L'incontro
venerdì 26 Aprile, 2024
di Elisa Egidio
«Camminare insieme, per non lasciare più nessuno da solo in balìa delle mafie». Così don Luigi Merola, sacerdote e autore del libro «Oltre ogni speranza», dal 2007 sotto scorta per il suo impegno contro la criminalità organizzata, si è rivolto mercoledì sera alla platea di studenti nell’aula magna dell’Arcivescovile. L’occasione era l’incontro intitolato «Cultura della legalità. Il contrasto alla criminalità inizia da noi». Un appuntamento per aprire un dialogo tra scuola e istituzioni riguardo ad una piaga ormai estesa anche al nostro territorio, come ha dimostrato il caso Perfido. «Un fatto che ha un po’ scardinato la nostra realtà in cui a volte ci addormentiamo, perché pensiamo che la mafia sia una cosa legata solamente al Meridione e che noi al Nord invece siamo immuni a questo fenomeno. Purtroppo non è così», ha esordito Matteo Bonetti Pancher, presidente della consulta provinciale degli studenti. «Il sistema mafioso è molto di più della criminalità in quanto tale, è un sistema di vivere e di pensare, in cui un po’ tutti siamo dentro, quando invece di essere autentici, siamo opportunisti e immaginiamo gli altri in funzione nostra», il commento del vescovo Lauro Tisi. Una mentalità che va estirpata attraverso una cultura dell’antimafia, prima che attecchisca tra le nuove generazioni. «Se vogliamo cambiare questa società dobbiamo partire dalle scuole, rivolgo un appello alle amministrazioni a fare di più nelle scuole», il monito di don Merola, sotto scorta dopo aver denunciato l’omicidio della quattordicenne Annalisa Durante, uccisa il 27 marzo 2004 per errore durante uno scontro tra due clan camorristici rivali nel quartiere di Forcella a Napoli, dove il sacerdote era parroco. «Vedere un omicidio e non parlare non solo non faceva di me un buon cittadino, ma neanche un buon cristiano», racconta. Dopo le prime minacce, dal 2007 fino al 2011 ha lavorato a Roma, al ministero dell’Istruzione «Anche lì ho trovato il cancro della criminalità», ha rivelato. Anche grazie ai risparmi ottenuti con lo stipendio ministeriale, don Merola, nel 2008 ha fondato «‘A voce d’e creature», per togliere i più giovani dalla strada. Ubicata in una villa confiscata alla camorra, l’associazione offre attività gratuite a più di 200 ragazzi dai 6 ai 18 anni, grazie al lavoro di 15 dipendenti, di cui 5 del servizio civile e 10 a tempo indeterminato. Tra le molte iniziative, anche un corso per pizzaioli che forma ogni anno 30 «boss della pizza». Un «fare» che salva ogni giorno molti giovani da un destino già scritto, in una città contesa tuttora da 102 clan. «Il carcere non è “Mare fuori”, il carcere è privazione della libertà. A 14 anni chi sbaglia paga», ha chiosato il sacerdote.