L'intervista
sabato 29 Giugno, 2024
di Johnny Gretter
Da studente di tecnologie farmaceutiche a missionario sull’isola di Taiwan: è stato questo il percorso seguito da Martino Zavarise, 31 enne di Caldonazzo, che domani celebrerà la prima messa come sacerdote nel suo paese natale. Don Martino è stato ordinato appena sabato scorso dal cardinale O’Malley, e fa parte della Fraternità San Carlo Borromeo, una società clericale formata da sacerdoti missionari: anche Martino segue la sua vocazione come prete missionario a Taiwan, dove tornerà il 2 luglio. In occasione della sua prima messa, don Martino ci racconta la sua storia.
Don Martino, quando è iniziato il suo percorso per diventare sacerdote?
«Il periodo dell’università, per me, è stato un momento di maturità anche in merito alla fede. Sono originario di Caldonazzo, ho frequentato il liceo scientifico a Trento e poi ho deciso di fare chimica e tecnologie farmaceutiche a Bologna. Quando sono arrivato lì ho cominciato anche a frequentare il gruppo universitario di Comunione e Liberazione: partecipavo ai momenti catechesi, andavamo insieme a messa la domenica e facevamo momenti di caritativa, come aiutare i bambini nel dopo scuola o fare pulizie nella nostra sede. Un’amica dei tempi della scuola mi aveva chiamato per dirmi che entrava in un monastero di monache di clausura: inizialmente mi sembrava una cosa lontana da me, ma poi mi ha colpito la sua voglia di donarsi a Dio con tutta se stessa».
Così ha deciso di entrare in seminario.
«In realtà si sono incrociate più cosa. A Bologna ho fatto amicizia con un prete, che mi ha aiutato a mettermi davanti a questo desiderio di spendermi per la comunità. Anche mio cugino Gabriele era entrato nella fraternità di San Carlo: ho iniziato ad andare a trovarlo in seminario a Roma. Poco dopo sono stato accettato anche io».
Come sono state le sue esperienze in missione?
«Durante il seminario ho fatto un anno in Messico, e dopo essere diventato diacono l’anno scorso mi hanno chiesto di partire per Taiwan. I cattolici sono davvero pochi, attorno allo 0,3% della popolazione: a Taipei abbiamo due parrocchie, con alcuni fedeli molto legati alla chiesa. Quello che vediamo è una società dove c’è una religiosità popolare molto vissuta, mentre allo stesso tempo in casa c’è molta violenza. Un nostro amico ci ha raccontato che era rimasto scandalizzato dal fatto di fare tutti i giorni dei sacrifici con sua nonna, mentre il compagno di sua madre lo picchiava tutti i giorni. Quando è arrivato in parroicchia è rimasto impressionato da tutte quelle persone che si vogliono bene».
È emozionato di tornare a Caldonazzo per la sua prima messa?
«Sì, moltissimo: questa rimarrà sempre casa mia. Sento molta riconoscenza e gratitudine dalla comunità, anche se c’è penuria di sacerdoti e fra poco riparto per Taiwan. Le persone sono semplicemente grate del mio “sì” a Cristo e questo mi riempie di gratitudine a mia volta».
Pensi che siano rari i giovani che come lei riscoprono un grande interesse per la fede?
«In realtà mi sento come dentro a un nuovo inizio. Sabato scorso siamo stati ordinati in cinque come sacerdoti. Ma al di là di questo vedo un grande interesse dei giovani verso la Chiesa, alla ricerca di un rapporto personale con Dio. Molte persone sono stufe delle risposte date dalla nostra società. Per i cuori giovani che desideranod i più non c’è solo il successo scolastico o la carriera: ci sono anche momentie momenti di scoperta della religiosità. La Chiesa sarà tirata su da questi giovani che arrivano: l’attuale parroco di Caldonazzo, don Emilio, mi ha detto che è come se mi stesse passando il testimone. Sento la riconoscenza di chi è venuto prima, ma ricordo sempre che noi giovani riproponiamo il cristianesimo con una grande riconoscenza verso chi è venuto prima di noi, e ha sofferto in prima persona il calo dei fedeli e delle vocazioni».