Il caso
sabato 14 Dicembre, 2024
di Redazione
Monta la protesta contro il protocollo d’intesa tra Provincia e Procure sulla denuncia dei possibili reati commessi a scuola. Dopo gli avvocati penalisti, adesso anche gli assistenti sociali chiedono l’immediata sospensione delle nuove linee guida e l’apertura di un tavolo di confronto. «L’approccio delineato nel protocollo rischia di alimentare dinamiche punitive e frammentarie», afferma la presidente dell’Ordine degli assistenti sociali del Trentino-Alto Adige, Elisa Rizzi.
Cosa prevedono le nuove linee guida
Il protocollo è stato sottoscritto lo scorso novembre tra la Provincia di Trento, le Procure ordinarie e la Procura per i Minorenni. Con l’intesa si stabiliscono linee guida uniformi per tutte le scuole dell’infanzia e le istituzioni scolastiche e formative provinciali e paritarie, relative alle modalità di denuncia e/o segnalazione all’autorità giudiziaria ordinaria e minorile nei casi in cui gli operatori scolastici, nell’esercizio delle proprie funzioni, vengano a conoscenza di situazioni che potrebbero configurare reati o situazioni di pregiudizio per gli studenti minorenni. Questo include sia i reati commessi da o a danno di studenti, sia situazioni che, pur non integrando fattispecie penalmente rilevanti, possano indicare un disagio dell’alunno, probabilmente riconducibile a un contesto familiare problematico, tale da rendere necessario un intervento dell’autorità giudiziaria per valutare l’adozione di provvedimenti a tutela del minore.
Nel protocollo, oltre ad essere descritti i reati procedibili d’ufficio di cui l’operatore scolastico potrebbe venire a conoscenza e rispetto ai quali ha l’obbligo di riferire senza ritardo all’autorità giudiziaria, sono indicati anche i reati commessi da minori e tra minori attuati attraverso le nuove tecnologie (internet, social network, smartphone e chat) quali diffamazione, molestie, minacce, diffusione illecita di materiale a contenuto sessualmente esplicito, che si inseriscono nei fenomeni di bullismo e cyberbullismo. Inoltre sono stati riportati anche gli indicatori di una serie di situazioni derivanti da condotte che non necessariamente costituiscono reato ma che comunque comportano pregiudizio al benessere del minore.
Assistenti sociali critici
In un comunicato stampa l’Ordine degli assistenti sociali esprime rammarico per «il mancato coinvolgimento delle professioni che, oltre a occuparsi della tutela dei minorenni, lavorano quotidianamente per il sostegno ai bambini e alle loro famiglie, promuovendo il benessere ed evitando situazioni di grave pregiudizio. Il complesso sistema di tutela minorile – si aggiunge – non può essere ridotto al suo ruolo sanzionatorio». Dura la presidente Elisa Rizzi: «L’approccio delineato nel protocollo – dichiara – rischia di alimentare dinamiche punitive e frammentarie, anziché promuovere una vera presa in carico integrata dei minori e delle loro famiglie. Siamo convinti che la tutela dei diritti dei bambini debba avvenire attraverso percorsi di prevenzione, ascolto e collaborazione interistituzionale, piuttosto che con un’impostazione che sembra privilegiare un intervento emergenziale e non sufficientemente condiviso. Ogni decisione in materia di minori – prosegue – deve fondarsi su un approccio multidisciplinare, che tenga conto delle competenze specifiche e dell’esperienza di chi opera sul campo. La mancata consultazione di assistenti sociali e psicologi rappresenta un grave limite del protocollo».
Per queste ragioni, gli assistenti sociali chiedono che il protocollo venga sospeso in via cautelativa e che si apra un tavolo di confronto con tutte le parti coinvolte per elaborare soluzioni che rispettino la complessità del sistema di protezione minorile. «Solo attraverso una collaborazione attiva tra istituzioni e professionisti sarà possibile costruire percorsi di tutela realmente efficaci e rispettosi dei diritti di tutti», concludono.
La protesta degli avvocati
Sulla stessa lunghezza d’onda la nota arrivata dalla Camera penale di Trento: «Tale protocollo – questa la premessa – ha destato profonde perplessità negli appartenenti alla Camera penale e del Foro, suscitando preoccupazione, sia per il metodo seguito nella sua predisposizione, sia per l’approccio di stampo inquisitorio adottato nella sua formulazione, che fa scorgere rischi di indagini esplorative, estranee alla disciplina del Codice di procedura penale e che comunque potrebbero sortire l’effetto negativo di una moltiplicazione di segnalazioni prudenziali da parte degli insegnanti, più preoccupati di non incorrere in accuse di omissioni di denuncia». Gli avvocati penalisti intravedono un rischio ben preciso: «Il protocollo in questione stabilisce prassi operative rivolte al personale docente che, in termini legalitari, rischiano di sostituirsi a metodi e procedure che, pur nel rigoroso rispetto degli obblighi di legge, valorizzano forme di collaborazione tra insegnanti, studenti, famiglie, Servizi sociali e operatori della giustizia, nella risoluzione preventiva di problematiche sociali, spesso alla base di condotte trasgressive dei minorenni». Dunque, la Camera penale si dice pronta a dare il proprio contributo, ma nel frattempo chiede «l’immediata sospensione del protocollo».