il dialogo

sabato 14 Ottobre, 2023

Droga in Trentino, il colonnello Ederle: «Anche sindaci e imprenditori tra gli assuntori di cocaina»

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Il furto è il reato più diffuso in Trentino anche se lievemente in calo: bici elettriche il bersaglio primario

La loro presenza è capillare e storica e si dirama nelle 74 stazioni della provincia suddivise in sei compagnie. E sono soprattutto – dai centri urbani alle valli – un essenziale punto di riferimento per la cittadinanza e l’esercizio dei diritti che transita inevitabilmente anche per un atto di denuncia o una richiesta di aiuto. Per i carabinieri che operano in provincia l’ultimo anno è stato complesso con alcuni reati in aumento, quelli che impattano maggiormente sull’opinione pubblica. Furti e rapine, in primis. Poi rimane il fenomeno della droga «che coinvolge, lato consumatori, i ceti più abbienti, persone insospettabili come sindaci e imprenditori». Infine, i reati di violenza, legati al genere, che spesso avvengono all’interno delle mura domestiche ma che in tempi recenti sono stati consumati fuori, in un parco pubblico, come il femminicidio di Iris Setti a Rovereto. Questi argomenti, le tendenze della società, l’organizzazione della sicurezza sono stati al centro del forum che «il T Quotidiano» ha promosso con il colonnello Matteo Ederle, comandante provinciale dei carabinieri. Classe 1974, originario di Verona, due lauree (Giurisprudenza e Scienze strategiche) e esperienze in missioni all’estero (a cominciare dai Balcani, Bosnia e Kosovo, e dal Medio Oriente, Iraq), Ederle guida i carabinieri della provincia dal febbraio 2022 dopo aver operato in diverse compagnie regionali, tra cui quella di Ortisei in Val Gardena.
Comandante Ederle, uno dei fronti su cui i carabinieri sono maggiormente impegnati è quello della droga. Il T ha documentato, con servizi pubblicati questa settimana, come Trento continui a essere ai vertici a livello italiano per il consumo di sostanze. Come lo analizza?
«C’è una forte preoccupazione rispetto a tale tendenza e l’attenzione rimane alta. Non è solo l’aspetto legale a interessare, ma pure la dimensione sociologica del fenomeno. Occorre partire dal presupposto che dove è diffusa la droga – prevalentemente hashish, marijuana ma anche cocaina – c’è una comunità che ne ha bisogno. Tra gli assuntori ci sono i giovani, certamente, così come stimati professionisti. Mi riferisco anche a figure strategiche della comunità – sindaci e imprenditori – segnalate come consumatori. La cocaina è appannaggio di chi ha disponibilità economica. I reati legati alla distribuzione e allo spaccio, invece, sono commessi da persone che non hanno il proprio background in Trentino. Stimerei che il 95% degli autori non è trentino».
A livello politico si discute da tempo della legalizzazione delle sostanze leggere. Potrebbe aiutare a comprimere il mercato criminale?
«Il tema merita una riflessione seria perché potrebbe, effettivamente, colpire un business che muove capitali e osserva, nella sua rete di base, una manovalanza composta da povera gente, facilmente reclutabile. Ma fare le leggi non spetta a noi. Quello che possiamo fare è proseguire nel lavoro meticoloso di contrasto alla droga, di disinnesco delle reti di distribuzione e degli spazi di spaccio».
Reati «minori», come i furti generici, presentano un numero di denunce in calo, anche se restano elevati: circa cinquemila. C’è il rischio che si sviluppi un clima di tolleranza?
«Questo non dovrebbe mai accadere. Ogni furto scoperto per noi è una conquista. E siamo fortunati che il Trentino, compresi i centri urbani di Trento e di Rovereto, sia ancora una zona molto tranquilla. Di conseguenza qui c’è ancora tempo per curare questo tipo di indagini. Sono episodi fastidiosi che alimentano la percezione di insicurezza. Il furto è anche il reato più vecchio al mondo. Le bici elettriche sono diventate tra gli obiettivi primari dei ladri».
Le bici sono state al centro di una recente operazione a Lavis…
«Che si è conclusa positivamente, dopo il nostro intervento non ci sono stati episodi aggiuntivi. Le bici elettriche possono valere migliaia di euro e in alcuni centri dell’Europa orientale, Romania in particolare, c’è un mercato fiorente di prodotti rubati tra Italia e Germania. Anche in questo caso, controlli e appostamenti extra costano molto, occorre dosare e spostare le forze, moltiplicare le pattuglie e i servizi notturni».
