sviluppo e istituzioni internazionali; un secondo obiettivo di finanza pubblica, mantenuto su livelli simili al passato, per garantire un supporto prevedibile, pur restando entro i miliardi di dollari annui. Questa divergenza riflette non solo approcci differenti agli impegni finanziari, ma anche tensioni profonde sulle responsabilità storiche e le aspettative di equità nel sostegno alle azioni per il clima. Il rapporto tra clima e finanza diventa quindi cruciale per affrontare efficacemente la crisi globale, fornendo risorse non solo per progetti di transizione, mitigazione e adattamento, ma anche per sostenere le comunità vulnerabili, sempre più costrette a migrare a causa dei cambiamenti climatici.
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