L'evento
venerdì 6 Ottobre, 2023
di Gabriele Stanga
«I venti non vedono gli scogli, i buoni capitani sì. Il Trentino è una barchetta piccola ma deve decidere la propria rotta in autonomia». L o scrive nel suo nuovo libro Lorenzo Dellai, sindaco di Trento dal 1990 al 1998 e poi presidente della Provincia Autonoma per tre mandati consecutivi dal 1999 al 2012, prima di dimettersi per candidarsi alla Camera dei deputati. I venti di cui scrive l’ex governatore rappresentano i populismi, che ultimamente sembrano soffiare forte in Trentino come in tutta la penisola. Tutto esaurito (160 persone) e tanti in piedi ieri alle Gallerie di Piedicastello per la presentazione del volume intitolato «Essere comunità autonoma. Il Trentino dalle radici alle nuove vie dell’Autonomia» (ViTrenD). «Non mi aspettavo tutta questa affluenza», ammette lo stesso autore.
Quello di Dellai è un invito a riflettere sul concetto e sul valore dell’Autonomia, «in una fase in cui si fa fatica a mettere insieme l’alfa e l’omega». «Avevo il timore che fosse un libro di memorie – confessa Giuseppe Ferrandi direttore della Fondazione museo storico del Trentino, ente che ha promosso e ospitato l’evento – Invece, è un manifesto dell’Autonomia e genera molte riflessioni, anche su ciò che non sta funzionando e sulle possibili soluzioni». Simone Casalini, direttore de «il T quotidiano», ha moderato l’incontro suggerendo tre piste di analisi sul testo. La scrittura del libro, come racconta Dellai, nasce da un’urgenza, quella di recuperare il senso della comunità autonoma e delle sue due anime: «Ho dedicato questo libro a due amici che oggi non ci sono più – racconta l’autore – Carmelo Zini e Fabio Andreatta. Il primo invitava a non perdere le radici, l’altro a guardare il mondo e il Trentino dal mondo, aprendosi all’esterno. Oggi si fatica a conciliare questi due aspetti, non si recepiscono vie nuove. Io, però ho fiducia nel Trentino». Una fiducia che si traduce in un appello dell’ex presidente ai cittadini: «Votate chi vi pare ma fatelo dopo avere riflettuto – esorta Dellai – Abbiamo un grande debito verso i giovani e il dovere di coinvolgerli, sia coloro che sono nati qui che coloro che si trasferiscono. Mi appello anche ai corpi intermedi che devo essere forti e autonomi rispetto al potere. Tutto ciò sta in piedi se c’è una comunità con la schiena dritta, che rivendica il proprio ruolo e sa essere costruttrice di dialogo istituzionale». Il dibattito si sposta poi sulla crisi demografica: «Sulla demografia noto che c’è l’illusione che bastino pochi provvedimenti ad invertire la tendenza ma non è così – afferma l’ex governatore – È un processo che deriva da questioni economiche e culturali, da un mutamento di attese e aspirazioni. Si invertirà solo sul medio e lungo periodo. In questo campo, essere Comunità autonoma significa attuare una politica di welfare originale ed organica». Una battuta, poi, sulla transizione ecologica e digitale: «Ci deve essere l’obiettivo di umanizzare l’intelligenza artificiale e si dovrebbe fare un grande progetto energetico, con un piano di frontiera che coinvolga imprese e territori. Va bene la proroga delle centrali, ma occorre osare di più», ha osservato Dellai. Più critico l’approccio ai grandi asset dell’Autonomia: cooperazione, beni comuni, diritti collettivi, minoranze linguistiche. «Resistono tra mille difficoltà. Il Centro per la cooperazione internazionale è stato smantellato, l’accoglienza diffusa anche. Erano una cifra del nostro essere Autonomia».
Sulla difficile transizione del centrosinistra autonomista dopo la sua uscita di scena, Dellai ha provato a rispondere all’obiezione di non aver costruito un ricambio: «Sto espiando la colpa con una Scuola di formazione politica, Codice Sorgente, che ho contribuito a lanciare – ha esordito scherzando – Molti amici mi hanno criticato per questo, per non aver individuato un successore. Ma non ero un imperatore che abdicava scegliendosi l’alternativa e credo che i cicli della politica non si stabiliscano a tavolino. E poi le leadership vanno affrontate anche in riferimento alla costruzione di una comunità politica». Tra le sconfitte dell’ex governatore forse va annoverata quella delle Comunità di valle, progetto ambizioso mai decollato realmente: «Più che una sconfitta la definirei un’incompiuta. Forse siamo stati troppo lenti nella fase di attuazione, ma – come tante altre misure – è un seminagione che può ancora germoliare».
Maria Prodi, dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo del Primiero, ha puntato l’attenzione «sulle buone pratiche trentine che finivano a Roma. Il Trentino è stato a lungo guardato con ammirazione da chi non vive e opera qui» ha osservato. Gianfranco Postal, ex dirigente generale della Provincia, ha sottolineato la «diversità» e l’«essere laboratorio», presupposti dell’Autonomia. «Se non esercitiamo la nostra ampia capacità legislativa e le nostre prerogative rischiamo di diventare una succursale dei ministeri». Infine Antonio Schizzerotto, professore emerito di Sociologia generale, ha affrontato le questioni delle disuguaglianze e dell’ereditarietà sociale: «Ho la sensazione che le disuguaglianze stiano crescendo anche in provincia, ma è finita la stagione in cui si misurava l’impatto delle politiche. Reddito di Garanzia e borse di studio 5b sono state un’intuzione in anticipo sui tempi, ma poi abbandonate». La chiusura è stata del sindaco di Trento Ianeselli: «Con due amici ho fondato il President Dellai Society – ha rivelato sorridendo -, credo che quella di Dellai sia stata una stagione di grande ispirazione per tutti».