cronaca

martedì 1 Agosto, 2023

Delitto di Noriglio, Ilir Zyba Shehi interrogato: «Vorrei tornare indietro. Mara minacciava i miei figli»

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L'operaio autore del crimine, in lacrime, si è detto pentito. Effettuata l’autopsia sulla vittima: tre i probabili colpi con l’accetta

«Erano tre anni che quella donna, Mara Fait, tormentava me e la mia famiglia, ogni giorno: mattina e sera. Insulti e minacce di mandare me in carcere e i miei figli all’ospedale. Quando, venerdì sera, l’ho incontrata all’ingresso della palazzina mi ha urlato qualcosa come faceva sempre. Non ho capito cosa, so solo che poi non ho capito più niente. Non ricordo di averla colpita con l’accetta che avevo usato nell’orto ma quando mi sono ripreso da qual vuoto, da quel black out, lei era a terra e sono andato dai carabinieri, convinto comunque di averla solo ferita». Sarebbe questo, in sintesi, quanto riferito ieri mattina, nel corso dell’interrogatorio, da Ilir Zyba Shehi, l’albanese di 48 anni di Noriglio, Rovereto, che venerdì sera ha ammazzato la vicina e si è costituito. Affiancato dal suo avvocato Franco Busana, l’arrestato ha risposto alle domande del giudice per le indagini preliminari di Rovereto Consuelo Pasquali, che ha poi convalidato l’arresto per omicidio volontario e disposto, con un’ordinanza di custodia cautelare, che continui a rimanere in carcere a Spini di Gardolo. Al momento la difesa non ha avanzato richiesta di misure meno afflittive. Non è escluso invece che l’operaio possa essere sottoposto a una perizia psichiatrica per accertare se era capace di intendere e volere quando ha ucciso la donna.
«Mi perseguitava sempre»
Il muratore, nel corso dell’interrogatorio, ha pianto a più riprese, manifestando tutta la sua disperazione, così come aveva fatto la sera di venerdì, quando, uccisa l’infermiera in pensione che abitava nella sua stessa palazzina di via Fontani, ha camminato per oltre mezz’ora fino ai carabinieri, dove è arrivato con le mani alzate. «Non avevo il cellulare con me, non sapevo dove lo avevo lasciato e così com’ero sono andato in caserma» avrebbe spiegato, dicendosi pentito per il delitto commesso, chiedendo scusa per quello che ha descritto fin da subito come un raptus. Che non vi sia stata premeditazione lo ha escluso anche il pm Viviana Del Tedesco che ha fatto sequestrare l’accetta, fatta ritrovare dallo stesso omicida nell’orto, e gli abiti di questi, sporchi di sangue. «Vorrei tanto tornare indietro… Mi dispiace molto per quanto ho fatto, per i familiari della signora. Non si uccide, non ho mai pensato di ammazzare la vicina: ho rovinato tutto ma pagherò per quanto ho commesso». L’operaio ha ripercorso la difficile convivenza con l’ex infermiera dell’ospedale di Rovereto, 63 anni, proprietaria degli altri quattro appartamenti della palazzina. Lei lo aveva denunciato a più riprese, non senza contro denunce ma i procedimenti a carico dell’albanese, anche per stalking, sono stati nel frattempo archiviati mentre la vittima doveva presentarsi a processo a gennaio per lesioni ai danni della moglie dell’operaio. «La signora Mara mi ha esasperato: mi perseguitava ogni giorno, sempre, sempre, sempre… Mi offendeva spesso, mi filmava con il cellulare anche alle 5 del mattino quando uscivo per andare al lavoro. Faceva lo stesso anche con mio figlio — avrebbe raccontato l’arrestato — Temevo molto per i miei ragazzi, lei diceva che non vedeva l’ora che morissero». L’uomo ha riferito della sua esasperazione adombrata dalla paura. Quella paura che, dall’altra, tormentava anche la vittima. I legali di questa, Flavio Dalbosco e Maria Rizzi, parlano di «contesto evidentissimo di stalking condominiale» e spiegano come fosse stato «negato il codice rosso» nonostante avessero presentato (il 15 marzo) una denuncia «corredata da 19 documenti tra cui certificati del pronto soccorso e da 11 testimoni».
L’autopsia: ci sarebbe un terzo colpo
Il corpo dell’ex infermiera ieri è stato sottoposto ad autopsia. Dalle prime indiscrezioni pare che il medico legale abbia individuato tre colpi, non solo i due già accertati, alla nuca e quello più profondo alla giugulare, ma bisognerà attendere il deposito dell’esame. Intanto il lavoro dei carabinieri, coordinati dal pm Del Tedesco, proseguono ascoltando familiari e persone che erano a conoscenza dei dissidi tra vittima e omicida. Potrebbe essere sentito anche chi, nel 2016, aveva comprato casa in quella palazzina ma se n’era andato a stretto giro perché divenuta «un piccolo inferno» con «litigi (con la Fait ndr) per le più insopportabili banalità condominiali all’ordine del giorno». Chi, dopo l’omicidio, ha un pensiero fisso: «Anche oggi, come decine e decine di notti per ciò che passai — scrive l’ex condomino — non riesco a chiudere occhio pensando che se fossi rimasto lì avrei preso molto probabilmente il posto di uno dei due».