L'intervista
giovedì 29 Dicembre, 2022
di Jessica Rigo
Arrivata in Italia 12 anni fa, giovanissima, senza conoscere una parola di italiano: una realtà molto diversa da quella della sua Ucraina. Un passaggio molto difficile, ma la sua determinazione le ha fatto fare passi da giganti. Anche grazie al Centro di educazione per gli adulti del Don Milani a cui a un certo punto si è rivolta, perché tutti i suoi sogni e i suoi progetti passavano dalla padronanza della lingua. È lì che Yuliia Sokhatska, 27 anni, ha cominciato a costruirsi una nuova vita. Ora soffre per il suo paese in guerra e vorrebbe usare i suoi talenti per dare una mano agli altri, a chi, come lei, ha dovuto lasciare tutto per rifarsi una vita.
La guerra sta devastando la sua Ucraina.
«Vengo da un paesino in provincia di Leopoli, dove è presente un poligono militare, che è stato colpito dai russi. È un posto in cui vanno anche i ragazzi della Nato ad esercitarsi. Ho ancora parenti in Ucraina, il fratello di mia mamma è andato a combattere. Una sofferenza, perché inizialmente non riuscivamo ad avere notizie. Ora sappiamo che è morto».
Come sta vivendo la situazione attuale di conflitto?
«Ho dovuto “eliminare” Tv e giornali per evitare di angosciarmi ulteriormente. I primi periodi ho sofferto molto perché non potevo aiutare e fare qualcosa di utile. Mia figlia, invece, non avendo vissuto in Ucraina non ha un legame così forte come il mio. Vorrei fare qualcosa di significativo per il mio popolo».
Cosa ne pensa degli interventi di aiuto che ha fatto Rovereto per la sua terra nativa?
«Il Comune è stato d’aiuto; in neanche una settimana ha trovato il posto in cui potevamo metterci a fare la raccolta dei beni primari da mandare in Ucraina. Ho fatto volontariato, assieme ad altre persone, con un’associazione ucraina che si chiama “Rasom Aps” e in tre giorni abbiamo riempito il magazzino ma abbiamo dovuto aspettare due settimane per far partire le cose. Per questa cosa sono molto dispiaciuta: le persone avevano bisogno subito e vedere tutto fermo non mi piaceva».
Quali sono state le maggiori sfide e difficoltà che ha incontrato appena arrivata in Trentino?
«Ho avuto parecchie difficoltà ad imparare l’italiano. L’ucraino e l’italiano sono due lingue parecchio distanti tra loro; ad esempio, in ucraino non esistono gli articoli e abbiamo un modo diverso di strutturare le frasi. Si tratta di una fatica che è inevitabile, ma allo stesso tempo fondamentale da affrontare per comunicare all’interno di una nuova società. Ciò che sicuramente mi ha aiutata nell’apprendimento della lingua è stato parlarla continuamente, anche commettendo errori. A casa e in giro parlo italiano, ormai parlo poco nella mia lingua, anzi, parlare nella mia lingua mi viene meno naturale».
Si è sentita ben accolta? Quali consigli darebbe ad un non madrelingua come lei per affrontare al meglio questo “viaggio”?
«Nonostante le prime difficoltà, mi sono sentita ben accolta. Non è sufficiente andare a scuola se nel corso della giornata si parla solo nella propria lingua d’origine perché si fa molta più fatica poi ad apprendere ed imparare la nuova lingua».
Ha avuto occasioni di formazione in Trentino?
«Sto frequentando il corso di servizi per la sanità e l’assistenza sociale all’istituto superiore Don Milani. Ho dovuto frequentare le medie per iscrivermi alle superiori. Quando mi sono trasferita in Italia non mi è stato riconosciuto il titolo di studio. Ma ora sogno di aprire una mia società, una cooperativa».
Come mai questa idea?
«Perché mi piacerebbe aiutare il prossimo. Quando io sono arrivata in Italia non sapevo dell’esistenza di queste cooperative e degli aiuti sociali. Mi piacerebbe aprire una cooperativa soprattutto per chi viene in Italia per la prima volta, dando loro informazioni e aiuti concreti».
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