Le motivazioni
mercoledì 8 Marzo, 2023
di Benedetta Centin
«Suleiman Adams ha commesso una violenza sessuale di eccezionale gravità, denudando la donna dopo averla brutalmente colpita con una mazzuola, ed approfittando del suo stato di inferiorità psico-fisica, quando era ancora agonizzante». Ha agito «con straordinaria pervicacia e rara ostinazione, con modalità ripugnanti, con inaudito disprezzo della dignità umana» nei confronti della pastora etiope Agitu Ideo Gudeta che ha confessato di aver ucciso. Un delitto, questo, avvenuto a Frassilongo il 29 dicembre 2020, nel maso della donna, lì dove aveva fondato l’azienda «La capra felice», in valle dei mocheni.
Per i giudici dalla Corte d’assise d’appello di Trento che a dicembre lo hanno condannato a vent’anni di carcere, il ghanese di 33 anni non era giustificato in alcun motivo ad agire con simili «modalità agghiaccianti». Il fatto che non ricevesse il corrispettivo per il lavoro in modo puntuale, che quindi non potesse aiutare la famiglia rimasta in patria, e la «plausibile rabbia che nutriva nei confronti della donna» per cui lavorava, per i giudici «non attenua la gravità del fatto commesso». Avrebbe infatti «potuto coltivare altre strade per il riconoscimento dei propri diritti». Invece ha «crudelmente, violentemente, selvaggiamente e reiteratamente colpito la donna agonizzante» compiendo poi «atti sessuali raccapriccianti». E gli stessi magistrati sottolineano come l’omicida reo confesso «non ha manifestato alcun segno di ravvedimento, non ha speso una qualsivoglia parola di pietà nei confronti delle parti civili, non ha mai, sinceramente, chiesto loro perdono». È tutto nella ventina di pagine di motivazioni depositate dalla Corte d’assise d’appello che tre mesi fa aveva confermato la condanna di primo grado, senza riservare scontri al collaboratore della vittima. Nessuna derubricazione da violenza sessuale a vilipendio di cadavere come sollecitato invece dalla difesa, dall’avvocato Nicola Zilio, che ora valuta il ricorso in Cassazione e che allora aveva tentato di ottenere la riqualificazione giuridica rispetto all’atto di autoerotismo compiuto dal suo cliente, sul corpo della 42enne. Quando questa era a terra, tramortita dalle martellate alla testa. «L’imputato riteneva che la donna fosse ancora viva» sostengono i giudici. Il ghanese, quindi, «non ha inteso disprezzare e vilipendere il cadavere, offenderla quando era già morta, intendeva porre in essere atti di violenza sessuale quando era ancora viva». Lo ha ammesso anche lui, ritenendola «morta solo dopo che aveva finito..». Ha infatti confessato: «L’ho lasciata morire». Per i magistrati Adams ha agito «lucidamente, con inaudita violenza e crudeltà, e un non comune cinismo».
A commentare le motivazioni gli avvocati Andrea de Bertolini, Elena Biaggioni e Giovanni Guarini: «Come difensori di parte civile siamo soddisfatti della sentenza che riconosce senza se e senza ma la tesi del femminicidio e la ripugnanza del comportamento tenuto dall’imputato, anche se nessuno potrà restituire Agitu ai suoi cari».