LA STORIA
domenica 21 Gennaio, 2024
di Maria Cristina Bettega
Lo scorso 31 dicembre è andato in pensione il dottor Cristiano Piechele che per oltre quarant’anni ha prestato servizio in Primiero come medico. Nato a Trento, ha trascorso la sua infanzia ai Laghi di Colbricon dove genitori e zii gestivano l’omonimo rifugio.
La sua è una vocazione innata per la medicina: «Fin da piccolo volevo fare il medico, racconta, non ho mai avuto alcun dubbio a riguardo, a dieci anni curavo le ulcere di mia nonna, cosa che agli altri faceva ribrezzo». Laureato in medicina e chirurgia presso l’Università di Padova, ha lavorato per qualche anno all’ospedale della città patavina nel reparto di chirurgia per poi approdare a quello di Trento dove ha prestato servizio in cardiologia, ginecologia, medicina interna e pronto soccorso.
Terminato il servizio militare il dottor Cristiano fa ritorno a casa, in Primiero, per fare guardia medica con l’intenzione poi di tornare a Trento. «Qui ho conosciuto due ostetriche eccezionali: Adriana Grisotto e Giacomina Tomas che mi hanno trasmesso la passione per la condotta e quindi sono rimasto qua», ricorda Piechele. «Dal 1984 ho lavorato come medico condotto a fianco delle ostetriche fino al 1991. Grisotto e Tomas non facevano solo il loro lavoro ma si occupavano anche di medicazioni, vaccinazioni, fornivano molta assistenza, tutto ciò che spettava alla condotta», racconta il medico. Nel 1993 le condotte sono state destituite per dare spazio alle attuali Usl così da allora e fino al 2023 il dottor Cristiano ha esercitato come medico di famiglia: «Inizialmente – ricorda il dottore – quando sono diventato medico di famiglia al posto del dottor Tavernaro, avevo 1800 pazienti a cui si sommavano circa 200 persone della condotta e altrettanti che gravitavano in ambulatorio per abitudine. Allora con più di duemila pazienti si riusciva comunque ad assistere tutti. C’era più compartecipazione da parte della gente; a volte mi capitava di dire ai pazienti perché non mi avessero chiamato prima, adesso invece qualsiasi cosa accada a una persona è un problema sanitario».
Ne ha viste e vissute davvero tante nel suo lavoro e come lui stesso racconta: Le storie belle si dimenticano facilmente ma quelle brutte ti segnano e te le porti dietro per sempre. Era il 1978, ero in pronto soccorso a Trento dove facevo il tirocinio pre laurea, una sera si presentò una signora con tre bambini piccoli, insieme a lei c’era una vecchietta che passava giorno e notte a cavalcioni sulla sponda del poggiolo perché voleva suicidarsi. Era appena stata approvata la legge Basaglia, la vecchietta non giudicata pericolosa era stata rilasciata dal manicomio e affidata alla figlia che non sapeva più cosa fare e a chi rivolgersi, abbiamo mandato la nonna nel reparto psichiatrico dell’ospedale ma da lì è tornata a casa subito. Ogni tanto penso ancora che vita abbia avuto quella mamma disperata!».
Tra i ricordi più belli quelli di un paziente con una frequenza cardiaca di 24 battiti ventricolari al minuto: «Gli ho fatto un elettrocardiogramma, ho capito subito che si trattava di un flutter atriale, sono intervenuto con una iniezione in vena e dopo un solo minuto il paziente si è ripreso». Durante la sua carriera Piechele ha assistito anche all’introduzione dell’informatica e dei suoi nuovi dispositivi: «Inizialmente li abbiamo accolti a braccia aperte perché ci permettevano di avere un archivio e accedere velocemente alle cartelle cliniche dei pazienti ma poi le cose si sono complicate sempre di più. Il mio problema più grande in questi anni era diventata proprio l’eccessiva informatizzazione, se non avessi avuto mia figlia a farmi da assistente avrei dovuto andare in pensione ancora qualche anno fa».
Alla domanda in merito al pensionamento il dottore risponde così: «Ho avuto un rapporto bellissimo con i miei pazienti e faccio una grande fatica a lasciarli, visite a domicilio ne farò senz’altro ancora perché un professionista non va mai in pensione finché la testa tiene». Il dottore però dichiara anche di volersi godere un po’ il tempo dedicandosi alla famiglia e allo sport, è infatti responsabile del gruppo giovani dell’Unione Sportiva Primiero sezione arrampicata: «Finalmente potrò seguire i miei ragazzi, coadiuvando la crescita dell’arrampicata sportiva».
Ai giovani che intraprendono gli studi di medicina arriva un suo consiglio: «Pensateci bene, questa professione deve piacere e bisogna essere sicuri di volerla svolgere perché vi può capitare di tutto e si deve essere pronti a fare qualsiasi cosa».