Campi liberi

domenica 26 Febbraio, 2023

Don Bettega: «Chiesa, politica ed economia alleate per salvare il Creato»

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Il delegato vescovile per l’Area Testimonianza e Impegno Sociale, al Forum del T: «Pannelli solari su canoniche e oratori. Il turismo invernale? Ripensarlo "sostenibile"»

Sociale e ambiente come due fili che si intersecano in un’unica treccia. «Niente di questo mondo ci risulta indifferente» si legge nella parte iniziale della «Laudato sì», la lettera enciclica di Papa Francesco che esorta la comunità cristiana a prendersi cura della «Casa Comune», il pianeta Terra. Sono passati meno di otto anni, ma per la Chiesa sembra quasi un’era. «Non è solo la società a essere presa da un’accelerazione. Anche le realtà parrocchiali hanno subito una rivoluzione: nel giro di qualche decennio i temi che ci troviamo ad affrontare, in parrocchia, come negli oratori sono cambiati completamente». Don Cristiano Bettega, delegato vescovile per l’Area Testimonianza e Impegno Sociale, già direttore dell’ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza Episcopale Italiana, lo sa bene, diviso tra i tanti compiti diocesani, durante la settimana, e gli incarichi pastorali nel weekend («Siamo in due e ci dividiamo le messe, due il sabato e tre la domenica», spiega).

