L'intervista
domenica 15 Settembre, 2024
di Tommaso Di Giannantonio
«Oggi abbiamo ottimi sistemi di allerta meteo, ma in futuro dovremo migliorarli per affrontare l’incremento dell’intensità e della frequenza degli eventi estremi», spiega Roberto Barbiero, climatologo dell’Agenzia provinciale per la protezione ambientale (Appa), che ieri mattina, all’assemblea di Italia Nostra, ha tenuto una conferenza sull’impatto dei cambiamenti climatici in Trentino. Una delle conseguenze più evidenti sarà l’innalzamento della quota di affidabilità della neve (30 centimetri per 100 giorni), che nel giro di 25 anni passerà da 1.750 a 2.000 metri.
Cosa ci dicono i dati in merito agli eventi estremi?
«La statistica ci dice che gli eventi estremi (piogge intense e siccità) stanno aumentando, ma non in maniera chiara e significativa. Non abbiamo dati a sufficienza. Gli scenari climatici, però, ci dicono che questi eventi potrebbero effettivamente aumentare. Una delle cause è l’innalzamento della temperatura degli oceani e dei mari. Tra il 2023 e il 2024, ad esempio, l’Adriatico ha visto un incremento di 3-5 gradi: maggiore è l’evaporazione, più vapore acqueo è disponibile nell’atmosfera e più intense possono essere le piogge. La Provincia ha avviato un progetto importante con Eurac per studiare le condizioni degli eventi estremi».
Oggi il territorio è attrezzato?
«Questo studio ci consentirà di avere qualche strumento in più. Oggi abbiamo degli ottimi sistemi di allerta meteo, ma in futuro sarà necessario un loro miglioramento. Dal punto di vista della protezione del territorio il Trentino ha un’enorme storia positiva. Il caso di Vaia è stato emblematico: le precipitazioni sono state più intense delle alluvioni del ‘66 e del ’82, ma ci sono stati meno danni proprio grazie al lavoro di prevenzione».
Come saranno i paesaggi alpini del futuro?
«Gli impatti dei cambiamenti climatici interessano trasversalmente il paesaggio. Ad esempio, lo scioglimento dei ghiacciai e il degrado del permafrost cambiano drasticamente il paesaggio in alta quota, incidendo anche sull’accesso alla montagna. La superficie dei ghiacciai trentini dal 1850 si è ridotta a circa un quarto della superficie originale. E la fronte è passata da 2.550 a almeno 2.800 metri di quota».
Quali sono gli impatti sul turismo?
«Sopra i 2.000 metri ci sono ancora segnali incerti, anzi localmente le precipitazioni nevose appaiono in aumento a gennaio e febbraio. Sotto i 2.000 metri, invece, si registra una riduzione della neve. La quota di affidabilità della neve naturale per lo sci – cioè la quota dove per almeno 100 giorni, da dicembre ad aprile, la neve rimane al suolo con almeno 30 centimetri di spessore – è passata da 1.511 metri del periodo 1961-1990 a 1.750 metri. Secondo lo scenario più realistico, la quota salirà di 200-250 metri entro il 2050. Si prevedono quindi maggiori difficoltà e maggiori costi di innevamento per le stazioni sciistiche. Per quanto riguarda la stagione estiva, già oggi assistiamo a una fuga degli abitanti delle grandi città verso la montagna, anche per un solo giorno. Questo fenomeno, da un lato può essere un’opportunità, ma dall’altro accentua l’overtourism».
Quali sono, invece, le conseguenze sull’agricoltura?
«L’aumento della temperatura può essere visto come un’opportunità perché si potrà coltivare a quote superiori, ma questo pone un problema per il consumo di suolo. I cambiamenti climatici, inoltre, favoriscono la diffusione di parassiti».
Quali sono, infine, gli impatti sulla salute?
«Gli impatti sulla salute stanno diventando un problema serio. Le ondate di calore si stanno facendo problematiche, soprattutto nei centri urbani più bassi, perché sono sempre più prolungate. Questo causa problemi alle fasce di popolazione vulnerabili. Un altro impatto è la diffusione di vettori di malattie, in particolare zanzare tigre e zecche, oltre a condizioni più favorevoli per le allergie. Ci sono anche problematiche legate all’ecoansia».
Quali misure saranno al centro della Strategia provinciale per l’adattamento ai cambiamenti climatici?
«Esempi di misure sono la riduzione dello spreco di acqua, la conservazione dei boschi e del suolo, la diversificazione dell’offerta turistica, la protezione dalle grandinate, la mitigazione delle isole di calore, la rinaturalizzazione dei corsi d’acqua e il miglioramento dell’efficienza degli edifici».