L'intervista

mercoledì 23 Aprile, 2025

Don Viviani, il cerimoniere trentino addetto alle fumate del Papa: «Avvertii un cardinale frettoloso in dialetto: così se smorza tut el foch»

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Ora parroco di Mezzocorona, la sua previsione: «Tanti elettori, conclave lungo. Al nome penserà lo Spirito Santo»

Esattamente vent’anni fa, nel 2005, al conclave che elesse Joseph Ratzinger papa con il nome di Benedetto XVI, davanti alla stufa c’era lui: don (monsignore, il titolo corretto) Giulio Viviani, ora parroco di Mezzocorona, all’epoca cerimoniere in Vaticano. Eccetto quando c’era da votare, momento solenne in cui sono ammessi solo i cardinali, lui era sempre a disposizione alla cappella Sistina. Soprattutto quando era il momento di bruciare le schede. «Un’operazione complicata — spiega — anche perché non si può vedere come esce il fumo. Bianco, nero… talvolta si sbaglia un po’ e viene fuori grigio… È sempre un azzardo».

 

Qual è la parte più difficile?
«Riuscire ad accendere il fuoco. Le schede sono di cartone, pesanti. Nel 2005 erano un centinaio. Ma non ci sono solo quelle. Ci sono anche i fogli su cui ogni cardinale si segna il conteggio, altri cento pezzi. In una delle votazioni andate a vuoto il cardinale Giambattista Re mi diede tutto il pacco dicendomi “butta dentro tutto”. Io risposi in dialetto, quello di Pinzolo: “Ma così mi si smorza tut el foch”. Lui, di Brescia capì».

 

Allora i cardinali votanti erano 115, due mancarono. Ora sono 135, anche se ci saranno almeno un paio di assenti. Il conclave più partecipato di sempre.
«Sì. Paolo VI avrebbe fissato il massimo a 120, ma era un provvedimento estensivo. Ora ci troviamo, grazie alle nomine degli ultimi mesi, con qualche cardinale in più».

 

Che conseguenze può avere?
«Tanti sono cardinali di nuova nomina e negli ultimi anni ci sono stati poche occasioni di incontro: dovranno conoscersi. Dunque si può ipotizzare un conclave più lungo dei precedenti. Saranno fondamentali le congregazioni».

 

Che cosa sono?
«I momenti di incontro in cui i cardinali possono approfondire temi specifici».

 

Qualcosa di paragonabile a una campagna elettorale?
«Assolutamente no, è totalmente diverso. Circolano molte ricostruzioni sui conclavi, ma spesso c’è troppa fantasia. I cardinali sono uomini di fede e prendono in modo molto serio il loro compito».

 

Cosa si dice durante le congregazioni?
«Si parla di quello che serve alla Chiesa, di che figura dev’essere il prossimo papa. Durante il conclave del 2005, il cardinale Biffi citò Mafalda, la protagonista della striscia a fumetti di Quino: “Ci sono problemologi e soluzionologi. Ci serve un soluzionologo. Non tutti capirono il riferimento».

 

Prima di quel momento, ci sarà il funerale, che papa Bergoglio ha voluto sobrio.

«Sarà comunque un momento di grande solennità spirituale, come si può vedere già ora dalla partecipazione in San Pietro dei fedeli. Il rito del funerale, del resto, è stato semplificato gradualmente già a partire da Paolo VI. Saranno molto significative le preghiere dei prelati orientali della Terra Santa e dell’Ucraina: due terre martoriate a cui il papa è stato molto vicino».

 

Lei ha conosciuto entrambi…

 

«Sì. Due personalità diversissime, ma entrambi sono stati i papi che servivano alla Chiesa. Francesco è stato un pontefice che, oltre ad ascoltare, ha saputo anche governare la Chiesa con determinazione. Ha fatto quello che ha promesso, ha preso di petto alcuni problemi gravissimi, tra cui lo scandalo della pedofilia»

E adesso cosa serve?
«Un papa pastore».

 

I religiosi non amano il «totopapa». Le chiedo, però, tra i nomi che circolano, dal cardinale Tagle al segretario di Stato Parolin, secondo lei c’è il futuro papa?
«”Chi entra papa esce cardinale” è una regola che si conferma sempre. Al resto penserà lo Spirito Santo»