Crisi in Provincia

giovedì 30 Novembre, 2023

Crisi di giunta, i consiglieri «ribelli» di Fdi dettano la linea: «Giunta subito e senza paletti»

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Trattativa con Fugatti, la vicepresidenza a Gerosa non è più imprescindibile. Urzì si adegua, l’accordo è ora solo una «base di partenza»

Il clima che ha caratterizzato l’intera giornata di ieri è stato quello della calma apparente. Posizioni però, solo apparentemente ferme, ma che se si analizzano nel dettaglio rivelano un passo in avanti verso la risoluzione della crisi di giunta. Da una parte il commissario di Fratelli d’Italia Alessandro Urzì e dall’altra i quattro «ribelli» che si sono dichiarati favorevoli a una risoluzione veloce e senza paletti della impasse interna al centrodestra. Le parti si sono parlate attraverso la formalità di comunicati stampa, arrivando infine a una conclusione comune che però stravolge tutto: la linea la dettano i «ribelli», e Urzì si adegua. Niente più braccio di ferro finché Fugatti cede, ora la parola d’ordine è «fare presto». E viene meno anche la conditio sine qua non della vicepresidenza, perché ora il famoso accordo pre-elettorale vale solo come «punto di partenza» per la trattativa tra FdI e Lega. Una calma, quindi, solo apparente quella che ha caratterizzato l’intera giornata di ieri.
Urzì e la «rigidità» di Fugatti
«Non c’è alcuna trattativa in corso. La rigidità di Fugatti è assoluta», dichiarava a inizio giornata il commissario meloniano. «Chiediamo il rispetto del patto elettorale che a suo tempo è stato assunto con la Lega. Tant’è che abbiamo sostenuto la candidatura di Fugatti convinti che il ticket della vice presidenza a Gerosa venisse rispettato. È ovvio che se non viene rispettato il punto principale del patto non c’è fiducia in tutto ciò che ne dovrebbe conseguire come l’elezione del presidente del Consiglio provinciale», che sarà oggi all’ordine del giorno. Ora, che nella seduta odierna non si arrivi a quest’elezione non è sicuramente per la ripicca di Urzì. La presidenza è una delle «poltrone» a disposizione per la spartizione politica dei vari ruoli tra i partiti della maggioranza, e non essendo definita la giunta non si possono fare forzature. Tornando però al nodo politico del comunicato, la fermezza del commissario si ammorbidisce nel corso della giornata. E vediamo come e perché.
I «ribelli»: «Siamo responsabili»
A breve giro, una nota arriva da parte dei consiglieri che nell’elezione del presidente del Consiglio regionale di lunedì scorso hanno votato il leghista Roberto Paccher, che con quella scelta hanno aperto lo strappo con il partito dichiarandosi pronti ad appoggiare Fugatti se la crisi non fosse rientrata in fretta. «La nostra iniziativa di mandare un segnale di responsabilità all’interno della maggioranza di centrodestra è volta a creare le condizioni per giungere velocemente alla piena funzionalità degli organi legislativi ed esecutivi». Cia, Daldoss, Girardi e Biada respingono le accuse di Urzì, che aveva descritto il loro comportamento come «interessato» alle eventuali poltrone: «Ricondurre quell’iniziativa ad uno scambio di poltrone, ruoli o protagonismo personale, viene da noi totalmente respinta». Anzi, spiegano quanto sia stato sofferto questo passaggio, messo in atto soltanto per «ribadire la propria disponibilità al dialogo, anche a rischio di incomprensioni interne che — sostengono — riteniamo superate».
Cambia la linea: «Si tratti davvero»
Incomprensioni superate, si fa per dire. Perché quello dei «ribelli» sembra più un ultimatum, se non l’imposizione di un cambio di linea a Urzì e a tutto il partito a livello nazionale. Chiedono infatti di «fare presto» nella risoluzione della crisi, quando la strategia del commissario meloniano è quella del braccio di ferro finché Fugatti non cede su tutta la linea (ne scriviamo sotto). «Fare presto — scrivono Cia, Daldoss, Girardi e Biada — perché la Comunità Trentina chiede questo ai propri rappresentanti politici». Ma oltre a questo, i quattro aggiungono anche un altro punto alla «nuova linea», anche questo in totale contrasto con la gestione Urzì della trattativa: «La base di partenza di un giusto accordo non può essere che l’applicazione di quanto sottoscritto prima delle elezioni, del risultato elettorale e dell’applicazione del principio della matematica anche alla politica». E in molti hanno sottolineato quell’inizio di frase, «base di partenza», non più il punto fermo, il punto di arrivo. La vicepresidenza, quindi, non è più lo scoglio impossibile da aggirare.
Urzì plaude, ma così si adegua
«Sarà presto risolta la crisi nella fase di costituzione del governo provinciale con il riconoscimento a Fratelli d’Italia del ruolo che spetta al partito che ha permesso di conquistare il premio di maggioranza e che ha ottenuto a pari merito con il partito del presidente Fugatti la leadership della coalizione. Le dichiarazioni dei consiglieri provinciali Cia, Girardi, Daldoss e Biada — afferma soddisfatto il commissario Urzì — sono rappresentative della riacquisita unità del partito in una fase certamente complessa, considerata l’inattesa mancata attuazione dell’accordo elettorale da parte del presidente Fugatti». Nel suo comunicato di felicitazioni sottolinea parola per parola la nota dei dissidenti, condividendo anche le parti sulla celerità da imporre alla trattativa e sull’accordo come «base di partenza». Conclude così: «A nome di tutto il partito esprimo grande soddisfazione per il pieno ricompattamento di FdI all’insegna degli impegni assunti con il Trentino e i suoi elettori: noi manterremo come sempre la parola data, governeremo per il bene del territorio con l’autorevolezza consegnataci dal voto confidando sul rispetto degli impegni elettorali da parte di tutti». Una pax su cui però in pochi scommettono circa la durata.
Il Consiglio resta bloccato
Oggi, per l’elezione della presidenza del Consiglio provinciale si prevede un’altra fumata nera. La maggioranza, che per prassi deve comunicare un nome, non ne ha nessuno. Quel posto è nel novero di quelli disponibili per le «compensazioni» dei partiti della maggioranza. Se non è certa la composizione della giunta, non si sa a chi dare il seggio più alto di palazzo Trentini. Maria Bosin, del Patt, è il primo nome, anche in ossequio all’accordo con gli autonomisti (ne scriviamo a lato), ma se i «ribelli» di Fratelli d’Italia fossero determinanti nella formazione dell’esecutivo, quella poltrona potrebbe andare a loro, e in questo caso in pole position c’è Carlo Daldoss. Oggi, in ogni caso, tra le ire dell’opposizione, sarà un nulla di fatto, e ci sarà un nuovo rinvio della seduta.
La giunta è ancora monca
Un Consiglio provinciale bloccato blocca anche le dimissioni di Giulia Zanotelli, che nei piani di Fugatti dovrebbe entrare in giunta come tecnica dopo aver lasciato il ruolo di consigliera. La giunta è comunque incompleta anche per il perdurare dell’assenza dei due di Fratelli d’Italia, Francesca Gerosa e Claudio Cia. Anche se ormai è chiaro che se la partita non si risolve entro questa settimana, entro la prossima la quadra sarà trovata per forza. Attraverso un’intesa con Fratelli d’Italia o attraverso l’intersa «separata» con i quattro consiglieri che hanno già fatto capire a Urzì che la corda, non la deve tirare troppo.