La condanna

giovedì 25 Luglio, 2024

Delitto Fait, 12 anni a Ilir Zyba Shehi: uccise l’ex infermiera con un’ascia sotto casa

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La Procura aveva formulato un’accusa di omicidio volontario aggravato. In udienza preliminare è caduta l’ipotesi dei futili motivi e la difesa ha quindi ottenuto il rito abbreviato

Nessuno si aspettava, ieri mattina in tribunale a Rovereto, che l’udienza preliminare per l’omicidio di Mara Fait avrebbe riservato così tante sorprese e men che meno che, dopo aver atteso gli ultimissimi giorni prima della scadenza della misura cautelare di un anno nei confronti dell’indagato reo confesso per arrivare alla formulazione dei capi d’accusa, si giungesse ad una sentenza così velocemente e di questo genere: 12 anni di reclusione, con l’espulsione dall’Italia al termine della pena, e il pagamento alla madre di Mara Fait e al figlio di 100 mila euro ciascuno con la provvisionale, cioè rimettendo la liquidazione definitiva al giudice civile. Questa la condanna per Ilir Zyba Shehi, il 49enne che poco meno di un anno fa ha ucciso con un’ascia, praticamente decapitandola, l’infermiera in pensione Mara Fait, a Noriglio, sulla porta di casa e sotto gli occhi dell’anziana madre di lei. Un gesto che aveva poi confessato subito, andando a costituirsi quella sera stessa dai carabinieri dicendo di aver perso la testa. Reo confesso, quindi, in carcere da allora senza aver mai goduto dei domiciliari nonostante le richieste, e ieri (mercoledì 24 luglio ndr) arrivato in aula scorato dalla polizia penitenziaria, per Shehi il rinvio a giudizio formulato dalla Procura di Rovereto parlava di omicidio volontario aggravato dai futili motivi. L’omicidio di Mara Fait è infatti l’epilogo tragico, nella ricostruzione fatta dagli inquirenti, di anni di dissidi fra vicini di casa legati a questioni condominiali (dai parcheggi all’uso delle zone comuni) che avevano portato i due a fronteggiarsi anche in tribunale in ben sei procedimenti con accuse gravi, dallo stalking alle lesioni personali. Proprio l’aggravante dei futili motivi è il nodo sul quale ci si è concentrati negli ultimi mesi della fase di indagini: un’aggravante che dal punto di vista della pena, se confermata in sede id udienza preliminare, avrebbe aperto alla possibilità di una condanna per ergastolo impedendo, con un processo in Corte d’Assise, il ricordo al rito abbreviato. Si parla di una differenza fra il carcere a vita e, appunto, una sentenza come quella che invece c’è stata ieri che gode di uno sconto di pena. Il giudice per l’udienza preliminare Fabio Peloso ha infatti accolto le argomentazioni del legale della difesa di Shehi, l’avvocato Franco Busana: che aveva contestato l’aggravante dei futili motivi: le motivazioni precise della sentenza si sapranno quando verrà depositata, fra quaranta giorni, ma la sintesi di quanto detto in aula ieri dal giudice è che non si poteva sostenere la «futilità» davanti ad un litigio che aveva portato in tribunale l’uomo in sei diversi procedimenti, tutti archiviati, e un altro davanti al giudice di pace nel quale l’imputata questa volta era Mara Fait, con l’accusa di lesioni contro la moglie dell’omicida, poi decaduto dopo l’omicidio. La sommatoria dei dissidi fra i due e dei procedimenti legali, per il giudice non possono essere derubricati a «futili motivi». Davanti alla Procura ieri mattina si aprivano quindi due strade: o accettare di togliere l’aggravante dei «futili motivi» o riaprire la fase di indagine per motivare ulteriormente questa ipotesi. La procuratrice Orietta Canova e la sostituta procuratrice Viviana del Tedesco hanno deciso di stralciare l’aggravante, modificando il capo d’imputazione nel solo omicidio volontario. A questo punto, è stato possibile, da parte della difesa di Ilir Zyba Shehi, come previsto dal codice penale, chiedere il rito abbreviato, che consente di ottenere uno sconto di un terzo della pena. Il giudice Peloso ha deciso anche di procedere immediatamente con la discussione, trovando l’accordo di pm e avvocati nel chiudere il procedimento in tempi brevi. È così che, con l’imputato presente in aula, arrivato scortto dalla polizia penitenziaria e i suoi famigliari più stretti davanti alla porta chiusa dell’aula per le udienze preliminari del tribunale roveretano si è arrivati ieri mattina, a un anno dal delitto, inaspettatamente, alla sentenza.
In aula il legale di parte civile, l’avvocato Nicola Canestrini, che rappresentava il figlio di Mara Fait, Lorenzo Giori, e la madre di lei, ha argomentato che potesse sussistere l’aggravante della «minorata difesa» della donna, dovuta principalmente al fatto che al momento del delitto era in compagnia dell’anziana madre, non autosufficiente. La pm Viviana del Tedesco ha infine chiesto che all’omicida dell’ex infermiera fosse inflitta una pena di 13 anni e tre mesi di reclusione, la parte civile ha chiesto 100 mila euro a testa per i parenti prossimi di Mara Fait. Il giudice Peloso, con motivazioni che saranno rese pubbliche nel dettaglio al deposito della sentenza, stabilito entro i primi di settembre, ha infine comminato una pena inferiore a quella richiesta dalla Pm, di 12 anni appunto concedendo un’attenuante generica all’uomo, e stabilito la espulsione dall’Italia di Shehi una volta scontata la pena. A questo punto, dal deposito della sentenza si apre il periodo previsto per l’eventuale richiesta di appello: per la riforma Cartabia, se la difesa di Ilir Zyba Shehi non presenterà ricorso, l’uomo potrà godere di uno sconto automatico di un sesto della pena a cui è stato condannato.