DOMANDE & RISPOSTE

giovedì 13 Aprile, 2023

Cosa fare quando si incontra l’orso? Una guida per imparare a conoscere il plantigrado

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Le risposte ai dubbi più frequenti che possono insorgere sulla questione dei grandi carnivori in Trentino

Le risposte ai dubbi più frequenti che possono insorgere sulla questione degli orsi in Trentino.

Le Alpi sono ancora un ambiente idoneo per ospitare l’orso?

Sì. Già gli studi sull’idoneità ambientale, effettuati prima di dare il via al progetto di reintroduzione, avevano dimostrato che l’ambiente alpino dal punto di vista ecologico era ancora buono per l’orso, per certi versi migliore di quello che c’era ad esempio 100 anni fa. Ciò è stato in seguito ampiamente dimostrato dal numero di cuccioli nati, dalla crescita della popolazione e dall’ottimo stato nutrizionale di tutti gli animali fotografati, avvistati o catturati per motivi gestionali/di studio.

È vero che la presenza umana nelle aree frequentate dall’orso è aumentata?

È vero solo in parte, per alcune località e/o in determinati momenti (si pensi alle aree più turistiche in alta stagione) e, più in generale, per il grande aumento dei praticanti degli sport all’aria aperta registrato negli ultimi anni. Un tempo la montagna era frequentata invece con numeri probabilmente più piccoli (mancava il turismo di massa) ma in modo assai più capillare e continuo nel tempo da parte dei residenti (per alpeggio, raccolta di legna, fienagione, raccolta di lettiera, produzione di carbone, caccia ecc.).

Era proprio necessario portare in Trentino degli orsi?

Gli orsi sono sempre stati presenti sui monti del Trentino occidentale, dove non si sono mai estinti (unica zona sull’arco alpino), pur arrivando alle soglie della scomparsa definitiva. Non si è portato dunque qualcosa di “estraneo”, ma si è cercato di mantenere una specie che di fatto è sempre stata presente e che fa parte della nostra storia, cultura e tradizione. Va inoltre ricordato che è in atto un fenomeno di ricolonizzazione spontanea che riguarda non solo l’orso (lentamente, da oriente) ma anche il lupo (molto rapidamente), lo sciacallo dorato e la lince. Dunque il capitolo trentino è solo una parte di una storia più grande che è in atto da decenni ed è destinata a proseguire.

Se l’orso era quasi estinto forse un motivo c’era…

Gli orsi erano quasi scomparsi a seguito della persecuzione diretta da parte dell’uomo. Per le passate generazioni di abitanti della montagna, che vivevano spesso di un’economia rurale estremamente povera, perdere tre pecore in una notte (che nessuno risarciva) poteva significare la fame dal giorno dopo. Inoltre, le consistenti taglie previste a livello governativo costituivano un ulteriore incentivo alle uccisioni indiscriminate. Ora le condizioni socio-economiche sono notevolmente cambiate, vi è in generale una maggiore tolleranza nei confronti dell’orso e i relativi danni vengono indennizzati. Inoltre esiste oggi una normativa comunitaria e nazionale che impegna gli enti territoriali ad agire per la conservazione delle specie particolarmente protette, tra le quali è compreso l’orso bruno.

Perché spendere denaro pubblico per l’orso anziché destinarlo, per esempio, alla salute pubblica?

La spesa sostenuta per la gestione degli orsi, che è stata in parte finanziata dall’Unione Europea, non è denaro sottratto alla sanità, all’istruzione, alle infrastrutture locali o ad altri settori. Sono finanziamenti che provengono dal “comparto ambiente”, che comprende ad esempio le aree protette, la gestione della fauna e delle foreste in generale, e si tratta di risorse che nel nostro Paese, e anche in Trentino, non costituiscono una voce preminente, se confrontata con gli analoghi investimenti di altre realtà europee.

Quante sono le persone che si occupano della gestione degli orsi?

Attualmente (2022) si occupano della gestione dei grandi carnivori (orso e lupo in particolare) quattro persone (di cui una part-time) presso il Settore Grandi carnivori del Servizio Faunistico.
Per quanto concerne il grosso del lavoro sul campo, questo è affidato a una parte degli agenti del Corpo Forestale Trentino, appositamente formati, per i quali la gestione dei grandi carnivori costituisce uno dei i diversi compiti loro affidati.

