la storia
domenica 9 Giugno, 2024
di Gianfranco Piccoli
Il primo sguardo può ingannare. Il ciondolo appeso alla pesante collana di Mauro Trentini appare come un cuore colorato. Non è così. Sono due plettri, entrambi con stampata un’immagine di David Bowie: Mauro li ha incollati, ha praticato un foro con il trapano e ne ha ricavato – appunto – un originale ciondolo che indossa con naturalezza. La somiglianza con un cuore, in fondo, appare tutt’altro che casuale.
53 anni, ledrense di Molina, un discreto passato nell’atletica leggera tra i 20 e 30 anni (prima 100 e 200 piani, poi 400 e 800) Mauro Trentini da sette anni insegna educazione fisica all’istituto Guetti di Tione. Il look – cappello a falda portato con disinvoltura – rispecchia l’anima rock di questo prof da due anni presidente della Banda del Guetti (la «Big») e promotore di tante iniziative nelle scuole che hanno come denominatore comune il pentagramma.
Una sensibilità per la musica precoce, visto che Trentini ha fatto qualche anno di conservatorio, ma la passione e l’amore vero sono sbocciati nell’età adulta. Con qualche rimpianto, a detta dell’interessato, che vanta qualche palcoscenico di una certa importanza (ha aperto i concerti di Gazzè, Omar Pedrini, Kuzminac e Finardi) e all’attivo un album, «Frammenti di luce e di ombra», che ha pubblicato lo scorso anno.
Mauro, in principio fu il clarinetto.
«Non mi piaceva, ma non avevo alternative, posti per la chitarra e il pianoforte al Conservatorio non ce n’erano più. Alla vigilia dell’esame per il quinto anno (che non ho mai fatto) ho venduto il clarinetto per comprarmi una chitarra acustica amplificata. Per il resto, al 90% un autodidatta».
Nel curriculum anche la fisarmonica, strumento popolare per eccellenza.
«Una passione giovanile, che poi ho abbandonato».
La chitarra, il rock.
«Ho iniziato con i Beatles, ricordo ancora l’emozione del primo lp acquistato, poi U2, Simple Minds. Ma l’autore che mi ha cambiato la vita è stato David Bowie: è unico, strano, speciale».
La dedizione alla musica è arrivata più tardi.
«Dopo il liceo, mi sono buttato sull’atletica leggera, poi avevo il lavoro nel locale di famiglia in val di Ledro, gli studi universitari a Verona. Intorno ai trent’anni ho iniziato ad avere un approccio professionale con la musica. Con un rammarico».
Quale?
«La sensazione di non aver mai espresso tutto il mio potenziale. È come se rincorressi il tempo perduto, così ogni step che raggiungo non mi soddisfa mai. Questo mi ha portato all’esigenza di scrivere cose mie, la gestazione del mio primo album “Frammenti di luce e d’ombra” è stata lunga. Un lavoro autobiografico».
Musicista ma anche e soprattutto insegnante. Due aspetti della sua vita che lei declina sullo stesso binario.
«Sono convinto che portare in classe tutte le competenze di cui disponiamo sia un valore per la scuola. E la musica, con i giovani, è un mezzo di comunicazione potente e universale. Per questo in tutte le scuole in cui sono stato (Floriani di Riva, Galilei e Sophie Scholl di Trento, ora il Guetti ndr) mi sono sempre dedicato a progetti in ambito musicale e teatrale. Anche con persone disabili: penso, ad esempio, ad “Abbraccio musicale”, il concerto al Floriani di Riva che i ragazzi hanno fatto con l’associazione “Cantare suonando”. Esperienza bellissima».
Da due anni è presidente della Banda del Guetti. Non proprio il suo genere.
«Ma anche qui si possono fare delle contaminazioni, arrangiando brani rock per la banda. Mettersi in gioco con i giovani è un’esperienza entusiasmante, perché a quel punto non sono più un insegnante ma uno strumentista in mezzo ad altri strumentisti. Tanto che, in passato, questo rapporto nato con la musica con qualche studente è proseguito anche fuori dalle scuola. Legami importanti che vanno oltre l’aspetto artistico».
Tornando alla banda del Guetti?
«Io sono appunto il presidente da due anni, mentre il maestro è Stefano Torboli. Un’attività impegnativa e intensa, che va dalle lezioni-concerto negli istituti comprensivi delle Giudicarie ai gemellaggi musicali, l’ultimo con il “Rosmini” di Trento, senza dimenticare gli scambi con l’estero».
Cosa rappresenta per lei la musica a scuola?
«La parola chiave è condivisione: e la musica, da questo punto di vista, è un mezzo incredibile. Personalmente è uno strumento che mi consente di rendere al meglio nel mio ruolo di insegnante di scienze motorie».
Lei si è spesso esibito davanti ai suoi studenti.
«Ho calcato qualche palcoscenico importante, però stare davanti ai ragazzi significa mettersi in gioco anche come insegnante: non è facile, ma è molto motivante».
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