Il confronto

sabato 5 Agosto, 2023

Dibattito sul futuro della Trentino Music Arena: «Area troppo grande, serve programmazione e carattere europeo»

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Quattro voci di professionisti del settore culturale e musicale trentino riflettono sulle difficoltà e le opportunità dell'area di Trento Sud

La storia della Trentino Music Arena si trova ad un bivio: può diventare un luogo importante per Trento e per tutta la provincia, fruibile tutto l’anno e casa di eventi importanti capaci di portare indotto economico, ma anche di lasciare un profondo segno culturale sul territorio, oppure può trasformarsi in un buco nero in cui gettare risorse, senza raggiungere i risultati sperati, per poi alzare bandiera bianca. Già ora i costi maturati per l’area sono importanti: dopo il concerto di Vasco Rossi tra eventi e allestimento area erano stati quantificati in circa 7 milioni di euro. Allora a compensare l’esborso pubblico c’era stato l’indotto del grande evento, calcolato dalla Provincia in circa 40 milioni di euro. Prima degli eventi di luglio la Provincia aveva stanziato 630mila euro per interventi strutturali sull’area tra cui la nuova recinzione metallica che separa la zona concerti dall’areale ferroviario. Successivamente altri 500mila euro sono stati investiti per l’organizzazione degli eventi estivi e per ulteriori apprestamenti. Le tre date di luglio però hanno avuto un risultato al di sotto delle aspettative e i nomi di cui si parla per agosto non scaldano gli animi. La Provincia sarebbe al lavoro per un rilancio a settembre, con artisti considerati di livello più alto (i nomi circolati sono quelli di Lazza, Mr. Rain e Articolo 31). Il problema di fondo rimane quello di un’area concerti dalle dimensioni sproporzionate. Simili alla Trentino Music Arena, per capienza, in Italia ci sono solo gli stadi e la Rcf Arena di Reggio Emilia (Campovolo) che ha dalla sua parte però una situazione logistica migliore e una posizione che la pone come bacino di utenza per una fetta più ampia di persone. I bandi di gestione andati deserti testimoniano le perplessità dei professionisti del settore rispetto alle potenzialità dell’arena trentina. L’investimento però ormai è stato fatto, rinunciare potrebbe essere allora un danno ancora peggiore di continuare a insistere. Serve però una visione di più ampio respiro per l’area. Capace di immaginarne l’utilizzo durante tutto l’anno e comprendere quali sono le potenzialità che può esprimere, invece di concentrarsi sulle criticità. In questa pagina abbiamo chiesto ad alcuni professionisti del settore che operano in Trentino le loro opinioni. Spunti da cui fare germogliare un futuro sostenibile per la Trentino Music Arena.

Luca Bocchio
«Non basta metterci i soldi per riempire un posto. Serve programmazione». Lo sa bene Luca Bocchio, uno degli organizzatori di Poplar che ha appena annunciato le date della nuova edizione in calendario dal 14 al 17 di settembre. Giorni a cui i ragazzi e le ragazze dell’associazione Entropia lavorano dallo scorso ottobre. «Organizzare un festival è un lavoro culturale prima ancora che imprenditoriale – dice Bocchio – Bisogna costruire un significato e una narrativa dell’evento e poi essere capaci di comunicarli tanto al pubblico, quanto agli artisti che si vuole invitare». Se il Trentino vuole guardare ai festival questa è la strada, ma non è facile. «Se è difficile organizzare un concertone a tavolino, per un festival lo è ancora di più. Perché è un evento più carico di significato». Per questo secondo Bocchio è fondamentale la programmazione. «Bisogna arrivare al punto in cui si lavora in funzione del proprio pubblico e non di quello dell’artista del momento. La fiducia costruita negli anni con Poplar, ci permette ora di vendere gli abbonamenti alle date prima ancora che si conosca la line-up». Anche l’area però, secondo Bocchio, va ripensata. «Non si può pensare di fare 100mila persone come a Campovolo. Campovolo funziona perché è comodo, ma le persone non scelgono il Trentino perché è comodo, lo scelgono perché è bello. Bisogna rifunzionalizzare l’arena e renderla fruibile per 20/30mila persone. Lavorare con l’ambizione di realizzare un festival dalle dimensioni del Mi Ami di Milano un giorno. Ma procedendo passo passo. Per riuscirci quell’area va resa viva tutto l’anno. Servono alberi, spazi vivibili, serve bellezza. Anche per noi sarebbe più facile montare il palco del Poplar a San Severino ma andiamo al Doss Trento perché è un luogo bello. Bisogna rendere l’area un parco pubblico, un luogo familiare alle persone, frequentato quotidianamente e dove poi si fanno grandi eventi. La sua frubilità durante l’anno diventa così sintomo dell’interesse che le persone avranno per quello che ci verrà organizzato».

