L'esperto
lunedì 1 Gennaio, 2024
di Margherita Montanari
L’economia ha sempre manifestato fasi altalenanti. E anche chi, nell’euforia della crescita tra anni ’90 e inizi Duemila, aveva festeggiato la sconfitta dei cicli economici, è stato smentito. Di certo c’è che l’anno appena concluso ha presentato un fenomeno «più eclatante e più nuovo» di altri: la crescita esponenziale dell’inflazione. Ha proiettato sull’Europa lo spettro della recessione, per ora evitato. Per Stefano Schiavo, economista, direttore della Scuola di Studi Internazionale, è verosimile che si possa arrivare «alla stabilizzazione dell’economia senza attraversare fasi di crisi importante». La variabile che però continuerà ad accompagnare per il 2024 lo scenario internazionale – e di riflesso quella trentina – è l’incertezza».
Professor Schiavo, quali fenomeni hanno inciso sull’economia globale e su quella trentina nell’anno appena trascorso?
«Sia a livello globale che locale il fenomeno economico più eclatante e più nuovo del 2023 è stata l’inflazione. Dopo un decennio a livelli contenuti, è cresciuta a livelli senza precedenti, producendo un impatto importante su famiglie e imprese. Ne avevamo avuto il sentore nel 2022, con l’impennata dei costi dell’energia. Nel 2023 l’effetto si è dimostrato non strettamente temporaneo e ha portato con sé un inasprimento delle politiche monetarie, con una serie di effetti a cascata che perdureranno per un po’ nel 2024. Se vogliamo guardare invece all’aspetto economico più positivo dell’ultimo anno, un esempio è la bassa disoccupazione. Significa che trovare lavoro è meno difficile che in passato».
Quali di questi potrebbero influenzare anche il 2024?
«La grossa domanda è se ci sarà una recessione o un atterraggio morbido. Nonostante mesi di tassi di interesse molto alti e politica monetaria restrittiva, l’economia italiana non sia entrata in recessione e la disoccupazione sia rimasta su livelli molto bassi è un aspetto positivo. Lascia un’incognita rispetto a ciò che succederà. Per ora l’inflazione è calata più del previsto, anche se siamo ancora lontani dal 2%. I dati sono incoraggianti. Io credo che si possa arrivare a una stabilizzazione dell’economia senza fasi di crisi importante. Bisognerà assicurarsi che una nuova discesa dei tassi non faccia ripartire l’inflazione e senza generare un rallentamento troppo importante dell’economia, quindi per evitare la recessione».
In passato ci sono state congiunture simili da cui trarre spunti?
«No. A cavallo tra gli anni ’90 e Duemila si professava di aver sconfitto i cicli economici, anche perché dal 2001 fino al 2008 le economie mondiali erano cresciute. Le previsioni sono state smentite dalla recessione più importante degli ultimi cento anni, nel 2008».
Cosa caratterizzerà il 2024?
«Io credo che resti una grande incertezza. Dovuta in parte alla situazione geopolitica, ai conflitti che dureranno anche nel 2024. In parte alla politica estera: le elezioni nel Regno Unito, le europee e le presidenziali negli Usa hanno ripercussioni internazionali. Se ci dovesse essere un cambio radicale di maggioranza, qualcosa potrebbe cambiare. Non credo che saranno aspetti economici ad influenzare il voto. La dialettica è sempre già ideologica, identitaria. Negli Stati Uniti credo in campagna elettorale si accentuerà la polarizzazione con la Cina, argomento che porta consenso. Questo accentuerà le tensioni degli ultimi anni verosimilmente, creando un’incertezza che non fa bene all’economia mondiale e di converso, su più piccola scala, a quella trentina».
Molti esperti parlano di crescente frammentazione dell’economia globale. Quale può essere l’impatto di questa stazione sullo scenario macroeconomico?
«C’è sicuramente una frammentazione dell’economia in una serie di blocchi a cui è difficile dare ordine. Questo contribuisce a dare incertezza. Non abbiamo più la faglia Oriente-Occidente o Nord-Sud. In questa fluidità l’Europa rischia di essere schiacciata tra Usa, Cina e Paesi emergenti. La frammentazione delle catene di valore è partita per ragioni tecniche, durante il Covid. Si sono dimostrate disperse e più vulnerabili a eventuali shock. Ma oggi, che le condizioni sono cambiate, sono rimaste frammentate, e per ragioni più ideologiche. L’idea di inizio anni duemila che l’integrazione economica avrebbe portato con sé l’adesione a determinati principi – democrazia, stato di diritto, diritti umani – è tramontata».
Guardando più lontano, quali tendenze pensa che incideranno di più sull’equilibrio socioeconomico del Trentino nei prossimi anni?
«L’andamento demografico è sicuramente uno dei macro-trend da tenere d’occhio. L’orizzonte del cambiamento è lungo, ma sappiamo che stiamo andando nella direzione di un calo che andrà ad incidere anche sulla spesa pubblica. E che è difficile da invertire. Quindi è essenziale cominciare a programmare risposte. Il cambiamento climatico è un altro tema a cui dobbiamo prestare attenzione in una provincia in cui agricoltura e turismo sono settori economici importanti, e sono anche particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici. L’ultima tendenza è rappresentata dall’intelligenza artificiale. Per il prossimo anno la domanda è quanto ciò che riusciamo a fare grazie a queste tecnologie, conosciute meglio nel 2023, avrà un impatto sull’economia e sulla società. Il Trentino ha una forza lavoro e centri di ricerca qualificati su questo fronte. Può sfruttare a proprio vantaggio le nuove tecnologie e questi cambiamenti per applicarli alla società».