I boschi non sono più sicuri per l’uomo a causa della presenza dell’orso?

L’orso è un animale selvatico potenzialmente pericoloso e che come tale va trattato e considerato. In Trentino, negli ultimi vent’anni ci sono stati moltissimi casi di incontri uomo-orso e cinque attacchi all’uomo.

Se si vuole eliminare del tutto anche questo rischio, pur minimo, è necessario eliminare tutti gli orsi.

Gli orsi tendono ad assumere comportamenti volti a prevenire la possibilità di incontri sgraditi con l’uomo, come frequentare zone poco disturbate dagli umani, concentrare l’attività nelle ore crepuscolari e notturne, nascondersi e riposare nelle ore centrali della giornata. Quando gli incontri con l’uomo avvengono comunque, nella grande maggioranza dei casi gli orsi si allontanano rapidamente. La migliore strategia di prevenzione degli incontri da parte nostra è il farci percepire per tempo, ad esempio usando di tanto in tanto la voce, anche qualora ci si muova da soli e soprattutto nelle ore dell’alba e del crepuscolo, quando gli orsi sono più attivi e le probabilità di incontro relativamente maggiori.

Alcuni esemplari possono manifestare una sostanziale indifferenza per l’uomo e, incontrandolo, non fuggire, ma anche in questi casi in genere non si registrano situazioni di pericolo. Dunque anche dove ci sono gli orsi è possibile raccogliere funghi, andare a caccia, raccogliere la legna, andare a passeggio, fare sport, lasciare liberi i bambini. Va da sé che, in presenza di singoli individui di orso che, per una forte e ripetuta dannosità su patrimoni non difendibili e/o pericolosità per l’uomo risultassero incompatibili con il contesto in cui vivono, la normativa vigente prevede la rimozione dal territorio tramite abbattimento o captivazione permanente.

E in caso di incontro di una femmina di orso accompagnata dai cuccioli?

La femmina con i cuccioli, in determinati casi limite (uno fra tutti, l’incontro a sorpresa a distanza ravvicinata), potrebbe considerare l’uomo che si trovasse molto vicino come una minaccia per i propri cuccioli. In questo caso è possibile, benché raro, che l’orsa reagisca aggressivamente con una o più cariche nella direzione della persona incontrata, senza che queste si traducano in un contatto fisico (falso attacco). Ancor più di rado (generalmente nel caso di incontri a sorpresa a distanza ravvicinatissima) potrebbe verificarsi un effettivo contatto fisico (attacco) tra l’animale e l’uomo. Tale rarissima evenienza può porre a rischio l’incolumità della persona coinvolta. Per prevenire/limitare ciò, è raccomandato di evitare di reagire scompostamente, prediligendo invece una difesa passiva, rimanendo a terra a pancia in giù e proteggendosi viso e collo intrecciando le dita delle mani sulla nuca. Prima di rialzarsi, è importante accertarsi che l’animale si sia allontanato. In linea con quanto accade in altre nazioni dove gli orsi sono presenti, quattro dei cinque incidenti ad oggi registrati in Trentino hanno coinvolto orse accompagnate da piccoli dell’anno.

I turisti non vengono più in trentino per paura dell’orso?

È accertato che non tutti i turisti gradiscono la presenza dei grandi carnivori; la maggior parte di essi, tuttavia, li considera un forte motivo di fascino e richiamo. Nel 2002 il Parco Naturale Adamello Brenta ha effettuato un sondaggio tra i possibili turisti delle regioni limitrofe al Trentino allo scopo di verificare quale sia l’impatto della presenza dell’orso sui flussi turistici: il 78% degli intervistati si è dichiarato maggiormente interessato a una vacanza in Trentino proprio per la presenza dell’orso. L’esempio del Parco Nazionale d’Abruzzo conferma questo dato: in quelle zone infatti (dove è presente anche il lupo) si è dovuto ricorrere al numero chiuso in alcune aree per far fronte alla domanda sempre in aumento da parte dei turisti, attratti anche dalla presenza di questi animali.

Perché non si è chiesto cosa ne pensava la gente del posto prima di liberare gli orsi?

