Ambiente
giovedì 13 Luglio, 2023
di Francesca Dalrì
Dopo il Comitato di difesa del torrente Vanoi e delle acque dolci, i sindaci di Canal San Bovo e Castel Tesino (l’invaso occuperebbe per il 98% territorio trentino) e la Provincia di Trento (per bocca prima di Mario Tonina e poi di Maurizio Fugatti), a prendere posizione contro il progetto veneto di realizzazione della diga del Vanoi ora è anche la sezione trentina di Italia nostra, l’associazione nazionale per la tutela del patrimonio storico, artistico e naturale. Che parte da una considerazione: «Non sembrano sufficienti le rassicurazioni pervenute da alti esponenti della Giunta provinciale di Trento» e «si reputa che siano necessari passaggi istituzionali tesi a difendere i diritti specifici della autonomia provinciale nella gestione del territorio».
Per essere realizzata, l’opera (alta 120 metri e con una capacità di invaso pari a 33 milioni di metri cubi d’acqua) richiederebbe 245 mila metri cubi di cemento e ben 150 milioni di euro. Lo sbarramento è previsto in Veneto, mentre l’invaso sarà in Trentino. A preoccupare l’associazione ambientalista sono almeno quattro aspetti.
I rischi idrogeologici
Primo: «La progettazione fin qui utilizzata per affidare l’incarico del progetto esecutivo sembra essere priva di indagini aggiornate sul profilo geologico».
Gli ambientalisti fanno notare come entrambi i versanti (Canal San Bovo e Cinte Tesino) siano classificati nella zona rossa di rischio geologico della Provincia.
«Già nel 2010 – ricorda Italia nostra – una frana di grandi dimensioni era caduta in Val Cordella, interessando la vecchia strada e sconvolgendo gli equilibri già precari del versante. Dopo Vaia i rischi sono aumentati, si contano a decine le frane diffuse sui versanti».
Un luogo unico in Trentino
Secondo: il Vanoi è uno dei pochi corsi d’acqua di tutte le Alpi ad oggi ancora non regimati ed è un unicum in Trentino essendo l’unico luogo in tutta la provincia dove avviene la riproduzione naturale della trota marmorata, una specie a rischio estinzione. Per non parlare della Val Cortella, attraversata oggi dal torrente, che, qualora l’opera venisse realizzata, verrebbe sommersa da 33 milioni di metri cubi di acqua. Ciononostante, ad oggi «non si trova traccia di un solo passaggio sulle valenze naturalistiche e paesaggistiche della valle e dei corsi d’acqua interessati, specie nel territorio del Vanoi ancora relativamente integro». «Dal punto di vista identitario e paesaggistico – spiega ancora l’associazione nelle sue osservazioni – l’eventuale costruzione della diga romperebbe l’incantesimo di una vallata miracolosamente ancora integra e sconvolgerebbe delicati equilibri naturalistici, storici, culturali».
I rischi sanitari
Terzo: ci sono poi i rischi sanitari per la popolazione locale. Nonostante la diga sia già stata ammessa a finanziamento a valere sul Pnrr e nonostante il Consorzio di bonifica Brenta (il braccio operativo in questa partita) abbia già affidato l’incarico da 1,17 milioni di euro per la progettazione definitiva dell’opera, manca ancora uno studio sui rischi sanitari. «Eppure – spiega Italia nostra – è risaputo che buona parte del territorio interessato dai lavori sia ricco di rocce silicee: in caso di movimentazioni dei terreni, i problemi di salute degli abitanti esploderebbero, anche nel lungo periodo».
L’impatto sul clima
Quarto e ultimo punto: l’opera rischia di modificare il microclima dell’intera vallata. Un aspetto ancora più grave se inserito nella più ampia cornice dei cambiamenti climatici in atto. «Nel progetto – scrive Italia nostra – non si trovano risposte a questi temi se non la riedizione dei vecchi studi del 1959 che già allora evidenziavano problemi da non sottostimare». Sì, perché di progetti per costruire un grande invaso artificiale nel Vanoi, negli anni ne sono stati redatti ben quattro: nel 1922, nel 1959, nel 1985 e nel 1998. Progetti ad oggi tutti bocciati. A questo punto, conclude l’associazione, non resta che accantonare il progetto. «Prima di proporre infrastrutturazioni pesanti su un territorio fragile come quello del Vanoi, si ritiene opportuno che la Regione Veneto sostenga una riflessione in casa sua su come viene gestita la risorsa idrica». Il progetto è motivato infatti soprattutto per garantire l’irrigazione di un vasto territorio delle province di Vicenza, Padova e Venezia. «Se i problemi dell’irrigazione delle aree del Brenta sono reali, si devono proporre soluzioni dapprima basate sul dovuto risparmio della risorsa irrigua». E ancora: «Simili risposte vengono fornite solo da una valutazione d’impatto ambientale partecipata e fra le opzioni possibili va valutata anche l’opzione zero».