l'analisi
domenica 17 Novembre, 2024
di Simone Casciano
La dispersione scolastica è un fenomeno contro cui agire in maniera olistica e attenta «perché l’insuccesso scolastico significa generare cittadini e cittadine che in futuro non avranno risorse adeguate per partecipare alla vita civile, sociale ed economica della collettivà – spiega Giuseppe Rizza – E questo è un problema». Il nuovo sovrintendente scolastico del Trentino sarà ospite di un dibattito sul tema della dispersione scolastica, organizzato da Confindustria (in collaborazione con Brianza Solidale) nella sua sede di via Degasperi, in calendario martedì 19 novembre dalle 9 e moderato dal direttore del «T» Simone Casalini. I numeri del Trentino sono migliori di quelli nazionali, ma questo non significa che ci si può sedere sugli allori, anche perché a preoccupare sono altri due fenomeni: neet e dispersione scolastica implicita.
I dati
I numeri più recenti del fenomeno in Trentino fotografano la dispersione scolastica, ossia l’abbandono precoce dal percorso di studi, come in calo rispetto al picco raggiunto subito dopo il Covid nel 2021. Allora era pari all’8,8%, il dato 2023 è dell’8,2%, in crescita però rispetto al 7,3% del 2022. Il Trentino si trova comunque sotto la media europea (9,8%) e anche quella italiana che, nonostante sia in calo, è ancora in doppia cifra al 10,5%. Il quadro non è completo così, per comprendere il fenomeno va poi aggiunto che i «Neet», giovani che non studiano e non lavoro, in Trentino sono il 9,7% del totale, dato sceso per la prima volta in singola cifra e inferiore a quello italiano (16,1%) e europeo (11,3%). C’è poi un altro fenomeno, più subdolo ma altrettanto problematico, su cui il sistema scolastico trentino sta ponendo attenzione: la dispersione scolastica implicita. «Un termine con cui indichiamo quegli studenti e quelle studentesse che completano il loro percorso di studi, conseguendo il diploma di scuola secondaria di secondo grado ma con competenze di base attese al massimo al termine del primo biennio (se non alla fine del primo ciclo)». Questo dato, rilevato attraverso le prove Invalsi, in Trentino è pari al 6,8%, il più basso d’Italia, ma quello della dispersione scolastica implicita resta un fenomeno preoccupante per le carenze che si vanno a stratificare nel percorso di studi di ragazzi e ragazze. «Se confrontiamo le competenze (linguistiche/matematiche) medie dei nostri laureati – spiega Rizza – Notiamo che sono al livello di quelle della scuola secondaria superiore in Giappone e solo leggermente più alte di quelle dello stesso gruppo in Olanda. Tutto questo è collegato anche agli alti livelli di sperequazione tra domanda e offerta di competenze. È il fenomeno sia della scarsa domanda di competenze in certi settori, sia della mancata corrispondenza tra domanda e offerta di competenze».
I rimedi
Se la situazione quindi in Trentino è migliore che altrove contrastare il fenomeno, in tutte le sue tre declinazioni, rimane una priorità. «Per comprendere come agire abbiamo prima identificato quali sono i fattori che portano alla dispersione scolastica e che possono essere condotti a tre aspetti. Un fattore sistemico: ossia la condizione sociale ed economica della famiglia. Un fattore scolastico: il tipo di scuola, la relazione tra lo studente e gli insegnanti, quella con il gruppo dei pari e la qualità dell’insegnamento. Infine un fattore soggettivo: le caratteristiche dello studente. L’eventuale abbandono è sempre frutto di un mix di questi fattori». Per contrastare il fenomeno quindi serve un equivalente mix di azioni. «Bisogna lavorare sulla prevenzione: migliorando la qualità dell’offerta scolastica fin dall’infanzia. Strutturando un orientamento che non è solo informare gli alunni sulle possibilità ma accompagnarli nelle scelte. Oltre alla prevenzione poi è fondamentale favorire l’apprendimento continuo, dare opportunità strutturate di una seconda chance. Anche grazie al Pnrr si sta investendo molto in Trentino».