salute

sabato 9 Dicembre, 2023

Discriminazione di genere anche in medicina, l’oncologo Garattini: «Gli studi su nuovi farmaci vengono effettuati su campioni maschi»

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In campo farmacologico, il ciclo mestruale delle donne sarebbe ritenuto un elemento di «disturbo» che può comportare degli effetti imprevisti nei test

La discriminazione di genere esiste anche in medicina. Di questo ha parlato, a Palazzo Geremia, Silvio Garattini (nella foto ©Federico Nardelli), fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e autore, insieme a Rita Banzi, del libro «Una medicina che penalizza le donne. Le prove di una scomoda verità e alcune proposte di soluzione». Donne e uomini si ammalano diversamente, a causa di differenze strutturali, fisiologiche e ormonali. «È vero che ci sono malattie tipicamente maschili, ma ci sono malattie sia femminili che maschili» ha esordito il professore. «Quando si studia un nuovo farmaco si utilizza in vitro sulle cellule, ma le cellule maschili sono differenti da quelle femminili: i neuroni maschili sono più sensibili allo stress e più reattivi all’ossigeno, mentre i neuroni femminili sono più sensibili agli stimoli che programmano la morte cellulare» ha sostenuto Garattini. Differenze ignorate tuttavia dalla maggior parte degli studi medici, condotti prevalentemente su campioni di individui maschi, con un’unica eccezione. «Eccetto la linea di studi sulla riproduzione, la stragrande maggioranza degli studi avviene sui maschi, perché le femmine hanno il ciclo», un elemento di «disturbo» che può comportare degli effetti imprevisti per lo studio.
Rilevanti infatti le differenze a livello ormonale. «Nel maschio predomina il testosterone, nella femmina ci sono periodi di pre menopausa e post menopausa, in cui cambia molto il sistema ormonale e cambiano completamente gli estrogeni, con conseguenze importanti sul metabolismo» ha proseguito Garattini. «Su 137 metabolidi, 102 sono differenti tra maschi e femmine: le donne hanno maggior sensibilità all’insulina». Molte differenze sono inoltre presenti nel microbioma, che influisce in modo differente, nei maschi e nelle femmine, sull’efficacia dei farmaci. «Solo un terzo dei soggetti reclutati negli studi cardiovascolari sono donne, non ne abbiamo a sufficienza. Solo il 31% degli studi analizza le differenze di sesso» ha spiegato Garattini, che ha aggiunto: «Anche gli studi sugli animali sono prevalentemente sui maschi». Per quanto riguarda gli studi di fase 3, «in 628 studi, il 7% non riporta neanche il sesso dei partecipanti».
Un modus operandi che genera una percezione distorta anche riguardo alle differenze di genere nella prevalenza, durata e negli esiti delle diverse patologie. «Vogliamo una medicina personalizzata, ma non facciamo la cosa più importante: personalizzarla in base al sesso» ha sottolineato il farmacologo. «Le risposte immunitarie sono più alte nelle femmine» ha spiegato ad esempio l’autore. Diversa anche la risposta ai farmaci in base a fattori come peso, superficie corporea, tessuto adiposo e ph gastrico. Se il paracetamolo viene metabolizzato di più dai soggetti maschili, il verapamil viene eliminato più lentamente nei soggetti femminili. Motivo per cui «non basta avere lo stesso numero di maschi e di femmine, perché ci sono diversi fattori, dovremmo registrare sintomatologie diverse nello studio tra maschi e femmine e non sapremmo quando chiuderlo». Ciò anche per prevenire gli effetti tossici dei farmaci, più frequenti sulle donne. «Dovremmo avere due protocolli distinti, uno per la donna e uno per l’uomo, ma questo l’industria non vuole farlo» ha proposto Garattini, che sta diffondendo i dati raccolti nel libro nei circoli femminili. «Le donne potrebbero fare causa a chi prescrive farmaci non adatti a loro»”.