Don Bettega, ieri mattina, ha partecipato al «Forum del T», rispondendo alle domande del direttore Simone Casalini e del caporedattore Lorenzo Ciola.
A più riprese la Chiesa di Trento ha parlato di allarme sociale. Per le povertà, per il rischio di esclusione. Come le risulta essere la situazione?
«Il nostro osservatorio principale è la Caritas. I dati non sono confortanti e sono sempre al ribasso. Questo perché in un territorio come il Trentino, fatto di tante, piccole comunità chi è in difficoltà teme di uscire allo scoperto, di finire per “pesare sugli altri”. È l’altro lato della medaglia rispetto supporto sociale dovuto al fatto che nei paesi “tutti conoscono tutti”. La situazione di disagio, ormai, non riguarda più solo stranieri. E aumenta, soprattutto, quella “zona grigia”, che pesa per circa il 10-15%, in cui non c’è un’emergenza economica, ma può spuntare da un momento all’altro a seguito di una spesa imprevista. Ne abbiamo riscontro ogni giorno: la settimana scorsa eravamo impegnati con la raccolta del farmaco, in un sobborgo due clienti, rispondendo al nostro invito di donare qualcosa, ci hanno risposto di essere loro stessi in difficoltà».
Come si possono avvicinare queste persone?
«Pensare di risolvere tutto con il pacco viveri è sbagliato. Certo, ci sono gli strumenti classici, ne sono una prova gli Empori della Solidarietà, l’ultimo aperto a Cristo Re, ma serve soprattutto dialogo e vicinanza. Se si comincia a parlare si scopre magari che dietro alle difficoltà economiche c’è un problema di ludopatia, oppure un’altra dipendenza. La logica è quella dell’accompagnamento discreto. Ma bisogna prendere in considerazione anche il fatto che, in certi casi, alcune persone non vogliono farsi aiutare, e questo accade soprattutto con alcuni senza fissa dimora: in questi casi bisogna trovare il modo di andare loro comunque incontro».
Una situazione che si ripercuote anche sul profilo della casa. Cosa può fare l’arcidiocesi, al riguardo?
«Si dice che, se si dipingessero di rosso le case delle Curia, Trento sarebbe tutta rossa. È vero, la chiesa trentina ha molte proprietà edilizie, ma è anche vero che sono tutte impiegate, molto spesso in aiuto a nuclei in difficoltà. Il problema esiste, chi è in cerca di casa non la trova da nessuna parte. E intanto il centro si è riempito di bed & breakfast. E anche Itea ha molti appartamenti liberi ma vuoti. Si tratta di un problema che va affrontato da tutti, lo dobbiamo a chi ha problemi economici e lo dobbiamo ai nostri giovani: in molti stanno lasciando il Trentino anche per questo. Noi ci siamo impegnati a cercare interlocutori politici su questo fronte, ma non abbiamo avuto la risposta che ci aspettavamo».
Un’inchiesta del «T» ha stimato in 1.800 i giovani laureati che se ne sono andati. Che ripercussioni ha questo esodo nel mondo del sociale?
«Tra i 1.800 giovani c’è anche mia nipote. E in tanti non se ne vanno temporaneamente, ma prendono in considerazione un intero progetto di vita all’estero. Questo fenomeno sta mettendo a rischio il sistema del volontariato, che regge anche grazie all’impegno di persone sempre più in là con gli anni. In Trentino sopravvivono ancora, e bene, i vigili del fuoco volontari, ma nelle realtà vicine alla Chiesa il calo demografico si nota. LCi sono conseguenze anche nelle missioni: abbiamo sempre avuto dei laici coinvolti nell’attività missionaria. In passato erano ventenni, oggi abbiamo anche famiglie, adulti con figli che scelgono di stare per in Africa, America Latina ed Europa dell’Est. Gli ultimi sono partiti nel 2021. In compenso, però, si realizzano molto altre iniziative più vicine: missione, al giorno d’oggi significa anche andare in realtà vicine, come ad esempio nei quartieri difficili delle città italiane. Abbiamo un’iniziativa anche a Napoli, zona Scampia».
Un fenomeno che potrebbe essere letto anche come cambiamento culturale?
«Sì, decisamente. Negli ultimi decenni ne siamo stati investiti. Ad esempio, noi continuiamo a mandare missionari, quelli trentini sono circa duecento, ma il Trentino stesso sta diventando sempre più una terra di missione. Una terra dove non è più scontato essere “trentino doc” o cattolico. Si tratta di movimenti che non si possono invertire. Tanto vale accettarli e dare una mano per aiutarli. Tanto vale essere accoglienti, soprattutto in un momento in cui mancano sempre di più giovani e lavoratori di cui il tessuto sociale ha bisogno».
Una questione che rientra all’interno di un tema affrontato dal sinodo diocesano, quello delle periferie esistenziali. Una definizione molto ampia…
«Vi rientrano tutte le marginalità. Non solo i poveri, non solo gli stranieri, ma le tante persone che si trovano in difficoltà, che sono soli. Tra questi ci sono anche i giovani. Già sono pochi, ma il 25% di loro soffrono di disagi psichici o ne sono a rischio».
La sua delega comprende anche il «Creato». Che ruolo può avere la Chiesa nelle politiche ambientali?
«Lo scorso autunno abbiamo varato la Consulta diocesana per le questioni ambientali. Un tavolo, un’alleanza, a cui siedono anche docenti universitari e un esponente di Dolomiti Energia. Stiamo cercando soluzioni concrete, a cominciare dal problema dell’acqua. Quest’anno abbiamo sentito parlare di “emergenza freddo” a inizio inverno, ma quello che è mancato è proprio il freddo, la neve e la pioggia. La situazione deve essere presa sul serio. Con un’altra rete, quella per la “Custodia del Creato” stiamo lavorando sulla sensibilizzazione, che non riguarda tanto i giovani, attentissimi su questo fronte, ma i più “grandi”. Ma stiamo pensando anche di fare qualcosa con quello che abbiamo a disposizione».
Ovvero?
«Pensiamo al nostro patrimonio: le chiese sono naturalmente vincolate, ma abbiamo settecento canoniche e cinquecento oratori. Stiamo verificando la possibilità di installare pannelli fotovoltaici. E utilizziamo già i terreni in modo sostenibile, con la coltivazione di prodotti locali».
Lei è originario del Primiero, conosce bene quel mondo che vive anche grazie al turismo invernale. Cosa nei pensa del futuro di questo settore e della sua sostenibilità?
«È un tema che va assolutamente affrontato con coraggio. Anche nel trasformare radicalmente una proposta che sembra avere sempre minor futuro. Con la situazione che stiamo vivendo rischiamo di non avere solo il problema del turismo invernale ma anche quello del turismo estivo, se la siccità perdura. Chi vuole vedere il lago di Tenno ridotto a una pozzanghera? Ma non si può chiedere agli operatori di far tutto da soli, di sobbarcarsi il peso delle decisioni. Servono delle scelte che coinvolgano l’intera comunità».