Istruzione
giovedì 1 Febbraio, 2024
di Tommaso Di Giannantonio
Nuova assessora, nuova battaglia. I docenti tornano a chiedere il ritorno all’esame di riparazione nella scuola secondaria di secondo grado. Nelle chat degli insegnanti ha ripreso a girare la petizione lanciata nel 2019. E le adesioni sono arrivate a oltre 400, circa il 16% del totale degli insegnanti di ruolo delle superiori. Cinque anni fa si erano fermate a 222.
Da quindici anni in Trentino si utilizza un meccanismo diverso rispetto al resto d’Italia. Non c’è l’esame di riparazione a settembre, ma c’è un sistema provinciale di recupero delle carenze formative, conosciute ai più come debiti. A settembre gli studenti trentini promossi con uno o più debiti devono sì svolgere un esame, ma la prova non è dirimente. Se si viene bocciati il consiglio di classe predispone un piano di recupero per l’alunno, che passa comunque all’anno successivo. Non sempre, però, i corsi di recupero sono efficaci. E così si rischia che gli studenti arrivino alla maturità con carenze mai colmate.
La scorsa estate il tema era stato posto anche dal Tribunale amministrativo regionale (Tar) di Trento, che, intervenendo nell’ambito del caso della studentessa del Da Vinci riammessa alla maturità e poi bocciata all’esame, aveva criticato apertamente il sistema provinciale. Perché «l’impegno di studio aggiuntivo richiesto al discente con carenze — aveva scritto il giudice — sottrae tempo allo studio delle altre materie». A inizio della scorsa legislatura l’assessore Bisesti propose l’esame di riparazione al secondo e al quarto anno, ma trovò resistenze nelle strutture amministrative.
Ed ora i docenti — il gruppo promotore non è più ristretto al liceo Prati di Trento ma si è allargato anche ad altre scuole di Rovereto, Riva del Garda e Pergine Valsugana — hanno deciso di (ri)lanciare un appello all’assessora provinciale all’istruzione Francesca Gerosa affinché si reintroduca l’esame di riparazione. «Il titolo di promozione assegnato a giugno rende di fatto ininfluente la verifica condotta sul superamento delle lacune — recita la petizione — Ciò determina per alcuni studenti un percorso formativo che non consente di affrontare efficacemente le difficoltà e di superarle. L’ammissione all’esame di Stato con “media complessivamente sufficientemente” fa il resto, consentendo di conseguire un diploma superiore anche a fronte di più carenze mai sanate».
I docenti promotori riportano tre motivi a sostegno del ritorno all’esame di riparazione. Il primo consiste nella responsabilizzazione «effettiva» delle scuole nel sistema di recupero delle lacune. «Il superamento delle carenze deve diventare un impegno concreto anzitutto per gli insegnanti, chiamati a fornire gli strumenti necessari ad affrontare e superare le difficoltà», si legge nel documento. Il secondo riguarda invece la responsabilizzazione degli studenti «rispetto al loro impegno di studio e ai suoi esiti futuri». Infine, terza ed ultima ragione, l’esame di riparazione «indirizzerà le risorse da destinare alla qualità del sistema». «Una scuola davvero inclusiva e formativa — si conclude — si preoccupa del recupero effettivo, non solo certificativo, degli studenti bisognosi di maggiore cura. È evidente che il sistema delle carenze è stato introdotto per evitare d’investire risorse nelle attività di recupero, destinandole invece alla progettualità extra-curricolare o a forme d’incentivo per i docenti per nulla limpide».
Per tutti questi motivi «il progetto di reintroduzione dell’esame a settembre non è un “ritorno al passato”, ma la soluzione migliore per le responsabilità educative e formative della scuola di fronte a studenti, famiglie e società».