L'intervista

mercoledì 14 Giugno, 2023

Daniel Pennac: “In montagna mi ritrovo. L’ultimo romanzo sui Malaussène? Vi spiego perché”

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Il grande scrittore francese martedì ad Andalo. Il colloquio con il T: "Amare il pianeta è più semplice delle persone perché chiama in causa la nostra intelligenza didattica che è poca cosa. Viva papa Francesco"

Un Daniel Pennac ironico, efficace, essenziale, profondo e, soprattutto, insieme alla moglie, amante della montagna. È questo il profilo del celebre scrittore francese, autore di romanzi di straordinario successo che, martedì sera al Palacongressi di Andalo, ha incantato il pubblico nella serata a lui dedicata, “Capolinea Malaussène”, tratta dal titolo del suo ultimo romanzo, edito di recente da Feltrinelli.

Un evento molto atteso, in programma nell’ambito della quarta edizione della “Summer School Letra 2023” (ciclo d’incontri di traduzione letteraria d’importanza nazionale, per studenti, laureati, studiosi e professionisti dell’editoria, ospitato nei locali della Scuola primaria di Andalo, con diversi appuntamenti di richiamo aperti anche al pubblico organizzati in collaborazione con il Comune di Andalo e le Biblioteche della Paganella) e durante il quale Daniel Pennac ha parlato della famosa saga dei Melaussène, di traduzioni del cosiddetto argot (gergo popolare che l’autore usa moltissimo nei suoi romanzi) e di sogni. E lo ha fatto dialogando con l’altrettanto celebre traduttrice Yasmina Melaouah (che ha curato la traduzione di quasi tutti i suoi romanzi, compreso “Capolinea Malaussène”), con l’esperto in letteratura francese Paolo Tamassia, professore ordinario all’Università di Trento e Francesca Lorandini, docente di letteratura francese all’Università di Modena e Reggio Emilia che ha svolto per il pubblico, durante la serata, anche il ruolo d’interprete dal francese all’italiano. Come suggerisce il titolo “Capolinea Malaussène” è stato scritto come l’ultima rappresentazione della famosa saga di questa ormai famosa famiglia, le cui vicende Daniel Pennac ha iniziato a raccontare quarant’anni fa (con sette romanzi che hanno venduto nel mondo oltre cinque milioni di copie) giocando con le parole, costruendo vicende rocambolesche e anche divertenti, facendole diventare dei veri e propri classici della letteratura popolare.  Una famiglia, quella dei Malaussène, popolata, così come è stato detto, da personaggi “meravigliosi e strampalati che da decenni fanno parte del nostro immaginario di lettori”. E che continueranno a vivere insieme allo scrittore.

Daniel Pennac, lei ha detto che anche se “Capolinea Malaussène” è l’ultimo romanzo della serie, i numerosi personaggi di questa famiglia continueranno a vivere intorno a lei e forse, possiamo aggiungere, intorno a tutti noi considerato che molti di loro hanno tratto ispirazione da persone realmente esistenti. Le persone, per lei, sono una continua fonte d’ispirazione: lo saranno anche per i prossimi romanzi?

«La fine della saga non coincide con la morte di tutti i personaggi che la popolano. E per fortuna, altrimenti sarebbe un massacro!».

È vero, così come è stato riportato in alcune sue recenti interviste a proposito del suo prossimo lavoro che le piacerebbe scrivere un romanzo sul silenzio?

«In realtà si tratta di una dichiarazione che ho fatto per non rispondere ai giornalisti che mi chiedevamo quale fosse l’argomento del mio prossimo libro. L’argomento del mio prossimo libro lo so solo io, appartiene solo a me. Quando il libro sarà scritto, apparterrà a tutti. Tra un momento e l’altro, cioè tra quando il libro è mio e quando sarà di tutti, io lo avrò scritto e la scrittura in effetti è silenzio».

In “Capolinea Malaussène” uno dei personaggi principali è “Nonnino”. Cosa incarna per lei questo personaggio nella nostra epoca imperniata, come lei ripete spesso, da una diffusa violenza?

«Pépère è lo spirito del tempo. Raccoglie in sé tutti i tipi di violenza che vediamo intorno a noi in questo momento e, dato che ha una certa età e quindi è vecchio, si porta dentro l’eredità delle violenze del passato. È il frutto di due suicidi europei: la guerra del 14-18 e la Seconda guerra mondiale».

Qual è per lei l’antidoto alla violenza? Perché oggi è così difficile provare amore per una singola persona, mentre siamo capaci di provarlo a livello macroscopico?

«Per certi versi è più facile amare il pianeta che le persone intorno a noi, perché chi ci sta vicino, chi ci sta intorno richiede la nostra presenza, la nostra cura, una generosità attiva, costante, diretta. Quando pronunciamo i grandi principi generali, i principi globali, come l’amore per il pianeta, chiamiamo in causa solo la nostra intelligenza didattica che, in fondo, se ci pensa, non è poi granché».

Riferendosi alla crisi climatica che stiamo vivendo Papa Francesco ha detto che la nostra non è un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca. Da questo punto di vista, Daniel Pennac, come vede il futuro o i possibili futuri che ci attendono?

«Viva Papa Francesco!».

Sempre in riferimento alla crisi climatica la montagna, secondo lei, può rappresentare il luogo dove riscoprire sé stessi, il senso del limite, della sobrietà?

«La montagna è il luogo in cui io e mia moglie, ogni anno, qualunque cosa accada, ci ritroviamo».

E da questo punto di vista, ha aggiunto lo scrittore, Andalo e i suoi paesaggi alpini, per molti aspetti, gli ricordano le sue montagne, dove si “rifugia” insieme alla moglie, dividendo la sua vita tra Parigi, una città che ama e che lo ispira continuamente, ma da dove, appena può, parte alla volta del Vercors, dove le montagne sono chiamate spesso le “Dolomiti della Francia” per la loro somiglianza a quelle italiane. Un luogo che Daniel Pennac ama definire il “suo” paese. E che adesso può ritrovare anche in Trentino.

(Si ringrazia per la collaborazione di questa intervista, Francesca Lorandini, docente di letteratura francese all’Università di Modena e Reggio Emilia).