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martedì 19 Novembre, 2024

Daria de Pretis: «Il premierato di Meloni? Le regole del gioco vanno condivise»

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La vicepresidente emerita della Corte costituzionale: «Una riforma che cambia tutto il sistema. Parlamento al traino del premier»

Il 18 giugno di quest’anno l’aula del Senato ha approvato la riforma del cosiddetto «premierato». Una riforma che ha ancora un lungo cammino prima di diventare legge: servirà l’approvazione prima alla Camera, poi nuovamente al Senato e, infine, l’ultimo via libera dalla Camera. Con lo spettro del referendum costituzionale qualora la legge non fosse approvata – in seconda votazione – con la maggioranza dei due terzi.
Ma cos’è la riforma del premierato? Quali opportunità e quali rischi conseguono alla sua approvazione? A provare a dare risposta a queste domande sarà Daria de Pretis, vicepresidente emerita della Corte costituzionale, in un convegno organizzato il prossimo martedì 26 novembre alle ore 17.30 a Palazzo Geremia da Soroptimist international club di Trento in collaborazione con Fidapa BPW. A dialogare con la vicepresidente emerita, nonché docente universitaria, sarà Matteo Cosulich, docente di diritto costituzionale presso l’Università di Trento.
La serata dal titolo «Il premierato elettivo? Prospettive e problemi» è stata presentata ieri dalla stessa professoressa Daria de Pretis e da Roberta Galli, presidente di Soroptimist club di Trento e Marilena Guerra, presidente di Fidapa.
La vicepresidente emerita della Consulta Daria de Pretis ha spiegato cosa cambierebbe con il premierato: «Con questa riforma si vorrebbe intervenire proprio sul testo della Costituzione, sulla parte che disciplina la costituzione del governo. La riforma cambia radicalmente le cose rispetto a come sono adesso – ha dichiarato – L’obiettivo dei proponenti è di affrontare l’instabilità dei nostri governi. Si tratta di un obiettivo assolutamente legittimo e affrontato anche in passato. Tuttavia, questa riforma si muove nella direzione di superare il meccanismo per cui il governo trova la maggioranza in Parlamento dopo le elezioni, con un contributo a volte molto forte del presidente della Repubblica. Si vorrebbe far eleggere direttamente il presidente del consiglio, per poi farlo andare in Parlamento a chiedere la fiducia».
Una doppia elezione diretta dei cittadini dunque: non più soltanto del Parlamento, ma anche del capo del governo. Il meccanismo della fiducia – ossia il fatto che il governo debba avere la maggioranza dei consensi in Parlamento – rimarrebbe pressoché intatto di per sé, ma a cambiare sarebbe tutto il contesto. «La riforma prevede un premio di maggioranza. Solo che la definizione di questo è affidata alla legge ordinaria – ha proseguito de Pretis – La possibilità di dare dei premi di maggioranza è stata ristretta dalla Corte costituzionale in nome della rappresentatività del Parlamento. È legittimo entro una certa misura, purché non si alteri completamente il meccanismo della rappresentanza».
Una modifica della Costituzione che vorrebbe rafforzare la figura del presidente del consiglio. Un aspetto che di per sé potrebbe non essere negativo, ma che può diventare tale nel momento in cui si va a svuotare in parte il ruolo del Parlamento. «Un limite che vedo è che il Parlamento andrebbe un po’ al traino del presidente del consiglio. Favorire la stabilità del governo va benissimo. Ci sono i governi presidenziali in altre realtà. Ma allora sarebbe più consono avere un’autonomia del Parlamento e non un sistema in cui questo è al servizio del presidente», l’analisi della docente. A non piacere è anche il metodo con cui si sta portando avanti la proposta di modifica. «La Costituzione è la nostra Carta fondamentale, quella che stabilisce le regole del gioco. Queste dovrebbero essere condivise. Invece questa riforma è voluta a colpi di maggioranza».
A cambiare radicalmente sarebbero anche altri due aspetti: l’eliminazione dei senatori a vita e il capovolgimento del ruolo del capo dello Stato. «Il presidente della Repubblica attualmente ha un ruolo centrale nel nostro sistema. È lui che dà l’incarico al presidente del consiglio registrando la maggioranza che c’è in Parlamento. Si tratta di un ruolo notarile e formale quando la maggioranza che esce dalle urne è chiara, come è successo nell’ultima elezione, mentre è un ruolo molto delicato e importante quando non ci sono maggioranze chiare e ci sono situazioni di emergenza». Cosa cambierebbe con la riforma? «Nella proposta di modifica il presidente della Repubblica sarebbe limitato a nominare il presidente del consiglio eletto e i ministri su sua indicazione. A fronte di un voto di sfiducia potrebbe soltanto nominare, per una volta sola nel corso della legislatura, un altro presidente della stessa compagine di quello sfiduciato», ha concluso Daria de Pretis, invitando poi i presenti alla serata della prossima settimana per un’analisi più dettagliata sul tema. Ne va, in fondo, della nostra Costituzione.