L'esperto
sabato 1 Marzo, 2025
Crisi del manufatturiero, Busato (Confindustria): «Serve un nuovo piano industriale. I dazi di Trump? Sono una mazzata»
di Simone Casciano
Il direttore generale degli industriali del Trentino: «Chi investe oggi sarà pronto quando i mercati ripartiranno»
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Più che una crisi una leggera influenza, che se curata può riportare il paziente in ottima salute ma che, se trascurata, può generare condizioni più gravi. È questa l’analisi della situazione fatta da Roberto Busato, Direttore generale di Confindustria Trento.
Busato come analizza i dati sul comparto trentino e italiano?
« I dati sono in chiaroscuro. È evidente un calo degli ordinativi. Questo fenomeno si spiega con il fatto che arriviamo da un periodo di crescita economica post-Covid, in cui il 2022 e il 2023 hanno segnato bilanci record per molte imprese. Tuttavia, già nel 2024 si sono avute le prime avvisaglie di rallentamento, proseguite nel 2025. Si tratta di un calo in parte previsto, ma che è stato amplificato dal contesto geopolitico instabile. Questa incertezza ha reso le imprese più caute negli investimenti e nelle assunzioni. Inoltre, nelle ultime settimane, il rincaro dei prezzi dell’energia ha bloccato molte imprese che avevano piani di espansione. Pur non essendo ai livelli record del 2023, quando il gas e l’energia avevano costi quintuplicati o sestuplicati, oggi il prezzo è comunque raddoppiato rispetto allo scorso anno. Siamo passati da 20-25 MWh a oltre 50 MWh. Questo incide fortemente sui costi di produzione, soprattutto per le aziende energivore. Nel 2023, grazie alla forte domanda, le imprese potevano trasferire l’aumento dei costi sui clienti finali, ma oggi, con il calo degli ordini, questo non è più possibile. Quindi, il calo produttivo è il risultato di un mix di fattori: rallentamento fisiologico, instabilità geopolitica e rincaro dell’energia. Settori chiave, come l’automotive e la meccanica (che rappresentano una parte rilevante del comparto manifatturiero trentino), stanno risentendo della recessione tedesca, bloccando interi comparti produttivi. Infine, un ulteriore elemento di incertezza è rappresentato dai dazi annunciati da Trump. Se inizialmente si prevedeva un dazio del 10-20%, ora si parla addirittura del 25%. Questo sarebbe una mazzata per le aziende trentine, dato che gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato».
C’è una logica nei dazi di Trump o è propaganda?
«Probabilmente un mix di entrambe le cose. Trump spesso fa dichiarazioni forti, ma non sempre le traduce in azioni concrete. Tuttavia, un elemento da non sottovalutare è il cambiamento della percezione dell’Europa da parte degli Stati Uniti. Sempre più americani vedono il loro paese come il centro del mondo, e Trump incarna perfettamente questo sentimento. Inoltre, l’assenza di una vera Comunità Europea coesa ci rende più vulnerabili alle politiche commerciali aggressive di altri paesi».
Quali sono le soluzioni?
«Serve un’azione coordinata a livello europeo e nazionale. Ad esempio, sulla questione energetica, due anni fa abbiamo affrontato un’emergenza legata alla dipendenza dal gas russo, ma ancora oggi non siamo riusciti a sviluppare una politica comune efficace. I paesi europei continuano ad agire in ordine sparso, e l’Italia, non avendo il nucleare, ha un costo energetico superiore del 30-60% rispetto ad altri paesi, riducendo la nostra competitività. Detto questo, ci sono anche segnali positivi. Secondo i dati Excelsior di Unioncamere, molte aziende trentine faticano a trovare personale qualificato, soprattutto nei settori dell’informatica, delle nuove tecnologie e tra gli operai specializzati. Questo indica che, nonostante le difficoltà, esistono realtà in crescita con prospettive interessanti. Tuttavia, la mancanza di personale qualificato e il calo demografico rappresentano ostacoli importanti. Inoltre, il Trentino sta diventando meno attrattivo per i lavoratori esterni a causa dell’alto costo della vita e della difficoltà nel trovare alloggi».
Che risposte servono a tutti e tre i livelli?
«In questo momento critico, dobbiamo fare di tutto per incentivare gli investimenti e sostenere le imprese con maggiore produttività e prospettive di crescita. A livello locale, dobbiamo concentrarci su soluzioni concrete. Ad esempio, molte aziende ci segnalano difficoltà nel trovare alloggi per i lavoratori. A livello nazionale, manca una vera politica industriale. L’ultimo piano strutturato risale a “Industria 4.0”, quando Calenda era ministro. Quel programma ha avuto un impatto positivo, incentivando le imprese a investire in nuove tecnologie. Da allora, però, non ci sono stati piani di pari portata. Inoltre, negli ultimi anni l’aumento dei tassi d’interesse ha reso più difficile per le aziende accedere al credito e investire. Fortunatamente, ora i tassi stanno calando, ma servono ulteriori incentivi per stimolare gli investimenti nei settori con maggiore potenziale di crescita. A livello europeo, dobbiamo puntare su un coordinamento più efficace per mantenere la competitività del nostro sistema produttivo. Le imprese che riusciranno a investire in innovazione in questa fase di rallentamento saranno quelle che conquisteranno quote di mercato quando l’economia ripartirà».
il bando
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