Indagini e tribunale

mercoledì 9 Agosto, 2023

Delitto di Rovereto, l’omicida: «Perché sono in cella? Ditemi cos’ho fatto, io non ricordo»

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Incredulo il 37enne. Ha chiesto della moglie, con cui sabato era stato a fare la spesa

Come un anno fa si è trovato in cella, nel carcere di Spini di Gardolo, questa volta però senza capire perché. Chukwuka Nweke lo ha chiesto a chi ha incontrato di spiegargli la ragione che lo aveva rispedito dietro le sbarre. «Ditemi perché mi trovo qui, cosa ho fatto? Io non so cosa sia accaduto, non ricordo…» avrebbe detto, mostrandosi molto disorientato e poco lucido. Quando ha saputo di aver ucciso una donna, la pensionata roveretana Iris Setti, picchiandola a sangue sabato sera nel parco Nicolajewka della città della Quercia, il 37enne di origini nigeriane avrebbe mostrato stupore e incredulità e al contempo una certa difficoltà di elaborazione. Incapacità di comprendere davvero la gravità di quanto commesso, del delitto consumato. Forse anche perché ancora in parte sotto gli effetti della sedazione che gli era stata praticata sabato sera, quando è apparso «come indemoniato, in balia di un delirio» agli investigatori che hanno faticato non poco ad arrestarlo mentre era in fuga, con le mani sporche di sangue, tanto da usare ripetutamente il taser, la pistola elettrica, e da legarlo mani e piedi. E, appunto, sedarlo.

Muro di silenzio davanti al gip
Ieri mattina l’omicida si è trincerato dietro un muro di silenzio quando è comparso davanti al giudice per le indagini preliminari Consuelo Pasquali, assistito dall’avvocato Claudio Malfer, a cui nel frattempo è subentrato un collega, questa volta di fiducia. Il detenuto ha scelto infatti di fare scena muta all’interrogatorio, di avvalersi della facoltà di non rispondere. Una scelta, questa, dovuta anche alle sue condizioni, allo stato di completo disorientamento in cui si troverebbe, senza memoria del grave fatto di sangue di cui si è macchiato, almeno secondo la sua versione. Di certo c’è che il giudice ha convalidato il suo arresto per omicidio volontario aggravato e per rapina e ha disposto che continui a rimanere in carcere a Trento. Da parte del suo difensore, al momento, non c’è stata alcuna richiesta di misura alternativa.
«Voglio parlare con mia moglie»

Nweke Chukwuka avrebbe chiesto della moglie, di poterci parlare al telefono e una richiesta in tal senso potrebbe essere avanzata quanto prima dal suo legale visto che non ci sono state prescrizioni da parte del giudice, nella sua ordinanza. In seguito potrebbe essere inoltrata anche richiesta di colloqui in carcere. A detta della donna i rapporti con il papà dei suoi figli erano buoni. «L’ho visto anche sabato pomeriggio, siamo andati a fare la spesa, mi sembrava tranquillo» la versione della donna che si è preoccupata di contattare l’avvocato nominato di fiducia che già in passato aveva assistito il compagno nei procedimenti penali. Ma, a quanto pare, qualche campanello di allarme, di pericolo, di recente c’era stato. E i familiari li avevano colti. «Nell’ultimo periodo mio marito aveva mostrato segnali di aggressività, c’erano stati alcuni episodi» quanto avrebbe riferito la donna che da oltre un anno è ospite, assieme ai due figli minorenni, di una struttura protetta. Una soluzione abitativa che sarebbe stata individuata dall’assistente sociale dopo che la famiglia, sfrattata da un appartamento di Ala, si sarebbe trovata senza una casa. E proprio la mancata convivenza con la sua famiglia, la separazione forzata, il fatto di non riuscire a pagare un affitto e di mantenere tutti con i lavori socialmente utili, avrebbe portato l’uomo a perdere in diverse occasioni le staffe, a violare la legge, come accaduto a fine agosto 2022 quando, in balia dei fumi dell’alcol, ha aggredito un ciclista per strada e poi i carabinieri, saltando sull’auto di servizio. Finendo in arresto. L’assenza di un alloggio idoneo, il fatto che viva per strada, hanno anche portato la questura, di recente, a rigettare la sua richiesta (di marzo 2020) di permesso di soggiorno per motivi familiari. Detto che l’uomo non può essere espulso, visto che la mamma e almeno una sorella sono cittadine italiane.