Il dibattito
domenica 14 Aprile, 2024
di Elisa Egidio
Che cos’è la carne coltivata, quali le prospettive e le criticità? Questo lo spunto per l’incontro organizzato due giorni fa dalla circoscrizione di Cognola, in cui i professori dell’Università di Trento Stefano Biressi e Luciano Conti (Dipartimento di biologia cellulare, computazionale e integrata-Cibio) hanno affrontato un tema molto dibattuto, ma anche oggetto di disinformazione e fraintendimenti. Obiettivo dell’incontro presentare la carne coltivata come alternativa valida per contenere l’impatto di un consumo di carne fuori controllo.
I consumi e l’impatto della carne
Ma perché introdurre il consumo di carne coltivata? «La nostra popolazione è in forte crescita, attualmente è di 8 miliardi e le stime dicono che aumenterà in modo significativo nei prossimi decenni», ha esordito Stefano Biressi. Un fenomeno che fa aumentare a dismisura la richiesta di cibo e di proteine. «Nel 2050 ci sarà un raddoppio della richiesta di produzione di carne tradizionale. Questo crea problemi di tipo ambientale perché la filiera ha già un impatto importante su diversi aspetti. Se il bestiame e pollame rappresenta 60% biomassa dei mammiferi del mondo, e di fatto gli animali selvatici rappresentano solo la minoranza», ha detto Luciano Conti. Ne consegue un «cannibalismo in termini di risorse».
A ciò si aggiunge l’impatto ambientale. «Il 14,5% dei gas serra sono prodotti dalla filiera carne tradizionale, non solo i grassi prodotti dal sistema digestivo, ma anche per aspetti legati al letame e al trasporto», hanno aggiunto i due professori.
Le possibili alternative
La crescita vertiginosa della popolazione e del suo fabbisogno proteico richiede dunque nuove alternative alla carne tradizionale, che non andranno a sostituire questa opzione, ma ad affiancarla. «Gli insetti possono rappresentare una sorgente di proteine, questa può essere un’alternativa interessante da affiancare agli allevamenti tradizionali», come in molte culture e anche in alcuni prodotti italiani.
Da considerare anche «prodotti di origine vegetale con un sapore simile ai prodotti animali», fino ai prodotti di carne coltivata o a base cellulare, formati da cellule di tipo animale, finalizzati a «produrre vera carne animale solo con un processo che non richiede il sacrificio di animali». Un esperimento che alcune realtà nel mondo stanno cercando di applicare anche al pesce. «Molti prodotti non sono commerciabili, ma sono ancora dei prototipi». Un prodotto risultato di un processo complesso che si avvale di tecnologie avanzate. «In una prima fase si fa un prelievo di tessuto, con una biopsia muscolare, secondo certi protocolli si può fare un prelievo solo del sangue, quello che si deve fare è isolare le cellule staminali, importanti sia per il processo di generazione sia per processo di crescita». Le cellule staminali vengono poi isolate in un ambiente controllato e fatte moltiplicare al di fuori dell’animale, riproducendo il processo di crescita, a condizioni ambientali controllate, attraverso dei reattori. «Dopodiché bisogna far formare a queste cellule dei tessuti, in modo da poter assemblare queste due componenti nel tessuto muscolare. È stato stimato che da una singola biopsia si possano ottenere migliaia di kg di carne — hanno spiegato — Non tutti i protocolli e non tutti i prodotti sono identici, la maggior parte dei prodotti disponibili e consumabili in certi paesi sono prodotti non strutturati». Altri sono prodotti con la stampa 3d, che organizza le cellule nelle proporzioni presenti nella fibra animale. Tra le criticità, i costi elevati di produzione, «molto lavoro deve essere fatto per rendere sostenibile la produzione di carne coltivata».
Il mercato della carne sintetica
Un dibattito che ha comunque messo in moto una serie di investimenti che hanno portato alla sperimentazioni di alcuni prodotti, poi approvati in vari Paesi del mondo, tra cui Israele. «Nel 2022 sono stati investiti 896 milioni di dollari con l’apertura di diverse startup e aziende. In Italia solo due aziende hanno investito in questo ambito». Secondo un report della Fao, «i rischi associati alla carne coltivata sono gli stessi associati alla carne tradizionale». Scongiurato invece il rischio di immunogenesi: «In questo caso stiamo parlando di cellule che muoiono e non possono moltiplicarsi». Innegabili i benefici in termini ambientali. «Ci si aspetta che la carne coltivata utilizzi meno terra rispetto alla carne bovina e anche meno acqua», con una minor produzione di gas serra. Ancora da sciogliere il nodo della produzione di energia. «Bisogna trovare sorgenti di energia che siano decarbonizzate e trovare sorgenti di ingredienti meno energivore. Minori anche le tempistiche di produzione grazie all’utilizzo di reattori». Un tema, il consumo di carne coltivata, oggetto di «un dibattito che non è costruttivo, ma polarizzato e politicizzato», ha concluso Conti.