Una verifica di questo tipo è stata effettuata, in quanto ritenuta imprescindibile in primis dallo Studio di Fattibilità predisposto prima del progetto Life Ursus. Due indagini statisticamente robuste sono state pertanto svolte dal maggior istituto demoscopico in Italia (Doxa) prima della realizzazione delle reintroduzioni, nel 1997, e subito dopo, nel 2003. In entrambi i sondaggi, oltre il 70% degli intervistati delle valli del Trentino occidentale (esclusi gli abitanti delle città di Trento e Rovereto) si dichiarò favorevole alla presenza dell’orso. Un ulteriore sondaggio effettuato nel 2011 evidenziò invece un’inversione di tendenza, registrando una maggioranza di residenti contraria alla presenza dell’orso.

Non c’è il rischio che gli orsi diventino troppi?

L’orso vive a densità molto basse (3-4 animali ogni 100 km² è la stima in ambiente alpino. Il capriolo, ad esempio, a densità medio-basse ha gli stessi valori per chilometro quadrato). Se la popolazione aumenterà numericamente, aumenterà gradualmente anche l’area di distribuzione della stessa, ferma restando la densità e dunque la possibilità/probabilità di incontrare un orso o di vederne le tracce, o di registrarne i danni in una determinata località. L’ambiente trentino si è rivelato particolarmente vocato alla presenza della specie, pertanto non è facile stabilire a priori quale sia la capacità portante dell’ambiente naturale in cui gli orsi vivono; vi è inoltre la variabile dell’impatto umano, difficile da quantificare ma inevitabilmente presente (rimozioni gestionali, investimenti stradali, atti di bracconaggio, ecc). Tuttavia, il sempre più frequente rinvenimento di orsi uccisi da altri orsi (predazioni di cuccioli e giovani da parte di maschi sessualmente maturi, uccisioni tra maschi adulti ecc) evidenzia l’esistenza di fenomeni di autoregolazione delle densità caratteristici della specie.

Com’è possibile eliminare o ridurre i danni provocati dall’orso?

I danni possono essere ridotti di molto, ma non eliminati del tutto. Animale opportunista, l’orso può essere attratto dal bestiame domestico, dagli alveari, dalle piante da frutto. Nella maggior parte dei casi, però, l’adozione di misure di prevenzione (recinzioni elettriche, cani da guardiania) opportunamente installate e gestite possono ridurre drasticamente le probabilità di avere dei danni. È chiaro invece che il pascolo ovicaprino brado (vale a dire senza custodia, neppure notturna, durante la stagione dell’alpeggio) non è compatibile con la presenza dei grandi carnivori.

Perché gli orsi problematici in cattività non possono mai essere rimessi in natura?

Il Rapporto elaborato da Ispra (la massima autorità nazionale in materia) con supporto del Muse nel gennaio 2021 (https://grandicarnivori.provincia.tn.it/News/Documento-ISPRA-sugli-orsi-problematici-in-provincia-di-Trento-gennaio-2021) evidenzia che vi sarà sempre un certo numero di orsi “problematici” (vale a dire, responsabili di comportamenti considerati incompatibili con il contesto antropico in cui vivono) in Trentino, così come ovunque nel mondo dove grandi carnivori e uomini convivono a stretto contatto. L’adozione di tutte le misure di prevenzione (es gestione dei rifiuti, rimozione degli attrattivi, prevenzione e dissuasione ecc) è necessaria ma può non essere sufficiente. Animali problematici possono manifestarsi anche semplicemente “..per la predisposizione di alcuni individui o di alcune categorie di individui..” come precisa ISPRA nello studio citato. I gradi di problematicità possono variare; la previsione dello studio è che in Trentino nei prossimi anni si debba gestire grosso modo un esemplare – ma fino a cinque – problematico all’anno. Questa gestione non significa necessariamente abbattimento, anche se in determinati casi l’abbattimento è necessario e dunque previsto.

Il documento Ispra riporta anche in modo chiaro che, una volta custodito all’interno di un’area faunistica come quella provinciale del Casteller, un orso non può essere rimesso in libertà, come pure evidenziato da diversi studi scientifici che il documento cita. L’ulteriore grado di abituazione all’uomo che la cattività inevitabilmente comporta su esemplari di per sé già problematici al punto da non poter essere lasciati allo stato libero, esclude infatti che tali animali possano ritornare nell’ambiente naturale, in quanto costituirebbero un rilevante pericolo per l’uomo.