La sentenza
martedì 19 Settembre, 2023
di Benedetta Centin
Delle diciassette contestazioni disciplinari che l’azienda sanitaria provinciale ha formalizzato al dottor Saverio Tateo, quando lo ha licenziato (era ottobre 2021), solo dieci erano relative «per intero o parzialmente a fatti specifici, sussistenti e disciplinarmente rilevanti». Ma il giudice del lavoro ha sentenziato che di questi i più, e cioè otto, erano addebiti tardivi, «contestati con modalità temporali difformi al principio di tempestività e quindi, inidonei a concorrere alla giustificazione del licenziamento» dell’allora direttore dell’unità operativa di ginecologia e ostetricia del Santa Chiara. E gli unici due rilievi fatti a tempo debito, «contestati tempestivamente», come evidenzia il presidente del tribunale Luciano Spina, «non sono, di per sé soli, idonei a perfezionare una giusta causa di licenziamento». Tutte le restanti contestazioni invece, per il giudice del lavoro Giorgio Flaim, sono relative a fatti in parte o del tutto generici. Da accantonare a loro volta. È il caso di chi ha detto di aver assistito «a tanti micro episodi in cui c’è un atteggiamento di attacco alla persona che tende a sminuire l’operato del singolo», non senza urla da parte dell’allora primario Tateo. Ma «manca l’indicazione delle circostanze in cui sarebbero consistiti i micro episodi» scrive il giudice. Generica anche la descrizione che Tateo avrebbe «preso di mira uno o più professionisti per ragioni futili, sempre con modalità fortemente discutibili». Anche qui il giudice spiega che «non è possibile accertare i fatti e valutarne la loro rilevanza disciplinare».
Solo «due gli addebiti rilevanti»
Nelle motivazioni (270 pagine) viene dato spazio in particolare ai due addebiti considerati «disciplinarmente rilevanti» e cioè quello relativo all’affidamento (a un non medico) della «redazione della segnalazione di rischio clinico» dopo un intervento e dell’«aver ignorato un medico in una riunione di reparto» a dicembre 2018 e di aver «iniziato ad urlare sul corridoio e a qualificare come incompetenti le infermiere», sollecitando poi una paziente «a presentare una doglianza scritta». Condotte «difformi a elementari regole di ordinaria convivenza in un ambiente di lavoro, quali correttezza e collaborazione, e dotate di offensività in pregiudizio alla dignità nella dimensione professionale» scrive Flaim. Condotte riconosciute come illecito ma per le quali comunque «l’azienda datrice non poteva irrogare il licenziamento». Potevano scattare le sanzioni meno afflittive come la censura che prevede una multa da 200 a 500 euro, ma non c’era «presupposto giustificativo al licenziamento» per il tribunale che considera anche «l’eterogeneità degli addebiti, l’assenza di un contesto temporale ravvicinato e il difetto di recidiva, stante la mancanza di precedenti disciplinari accertati e sanzionati».
«Trasferito e demansionato»
Quanto poi al reintegro del professionista che ha vinto la causa di lavoro contro l’Apss e che potrà tornare, come disposto dal tribunale, da direttore dell’unità operativa di ginecologia e ostetricia del Santa Chiara, il presidente Spina precisa che «il giudice ha ritenuto illegittimo il trasferimento del ricorrente, pur sussistendo una situazione di incompatibilità ambientale» visto che l’assegnazione a Pergine «ha comportato mansioni inferiori a quelle proprie dell’inquadramento». Nello specifico Flaim chiarisce che con il trasferimento «muta il luogo della prestazione del lavoratore» e proprio «il potere di trasferire non legittima il datore di lavoro ad assegnare al lavoratore mansioni appartenenti a inquadramenti inferiori» scrive il giudice. Allora, dopo che era scoppiato il caso della ginecologa Sara Pedri, la commissione istituita, per motivare il trasferimento, aveva parlato di «clima interno estremamente critico, caratterizzato da forte stress, frustrazione ed elevati livelli di ansia» in reparto, tra «molti dei suoi collaboratori». E ci fu anche una riunione chiesta da alcuni dirigenti medici, con coinvolto anche l’ordine (era giugno 2019), con i vertici dell’azienda. Ma per il tribunale «l’azienda aveva ritenuto i fatti disciplinarmente irrilevanti, o quanto meno compatibili con la prosecuzione del suo rapporto di lavoro o aveva rinunciato di agire in via disciplinare». E la conferma, per Flaim, si ebbe quando «l’azienda rinnovò per ulteriori cinque anni, da giugno 2021, l’incarico al dottor Tateo». Che ha anche ottenuto valutazione positiva dal collegio tecnico, che ha ritenuto il professionista capace di «collaborazione interna», di «motivare, guidare e valutare i collaboratori e di generare un clima organizzativo favorevole». E poi «annualmente aveva ricevuto giudizi positivi da parte dei nucleo di valutazione».
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