Duomo Trento
domenica 1 Ottobre, 2023
di Alberto Folgheraiter
Ha suscitato stupore e sorpresa, soprattutto fra i preti, la designazione dell’arcivescovo Lauro Tisi del suo vicario, Claudio Ferrari (1966) quale canonico a pieno titolo del Capitolo della Cattedrale di Trento. Benché sia del tutto naturale che il vescovo promuova al canonicato il suo più diretto collaboratore, come spiega Emanuele Curzel, professore associato nel dipartimento di lettere e filosofia dell’Università degli studi di Trento, autore di fondamentali studi sull’istituzione capitolare, la nomina non è passata come usuale tra il clero trentino. Più d’uno, infatti, fa notare che, di fatto, l’arcivescovo Tisi avrebbe inteso collocare il suo più fidato collaboratore non tanto nel Capitolo della Cattedrale in quanto istituzione millenaria, quanto nella gestione del patrimonio che esso tiene gelosamente conservato e al riparo da intrusioni esterne.
Il bilancio del Capitolo, infatti, non è nella disponibilità dell’arcivescovo o della curia tridentina. E in tempi di vacche magre per le finanze ecclesiastiche trentine, i cespiti capitolari sarebbero ossigeno. Anche se, a ben vedere, oggi molti alloggi del Capitolo, soprattutto i più vecchi, sono fonte di spesa più che di guadagno. Inoltre, il Capitolo deve provvedere al funzionamento della Cattedrale come luogo di culto dell’intera comunità diocesana, deve stipendiarne il personale e anche in questo settore non sono tempi facili.
I commenti più benevoli tra il clero registrano la nomina come una cortesia del vescovo Tisi al suo vicario generale. Visto che don Ferrari va a dir messa tutte le mattine in Duomo assieme ai tre canonici superstiti, che almeno faccia parte di quella ristretta cerchia. A quanto si sa, l’arcivescovo Tisi non sarebbe pregiudizialmente contrario a nominare altri preti in quella antica istituzione purché la loro nomina fosse a tempo. Invece, secondo lo Statuto, la nomina è a vita. Qualche anno fa, in assenza di sostituzione dei defunti e temendo la scomparsa del Capitolo della Cattedrale, i canonici avevano scritto a Roma lamentando con i vertici del Vaticano l’anomalia. Dai sacri Palazzi erano arrivate rassicurazioni.
Lo stupore, tra i preti che venerdì mattina hanno saputo dal giornale della nomina del vicario, è legato anche al fatto che nessuno di loro, così dicono, aveva avuto sentore della decisione vescovile. Anche perché, dopo la nomina (2016) a canonico residenziale di don Giovanni Binda (1942-2022), parroco per 16 anni a Riva del Garda, l’arcivescovo Tisi si era ben guardato da altre nomine capitolari. Nel frattempo sono morti i canonici residenziali Armando Costa (1927-2022), Elio Bragagna (1937-2020), Aldo Menapace (1926-2020), Marco Giuliani (1927-2023) e la maggior parte dei canonici onorari (Alberto Carotta, Ettore Facchinelli, Valentino Felicetti, Mariano Foletto, Giuseppe Ghezzer, Silvio Gilli, Romando Scalfi, Antonio Swaizer, Giuseppe Zadra e Remo Zottele). Per questi ultimi la nomina era soltanto “ad honorem”.
Scrive Emanuele Curzel: «Menzionato nel secolo X, il Capitolo della cattedrale di Trento compare con continuità nelle fonti a partire da metà secolo XII, quando anche in ambito locale inizia a fiorire la produzione documentaria, segnatamente di matrice notarile. A quel tempo, il collegio clericale della cattedrale si presenta come ente già strutturato, con propria dotazione patrimoniale distinta da quella della mensa vescovile. Il Capitolo della cattedrale di Trento rivestì un ruolo rilevante non solo in ambito spirituale, ma anche dal punto di vista temporale e politico: dal secolo XII sino al primo Ottocento, esercitò il diritto di eleggere il vescovo di Trento, principe immediato del Sacro Romano Impero; governava diocesi e principato nei periodi di sede vescovile vacante; esprimeva parere vincolante rispetto alle decisioni assunte dal vescovo e dal suo Consilium in ordine alle questioni politico-amministrative interne ed estere più rilevanti, riguardanti le prerogative e il patrimonio della Chiesa di Trento».
Inoltre, «i canonici esercitavano la piena giurisdizione civile e criminale su alcune piccole aree della contea di Trento. Si trattava dei villaggi di Sover e Sevignano in val di Cembra e di Villamontagna, sulla collina a est di Trento, che rimasero sottoposti ai canonici fino alla secolarizzazione del Principato, all’inizio del XIX secolo».
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