la storia
venerdì 18 Aprile, 2025
Di corsa per 161 chilometri, l’impresa a Venezia (in 24 ore) di Omar Franceschetti. «Sogno queste gare anche in Trentino»
di Valerio Amadei
L'arbitro giudicariese ha vinto il titolo italiano. «Il segreto? macinare chilometri anche nei momenti di riposo, magari proprio camminando a un passo più moderato»

Un titolo italiano è sempre qualcosa di speciale, se per centrarlo occorre poi percorrere qualcosa come 161 chilometri di corsa il tricolore assume contorni davvero straordinari. Protagonista dell’impresa, il 30enne giudicariese originario di Cologna (frazione di Pieve di Bono-Prezzo, in Valle del Chiese) Omar Franceschetti, portacolori dell’Atletica Valchiese. Nella Ultramarathon Venice, gara valida per il Campionato Assoluto e Master di 24 ore su strada tenutasi a Venezia tra sabato e domenica, Franceschetti – noto nel mondo dello sport trentino anche per il ruolo di arbitro nei massimi campionati regionali di calcio e futsal – si è classificato 18° nella classifica assoluta, ottenendo il primo posto nella categoria Senior. Il tutto dopo un weekend decisamente impegnativo.
Raggiungere 161 chilometri al termine di questo tipo di gara è sicuramente un traguardo notevole, specialmente se consideriamo il suo altro impegno di arbitro: aveva già provato corse simili?
«Prima di cimentarmi in questa 24 ore di Venezia, mi ero messo precedentemente alla prova un mese prima con la 100 chilometri di Torino dove, sin da subito, ho avuto ottime sensazioni su un circuito abbastanza simile. Questo mi ha convinto a poter alzare ulteriormente l’asticella».
Come ci si prepara a questo tipo di eventi?
«La mia preparazione per questo tipo di eventi è nata parecchi anni fa: ho sempre avuto l’indole di fare sforzi fisici, di lavorare sulle gambe e di passare tante ore in piedi all’aria aperta e, anche come modo per sfogarsi nel tempo libero, ho deciso di sfidare me stesso iniziando a gareggiare. Dopo diverse corse svolte su territori di montagna, anche grazie ai consigli di conoscenti, ho deciso di spostarmi su circuiti stradali e mi sono adattato in maniera ottimale sia dal punto di vista prettamente tecnico con una superficie per me inedita, sia dal punto di vista dell’ambiente esterno. Facendo l’esempio della gara di Torino, sono stato particolarmente colpito dal clima familiare e allegro che mi ha avvolto, nonostante in quel momento io non conoscessi nessuno sin da subito mi sono sentito accolto e ho notato uno spirito competitivo completamente inedito, nel quale il sostegno reciproco tra avversari è più importante dell’autocompiacimento per la vittoria».
Qualche giorno dopo la gara prevale la soddisfazione per il risultato ottenuto o subentra qualche senso di rimpianto?
«In generale mi sentivo nettamente più soddisfatto dopo la prima gara di Torino; per quanto riguarda questa 24 ore ho ancora oggi la sensazione che potevo raggiungere un chilometraggio ancora superiore. Tutto sommato, però, ritengo questa esperienza particolarmente formativa, perché è un ulteriore piccolo tassello che mi aiuterà a migliorare nelle prossime occasioni. Reputo me stesso una persona con ambizioni alte e lavorerò per raggiungerle».
Quali sono state invece le difficoltà maggiori nel prepararsi dal punto mentale e dal punto di vista fisico?
«È stata sicuramente una gara stimolante anche a livello mentale, e penso di aver avuto la grande fortuna di poter sentire tanti amici e compagni di squadra che mi hanno aiutato al telefono a tenere la testa libera nei momenti della gara in cui camminavo per recuperare energie. In gare di questo tipo, nelle quali l’obiettivo finale è aver percorso più chilometri possibili, è fondamentale macinare chilometri anche nei momenti di riposo, magari proprio camminando a un passo più moderato. Dal punto di vista fisico ammetto di aver avvertito la stanchezza soprattutto nelle ore notturne dopo oltre metà gara, ma ho potuto contare sul servizio massaggio che gli organizzatori della gara hanno messo a disposizione di noi atleti».
Quali sono gli elementi positivi che si porta via da questa esperienza, e più in generale da queste due prime gare su strada?
«Voglio sottolineare nuovamente questo clima di festa, di famiglia e di unione che si è creato sin da subito con persone che, fino a poche ore prima dell’evento, non avevo mai incontrato: mentre noi eravamo impegnati nella gara, fuori dal circuito si respirava un’aria davvero serena con musica, durata per tutta la gara, e tanta gente super disponibile pronta a darci la carica e a sostenerci. Spero fortemente in futuro ci sia l’opportunità di estendere queste competizioni anche in Trentino, perché è un peccato che un territorio come il nostro non si apra a questo genere di eventi. Personalmente, invece, sono contento di essermi messo alla prova in una gara di questa durata e di questa difficoltà, e sono soddisfatto della mia tenuta mentale perché uno sforzo fisico costante per così tante ore è sicuramente estenuante da svolgere».
Pensa quindi di voler proseguire questo percorso appena iniziato?
«Assolutamente, a fine mese parteciperò alla storica 50 chilometri di Romagna, territorio con un forte legame con questo tipo di gare su strada. Successivamente immagino di tornare a fare qualche corsa in montagna, ma già da settembre mi auguro di tornare a svolgere una gara 24 ore per ottenere risultati ancora migliori. E poi chissà, non escludo nulla e sarei anche interessato in futuro a provare gare internazionali dalla durata ancora più larga. Colgo inoltre l’occasione infine per ringraziare moltissimo la mia società, l’Atletica Valchiese, a cui sono grato per l’enorme supporto e la vicinanza senza la quale non sarei riuscito ad ottenere questo tipo di risultato nella competizione di Venezia».