cultura

martedì 28 Novembre, 2023

Dalla pandemia e quella distanza di sicurezza che diventa un gioco: così nasce «Tessere Tessere»

di

Un modo di passare il tempo tra amici, scoprendo qualcosa di più sul mondo dell’arte ideato da due mediatrici artistiche trentine

«Crisi» è una parola che viene dal greco, da un verbo che significa «scegliere». Quando scegliamo decidiamo che cosa scartare, che cosa tenere. Ogni crisi è un’opportunità di crescita, quindi di generatività.
Ed è questo quello che è accaduto nel 2020, anno di una profonda crisi mondiale dettata dalla pandemia. Anno che ci ha obbligato a chiuderci in casa, a mantenerci distanti almeno un metro.
E proprio da questo metro nasce un progetto: «Tessere Tessere», a cura di Francesca Fattinger, anche collaboratrice de «IlT quotidiano», e Agnese Costa, due mediatrici artistiche.
Due donne che hanno trasformato un periodo buio in un progetto di luce: delle tessere che, se disposte su una superficie piana, ricoprono quel metro quadro di distanza «di sicurezza» ma che questa volta si trasforma in un limite da cui è possibile generare nuovi sguardi.
E che diventa un gioco, un modo di passare il tempo tra amici, scoprendo qualcosa di più sul mondo dell’arte. Per realizzare una prima tiratura di 150 copie di «Tessere Tessere» insieme all’Associazione «lasecondaluna» di Laives Fattinger e Agnese Costa hanno deciso di aprire una campagna di crowdfunding. Fino al 12 dicembre sulla piattaforma «Produzioni dal basso» (il sito è raggiungibile a www.produzionidalbasso.
com) si potrà iniziare a contribuire con una donazione.
Francesca Fattinger, come nasce «Tessere Tessere»?
«Dall’incontro tra due donne, due professioniste e sognatrici. Il 2020 è stato un anno molto faticoso che nessuno potrà scordare: c’era la pandemia. E proprio per la natura di questo momento Io e Agnese Costa ci siamo messe in discussione e che abbiamo scelto di interrogarci sul nostro lavoro. Mediazione dell’arte, come si evince dal nome stesso, significa stare nel mezzo. Ma in mezzo a chi? Alle opere stesse, alle persone che possono fruirne e crearne delle relazioni con esse. Durante il lockdown, i musei erano chiusi e questo incontro non aveva modo di avvenire. Così abbiamo deciso di domandarci quale fosse il nostro senso. Una domanda, questa, sicuramente molto complessa. Ma questa stessa complessità ci ha consentito di creare un manuale scomposto di mediazione dell’arte costituito da sessanta tessere in cui Agnese e io abbiamo riversato quello che secondo noi in termini pratici ed esperienziali è il nostro lavoro. È così che è nato un gioco che può essere utilizzato da chiunque. Questo progetto nasce inoltre dall’incontro con 16 opere d’arte che fanno parte del gioco e da cui le attività traggono ispirazione. “Tessere Tessere” è quindi un gioco che riflette sul senso più profondo e autentico (anche) dell’arte contemporanea. Per tale ragione abbiamo chiesto ad artisti e artiste a noi vicine di donarci un’opera d’arte in immagine che sarebbe diventata il fronte delle tessere.
In che modo è avvenuto il dialogo tra le e Agnese Costa per realizzare il progetto?
«Tessere Tessere porta con sé una profonda connessione al dialogo: penso a quello tra chi osserva l’opera e l’opera stessa, che non è mai fruizione passiva. Si tratta di un aspetto fondamentale per questo progetto e che ha coinvolto direttamente anche me e Agnese nel nostro processo conoscitivo. Penso a quando ci siamo incontrate per davvero, cioè a quando ci siamo svelate e raccontate, davanti a un piatto di carbonara a Roma, e successivamente davanti a un’opera d’arte dove ci siamo ritrovate in termini di sguardo. Lo sguardo con cui veniva osservata, vissuta, abitata quell’opera era la cosa che più ci premeva indagare. Per questo il dialogo tra noi vuole essere in continua definizione, così come le nostre tessere, che contengono delle attività e che vorremmo fossero modificate e trasformate dalle persone che le vivono come vogliono, come se le sentono addosso. Queste tessere sono uno strumento così malleabile che deve necessariamente modificarsi; sono un invito che facciamo a noi stesse e a tutte le persone a essere fluide, a costruire relazioni potenzialmente infinite».
Agnese Costa, come sono state realizzate le tessere e come si utilizzano?
«Quando abbiamo concepito il progetto subito abbiamo pensato che non potesse essere un libro o un saggio in cui partire dalla teoria, ma piuttosto qualcosa che subito attivasse e rendesse protagoniste le opere e le persone. Da qui l’idea di sessanta tessere che hanno nel fronte la fotografia delle opere d’arte che gli artisti e le artiste ci hanno donato. Ogni opera è suddivisa in quattro tessere; nel retro troviamo un insieme di elementi (una parola chiave, una citazione, un testo che descrive attività che le persone possono realizzare in vari contesti come la propria casa, un museo, la città, individualmente o in compagnia). Sempre nel retro si trova una linea che unisce tutte le tessere e che potrebbe espandersi all’infinito. La linea è la citazione di un’opera relazionale, quella che Maria Lai realizzò nel 1981, “Legarsi a una montagna”. Un’opera partecipativa che coinvolge tutti gli abitanti del suo paese, Ulassai, legando insieme le case del paese stesso alla montagna con un filo azzurro. Nella scatola si trovano anche sei tessere strumento, realizzate da me e Francesca e che funzionano abbinate ad alcune tessere ma che possono avere anche una vita autonoma. Alcune per esempio invitano all’osservazione di un dettaglio, altre aiutano a sperimentare i nostri sensi. Inoltre è presente un metro di filo azzurro e una mappa che sintetizza fronte e retro di tutte le tessere. Questo è il nostro approccio di fare mediazione: amiamo la trasversalità per questo uniamo movimento, scrittura, riflessione, creazione. L’insieme delle 60 tessere sono la sintesi di quello che fino a oggi è stato il nostro lavoro, la nostra passione.
Potremmo definire il vostro progetto «inclusivo» e portatore di un messaggio come «l’arte è per tutti e per tutte»?
Più che di inclusione, parlerei di apertura. Per la sua natura ludica, «Tessere Tessere» desidera abbassare quell’idea di arte contemporanea elitaria, distante, comprensibile a pochi. Il nostro progetto è un invito a mettersi in gioco, a concepire l’arte come porta che apre a esperienze, divertimento, scoperta, conoscenza».