la storia
mercoledì 1 Novembre, 2023
di Donatello Baldo
Non è la prima volta, è successo ancora che nel buio arrivi qualcuno con la pila ad accecare gli occhi dei romeni della Sloi. In poco tempo devono raccogliere le loro poche masserizie, salutare la baracca costruita con pezzi di legno e fogli di nylon e allontanarsi alla ricerca di un nuovo luogo ai margini della città, dove ricostruire una nuova baracca, accendere un fuoco e apparecchiare una nuova tavola. Alla Sloi, i sette che sono stati sgomberati ieri, c’erano da oltre 15 anni. E tutti lo sapevano. Comune, Provincia, Servizi sociali, Questura e Polizia locale. Non commettono reati, nessun minore — che lasciano in Romania — nessun contatto con il mondo dello spaccio, né furti né risse. Sono rom, per definizione nomadi ma di fatto stanziali: sono sempre loro, le stesse famiglie da anni e anni, lo stesso clan, un’unica rete di affetti. Che non si divide nei dormitori: preferiscono le loro baracche, con un letto, un fornello, un crocifisso appeso, e la sera tutti assieme attorno a un fuoco, dopo una giornata dispersi in tutto il Trentino a chiedere la carità, aspettando senza insistere che un euro cada nella loro mano.
«Sgomberate le baracche abusive presenti nell’area ex Sloi. All’interno c’erano tre donne e quattro uomini — dà conto l’amministrazione comunale — che erano già stati invitati preventivamente dal servizio sociale del Comune a richiedere un posto letto nei centri di accoglienza per senza dimora». Centri che i rom della Sloi non useranno mai, perché non sono — non erano — senza dimora. La loro baracca era la loro casa, seppur fatiscente e insalubre. E infatti, ieri non risultava nessuno di loro nei dormitori.
«Le modalità dello sgombero erano state decise lo scorso 25 ottobre dal Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica. Un sopralluogo dell’Azienda sanitaria aveva evidenziato “insediamenti abitativi costituiti da fatiscenti baracche, costruite con materiali di fortuna, in una zona notoriamente inquinata e cosparsa di rifiuti; prive di acqua potabile e servizi igienici, con apparecchiature di riscaldamento e cottura cibi, logore e potenzialmente pericolose”», spiega ancora il Comune. Facendo capire che l’ordine di sgombero firmato dal sindaco è successivo all’intervento dell’Azienda sanitaria che «scopre ora» lo stato in cui versano le abitazioni. Nel comunicato non c’è scritto, ma anche a Palazzo Geremia viene colta l’ipocrisia di questa operazione, che il sindaco è stato costretto a mettere in atto. Tutti sapevano, e l’intervento di ieri non è mosso dalla tutela della salute dei baraccati ma dai lavori della circonvallazione. Alla Sloi dovrà essere approntato un cantiere del bypass. Ciò che intralcia viene abbattuto. Le case di via San Martino come le baracche della Sloi. Per le prime sono stati costituiti comitati e si è ottenuto un indennizzo. Ai rom della Sloi solo l’invito ad allontanarsi, sotto la pioggia. Da soli, senza nessuno che manifesti per loro.
il sermone
di Redazione
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