il caso

sabato 7 Dicembre, 2024

Crac Epolis, Alberto Rigotti condannato a nove anni per bancarotta

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Aveva chiuso 19 testate giornalistiche. Ora dovrà risarcire i giornalisti

Si sono fatte attendere per dieci anni dall’inizio dell’inchiesta, per oltre tredici dal conclamato fallimento. Ieri, il tribunale di Cagliari si è pronunciato sulla sentenza che riguarda il crac di Epolis, il network di testate locali diffuse con la formula della «free press». E la pena maggiore è toccata al noto finanziere trentino, Alberto Rigotti, ultimo editore del gruppo; nove anni di reclusione, quelli comminati al 73enne, accusato di bancarotta fraudolenta, quasi il doppio rispetto al fondatore storico della testata, Nicola Grauso, condannato a cinque anni. Grauso aveva fondato il gruppo nel capoluogo sardo e la prima testata era stata edita con il nome «Il Sardegna»: per questo motivo, il tribunale competente è quello di Cagliari.
Le altre condanne
Sia Rigotti che Grauso, inoltre, sono stati interdetti «in perpetuo» dai pubblici uffici. Condanne più lievi, ma sempre al carcere, per altri membri del consiglio di amministrazione: Sara Cipollini (ex vicepresidente) dovrà scontare quattro anni, le consigliere Sara Cipollini e Michela Veronica sono state, invece, condannate a tre anni e nove mesi, i consiglieri Alessandro Valentino a 3 anni e 9 mesi e John Gaethe Visendi a sei mesi. Ulteriori dettagli si sapranno al momento delle pubblicazioni delle motivazioni. Il collegio dei giudici ha accolto pienamente le richieste formulate dal pubblico ministero Giangiacomo Pila.
Un crac da 130 milioni
Rigotti era subentrato come editore di Epolis in un secondo momento, cioè nel 2007, rispetto alla fondazione (avvenuta nel 2004). E i magistrati hanno contestato proprio la gestione, in particolare, dal 2007 al 2010, della società editoriale. Una gestione che avrebbe condotto consapevolmente alla bancarotta, «favorendo, senza alcun giustificato motivo, alcuni creditori in danno di altri». La società valeva 130 milioni: almeno 15 sarebbero stati, però, occultati tramite «artifici contabili e bancari». Proprio con queste accuse, Rigotti, assieme a Grauso e a Cipollini venne arrestato nel 2016: gli investigatori contestavano a tutti e tre, inoltre, di aver intestato a proprio esclusivo interesse una serie di beni che avrebbero dovuto servire l’azienda, tra cui automobili e somme di denaro tramite carte prepagate. Carte che avrebbero utilizzato per pagarsi alberghi, viaggi, vacanze e altri servizi (palestre incluse).
Risarcimento per i giornalisti
Al culmine della diffusione, il gruppo Epolis contava 19 edizioni locali, tutte caratterizzati dall’articolo «Il» seguito dal nome della città. Diffuso prima in Sardegna e dopo al Nord, specie in Veneto e in Lombardia, non vide mai, nonostante la proprietà, un’edizione in Trentino Alto Adige. A farne le spese furono i giornalisti: 130 quelli licenziati a causa della mala gestione. Alcuni di loro si sono costituiti parte civile al processo. Il tribunale ha stabilito, nella lettura della sentenza, che tutti i condannati dovranno risarcirli. La somma, però, sarà stabilita in un secondo momento dal giudice civile.
Altri guai
Rigotti è stato coinvolto, negli ultimi anni in due procedimenti, sempre per reati finanziari. Sono quelli relativi al crac della Torno Global Contracting Spa, con il processo di secondo grado da rifare (l’accusa è di falso in bilancio). Nel 2021, inoltre, l’uomo d’affari trentino è stato l’unico condannato su 23 imputati per la vicenda Banca Etruria: sei anni la pena comminata in primo grado. Anche in quel caso l’accusa era di bancarotta fraudolenta.