Serena Tomasi e Marco Rosi
Il primo problema è proprio lo spazio. «Troppo grande». Lo dicono in coro Serena Tomasi, attuale gestrice della Bookique, e Marco Rosi ex socio e animatore delle serate di Trento. Nell’analizzare l’affaire Trentino Music Arena, qualunque ragionamento parte dalla sua grandezza. Tomasi cerca di guardare al lato positivo: «Sicuramente a Trento mancava un’arena vicino alla città dove fare musica, quindi ben venga. Ma ora la Provincia lasci spazio a chi vuole fare musica». Gli spazi vanno ripensati. «Serve una progettualità seria e umiltà nel capire che uno spazio da 120mila persone è assolutamente sproporzionato – dice Serena Tomasi – L’arena sicuramente va ridimensionata. Anche con 30mila persone si riesce ad accogliere artisti nazionali e internazionali di valore». «Andrebbe rimodulata sulle potenzialità della città invece che calando dall’alto eventi estemporanei – le fa eco Marco Rosi – Ci vuole un’area da meno spettatori, ma che sia più funzionale e che non sembri vuota quando ci sono 500/1000 persone». L’altro tema fondamentale per far funzionare l’area è la connessione con il territorio. «Mi augurerei che un centro del genere possa non lavorare avulso dal contesto trentino ma collaborare con le realtà del territorio che tutto l’anno sono impegnate per promuovere cultura e musica sul territorio – dice Serena Tomasi – Solo così lo renderemo vivo e attrattivo per eventi grandi e piccoli, solo così sarà un’opportunità per il Trentino». «È fondamentale aprire un dialogo con i privati e le associazioni culturali del territorio per raccogliere le proposte per animare quell’area – conclude Rosi – Potenziare l’industria culturale del territorio magari arrivando insieme a livelli più alti. È doveroso che poco a poco Provincia e Comune facciano un passo indietro e si facciano avanti i privati».

Gianluca Taraborelli
Secondo Gianluca Taraborelli, organizzatore di tanti eventi culturali sul territorio tra cui il più recente è stato Sete Festival a Rovereto, uno dei problemi è che è mancata la continuità sull’area. «Dopo il concerto di Vasco è rimasta praticamente inutilizzata fino a questa estate – dice – Si è perso qualunque slancio». Guardando avanti a livello strutturale serve un progetto che renda l’area modulabile. «Penso a strutture mobili, capaci di cambiare l’aspetto della zona a seconda degli eventi. Permettendo di realizzare appuntamenti più piccoli senza che si abbia la sensazione di essere in pochi in mezzo al deserto, ma pronta ad aprirsi e ad accogliere decine di migliaia di persone per gli eventi più importanti». Sulla proposta musicale poi Taraborelli, che di palchi con l’alias di Johnny Mox ne ha calcati tanti, pensa che Trento dovrebbe puntare a un respiro più internazionale. «La cosa bella è che la Trentino Musica Arena potrebbe dare un carattere più europeo a Trento. Con i giusti nomi internazionali si riuscirebbero a richiamare fan dei cantanti e delle band anche dall’Austria e dalla Germania, paesi in cui le persone sono già abituate a venire in Trentino in vacanze e potrebbero essere interessate a farlo anche per la musica». Rolling Stones, Arctic Monkeys, band dall’Inghilterra e dall’America a questo pensa Taraborelli. Una soluzione che permetterebbe di risolvere il problema della concorrenza delle altre arene del Nordest, aprendosi ad un nuovo bacino di utenza. Potrebbe anche essere il giusto compromesso ambientale sui grandi eventi. «In passato appuntamenti come Jovanotti a Plan de Corones o simili avevano suscitato aspre polemiche. Trento potrebbe essere il giusto compromesso, offrendo grandi concerti in un contesto alpino, ma in un’area già antropizzata». Ma una città delle dimensioni di Trento può essere capace di attrarre questi nomi internazionali?
«È difficile, ma non impossibile – dice Taraborelli – Altre città ce l’hanno fatta, penso al Lucca Summer Fest. Serve pazienza però, non si possono saltare le tappe».

Michele Vicentini
Michele Vicentini assieme alla sua band, i Bastard Sons of Dioniso, di palchi in giro per l’Italia ne ha calcati molti. Ma grandi quanto quello della Trentino Music Arena davvero pochi e questo, dice, è parte del problema. «Non ho una soluzione precisa – dice Vicentini – Faccio fatica a capire quale sia il piano della Provincia. Di certo per Trento è un’area esagerata, ma pure in generale. Sono pochi gli artisti che la possono usare. Ora c’è il pubblico che sta investendo, ma può andare avanti così? Forse no». E allora secondo Vicentini bisogna lavorare per portare in Trentino un privato capace di valorizzare l’area. «Senza nulla togliere alle agenzie del territorio che sono molto brave nell’organizzare gli appuntamenti trentini, qui serve qualcuno che abbia l’esperienza nel gestire grandi eventi e i contatti per portare qui nomi importanti». La Provincia ci aveva provato, ma i bandi di gestione sono andati deserti e anche le interlocuzioni dirette, con le grandi agenzie nazionali, non hanno portato i risultati sperati. «Bisogna capire per quale motivo è andata così – dice Vicentini – Comprendere e poi lavorare per rimuovere quegli ostacoli che, secondo i privati, non rendono attrattiva l’area al momento». Anche secondo Vicentini, l’area ha bisogno di altri interventi. «Così è impossibile organizzare eventi di medie dimensioni. Un’artista potrebbe portare 30mila persone e sembrerebbe un fallimento perché al colpo d’occhio lo spazio sembrerebbe vuoto». Una strategia si potrebbe copiare da altri festival in giro per l’Europa. «Penso al Rock im Park di Norimberga, un’area molto vasta, ma che viene arricchita di stand, attrazioni e tanto altro, quindi alla fine si riempie anche indipendentemente dalla folla sotto il palco». Il problema dell’area attuale si riflette anche su quanto successo nelle date di luglio. «Rispetto ai numeri che si fanno di solito a Trento, quelli comunicati al termine della Trentino Love Fest dagli organizzatori sono ottimi. Era la conformazione dell’arena a dare un colpo d’occhio negativo».