il decalogo
mercoledì 16 Novembre, 2022
di Margherita Montanari
Da un lato l’efficienza dell’immobile, dall’altra i comportamenti degli utenti. Nel ciclo di vita di un ufficio — dalla sua costruzione all’utilizzo alla dismissione — non c’è azione a cui non corrisponda un consumo. Se prima la sfida era creare spazi net-zero, in grado di compensare le emissioni climalteranti prodotte, negli ultimi anni la prospettiva si è estesa al concetto di carbon neutrality. Tagliare, anziché bilanciare. Ridurre la Co2 emessa è diventato un nuovo processo aziendale da monitorare e «collocare al centro dell’agenda di un edificio all’inizio della pianificazione», come afferma Francesco Gasperi, ceo di Habitech, realtà trentina che progetta e offre consulenza sull’edilizia usando la leva della sostenibilità.
Lo chiede anche Bruxelles, con il pacchetto «Fit for 55». Nello scadenzario Ue che guarda al 2030 come primo orizzonte per la decarbonizzazione, l’aumento del 40% dell’utilizzo di energie rinnovabili e la riduzione del 36% del consumo di energia, costituiscono due obiettivi vincolanti.
E nella selva di politiche per il taglio al consumo di fonti fossili, compare la decarbonizzazione degli spazi di lavoro. «Se si considerano 70 anni di vita utile di un edificio, le emissioni operative, relative alla fase d’uso, pesano molto di più della fase di costruzione. I processi aziendali quotidiani sono i più energivori», spiega Gasperi. Mitigare non basta. Anche perché «solo per compensare i consumi di un condominio di 3.500 metri quadri servirebbe piantumare 2.000 alberi». Operazione intraducibile su larga scala.
Come ci si avvicina quindi alla carbon neutrality? Se ormai risulta impossibile sul posto di lavoro prescindere dall’accensione di strumenti digitati — computer, stampanti o dispositivi ricaricabili — è invece vasto il ventaglio di scelta su come alimentarli. «Approvvigionarsi di energia rinnovabile, che può essere solare o eolica, sia per ricavare elettricità o riscaldamento e raffreddamento, può ridurre notevolmente l’impronta di carbonio degli uffici», spiega l’esperto. Guardando dentro i processi digitali, è possibile agire riducendo il dispendio energetico. Ad esempio «mettendo in stand-by il pc quando non si utilizza o utilizzando la schermata nera anziché quella bianca nel computer». Ogni automatismo, come stampare un foglio o inviare una mail, impatta sui consumi complessivi. Limitarli comprime l’impronta di carbonio del singolo lavoratore e, di conseguenza, dell’intero ufficio.
Altro tema riguarda l’edificio in cui sono ospitati gli spazi di lavoro. Una classe energetica più alta può contribuire a dimezzare la Co2 immessa in atmosfera. «Un polo di 3.500 metri quadri ogni anno produce in media 85.000 chili di anidride carbonica — continua l’esperto — Classi energetiche maggiori possono ridurre il peso sull’ambiente anche del 50%. Se le emissioni totali di una casa tradizionale raggiungono tra i 25 e i 40 chili di Co2 per metro quadrato all’anno, una casa a basso consumo ne immette in atmosfera attorno ai 10-18 chili. Le case passive, invece, possono arrivare addirittura a produrre appena 3-4 chili di Co2 per metro quadro».
La sfida verso un’edilizia green, incentivata in alcuni casi dal Superbonus, è ancora lunga. «Importante è guidare imprese a progetti che siano efficaci dal punto di vista delle emissioni e dell’utilizzo energetico. Purtroppo, gli spazi che si avvicinano a un modello di carbon neutrality sono pochi. Ma sulle classi energetiche alte si sono fatti passi avanti», commenta Francesco Gasperi.
Capitolo a parte si apre per le emissioni inglobate. Chilogrammi di Co2 prodotti nella fase di cantiere di un edificio, o quantità che un certo materiale di costruzione non riesce ad assorbire. Il consiglio è di «privilegiare l’approvvigionamento di materie prime a minor impatto e ad alto assorbimento di carbonio, come legno e pietra, anziché cemento e acciaio; scegliere materiali locali per ridurre i trasporti di merce verso il cantiere; utilizzare materiali riciclati o scarti di lavorazioni».
«Costruire uffici o scegliere arredi realizzati in legno — continua — permette di stoccare una quantità di Co2 senza emetterla nell’atmosfera (fino al momento in cui il materiale non viene smaltito, e quindi bruciato). Anche per il taglio e il trasporto dei tronchi per l’edilizia si consuma meno energia rispetto alla produzione e al trasporto di materiali edili tradizionali. In sintesi, ogni metro cubo di legno impiegato nelle costruzioni sottrae circa 1 tonnellata di anidride carbonica all’atmosfera».
Non fosse che il prezzo della materia prima è raddoppiato negli ultimi due anni, si potrebbe dire di avere la soluzione per il taglio delle emissioni in casa. «In meno di una giornata, infatti, le foreste del Trentino producono la quantità di legno necessaria per costruire dalle 20 alle 30 case monofamiliari», conclude l’amministratore de di Habitech.