Il passato
domenica 30 Luglio, 2023
di Davide Orsato
Tre volte in ospedale, tre referti allegati a una denuncia con cui Mara Fait e i suoi legali, Flavio Dalbosco e Maria Rizzi, volevano che la donna di 63 anni morta venerdì sera a Noriglio fosse riconosciuta vittima del reato di «stalking condominiale», con attivazione del codice rosso, la procedura d’urgenza, utilizzata dalle forze di polizia su coordinamento delle procure e delle questure, con cui vengono presi interventi rapidissimi nei confronti di persone potenzialmente pericolose. Molto spesso misure restrittive come il divieto di avvicinamento. Una richiesta che è stata negata e che ora scatena lo sdegno dei due avvocati: «La nostra documentata querela – spiegano – depositata lo scorso 22 marzo, ripercorreva gli accadimenti di anni di vessazioni, minacce e aggressioni in ambito condominiale subite proprio da quel vicino che poi l’ha assassinata. Chiedeva infine l’applicazione delle misure cautelari ritenute più congrue ed opportune per la tutela sua e dei suoi familiari». L’impressione è che, i singoli episodi, benché accuratamente denunciati, in particolare negli ultimi mesi del 2022 non fornissero l’adeguato «quadro d’insieme». Si tratterebbe di contatti fisici, spintoni, che in più di un’occasione avrebbe causato qualche ferita. «La signora Fait – precisa l’avvocato Rizzi – aveva cambiato radicalmente le sue abitudini. Non usciva spesso per timore di incontrare il vicino». L’amara conclusione: «Mara Fait ha denunciato. Ma nessuna indagine è stata fatta, non è stata sentita né ascoltata dalla magistratura né sono state accolte le sue richieste di protezione, non sono stati ascoltati gli undici testimoni che avevamo raccolto, il processo è proseguito per opporsi alla richiesta di archiviazione ma si è invece arrivati alla morte di chi ha denunciato. Abbiamo leggi efficaci, ma ancora oggi la vittima non è stata creduta, è stata liquidata in maniera sbrigativa e lasciata sola in una grave ed evidente situazione di stalking. Che altro doveva succedere per attivarlo? È disumano lasciare che una donna sia ammazzata quando la si poteva proteggere, disponendo degli strumenti per farlo». Nel lungo elenco di denunce figura anche il furto di un telefonino, sottratto durante le lite. Tutti i procedimenti a carico di Shehi Zyba sono stati archiviati. Non tutte le denunce, però, erano a senso unico: sarebbe arrivata davanti al giudice a gennaio quella depositata da parte della moglie di Shehi Zyba nei confronti dell’ex infermiera. In questo caso, le due donne erano venute alle mani e – è l’accusa – sarebbe stata Fait a iniziare l’aggressione. La Procura di Rovereto, chiamata in causa dagli avvocati di Fait, risponde nel merito: «Se avessimo avuto sentore – le parole della pm Viviana Del Tedesco – della gravità saremmo intervenuti. C’erano molte denunce e controdenunce, ma non una sensazione di pericolosità. Che due persone non vadano d’accordo è un conto, che si arrivi a un omicidio è tutt’altro».
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L'episodio si è verificato in una ditta di arredamento a Cirè di Pergine. Due dipendenti stavano sistemando dei pannelli in legno con l'aiuto di un macchinario. Le due lastre sono poi cadute accidentalmente addosso ai due uomini, di cui uno in rianimazione, l'altro ferito in maniera non grave
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