La carenza di personale è un problema generalizzato, nelle forze dell’ordine si è cronicizzato. Qual è la situazione dei carabinieri in provincia?
«Dovremmo essere in 800, ne mancano circa novanta per arrivare a questa cifra. Molte stazioni operano con un uomo in meno. È uno sforzo non indifferente, confidiamo che qualche aiuto possa arrivarci a breve. Ma ritengo che l’organizzazione del lavoro possa incidere positivamente sulla carenza di organico. È anche una questione di strategie».
Lo scorso marzo il Trentino ha visto la prima condanna per mafia nell’ambito del processo Perfido. Da allora sono state molte le iniziative per sensibilizzare la società civile, a cominciare dal mondo dell’impresa. Quanto vi preoccupa il fenomeno?
«Ci dovrebbe essere prudenza nelle valutazioni. Il problema esiste, ma la situazione in Trentino non ha nulla a che vedere con certe aree di altre regioni del Nord, dal Piemonte all’Emilia Romagna, dove il controllo dei clan si estende capillarmente. Quello che spaventa nel caso di Perfido è che i soggetti coinvolti hanno tenuto connessioni nella regione d’origine riuscendo a coltivare affari sul territorio provinciale. Il Trentino continua a essere una regione molto appetibile per la criminalità organizzata ma a differenza di altri posti c’è un’attenzione a livello locale importante, una sorta di diffidenza che costituisce un deterrente rilevante».
I carabinieri, quelli della compagnia di Rovereto, sono intervenuti nei due principali fatti di cronaca di quest’estate: i delitti di Noriglio e del parco Nikolajewka, che hanno visto come vittime due donne. La violenza di genere è una patologia in evoluzione. Quali sono le possibili risposte?
«I due casi di Rovereto sono molto diversi: il primo, quello che ha visto come vittima Mara Fait, difficilmente può essere annoverato come un femminicidio. Piuttosto è una situazione di vicinato degenerata che è accaduta a prescindere dalla questione di genere. Il secondo, l’uccisione di Iris Setti, è stato un evento di una gravità estrema, impressionante anche per chi opera nelle forze dell’ordine: è difficile accettare che una persona con gravi disturbi sia libero di andare nel parco e ammazzare una persona. Con la Procura abbiamo compilato un elenco di persone potenzialmente pericolose: la situazione è delicata per ovvie questioni giuridiche, finché non vengono commessi reati non si possono prendere provvedimenti, ma va fatta prevenzione a ogni livello».
Il codice rosso aiuta?
«Si tratta di uno strumento relativamente nuovo e importante che sta aggiungendo lavoro, tant’è che l’operatività delle stazioni è aumentata del 30%. L’intervento tempestivo fa la differenza in alcuni casi. In altri, va rilevato, registriamo episodi border line. Combattere la violenza resta un impegno cruciale: la Provincia di Trento ne ha fatto una sua missione, ad esempio gli investimenti per le case protette. I carabinieri sono in prima linea anche su questo fronte».
Nel 2022 ci furono 29 arresti, 168 denunce e 77 proposte di ammonimento. Com’è la tendenza del 2023?
«Direi analoga, i numeri del fenomeno sono simili a quelli dell’anno precedente».
Si va verso l’inverno: in Trentino i carabinieri sono presenti anche sulle piste da sci. Una funzione sempre più importante visto gli incidenti, anche gravi, avvenuti negli ultimi anni. Lei ha dedicato molta attenzione al tema.
«Il turismo invernale ha avuto un’evoluzione importante negli ultimi anni. Alcune piste, soprattutto quelle dei comprensori alle altitudini più elevate, sono diventate frequentatissime durante l’alta stagione. Inevitabilmente si creano situazioni di pericolo proprio per il carico antropico: abbiamo una disciplina normativa articolata e sanzioni severe, tuttavia non è semplice ricostruire un incidente su una pista da sci perché, rispetto alla strada, mancano molti riferimenti. L’Arma sarà presente con servizi dedicati ma ci sarà anche una nuova campagna, realizzata assieme a Trentino Marketing e all’Anef (Associazione impianti a fune), per sensibilizzare gli utenti sui comportamenti corretti da tenere».
Ritorniamo al punto di partenza: i carabinieri come presenza costante e diffusa. Poco fa è stato avviato il servizio di carabiniere di quartiere anche a Rovereto. Come sta procedendo?
«È un’iniziativa apprezzata perché crea quel contatto con il cittadino che risulta fondamentale nel lungo termine. Non si tratta di servizi che colpiscono direttamente la criminalità ma sono importantissimi per il controllo del territorio in senso lato».
Tempo fa avevate chiesto ai cittadini di Trento di prendere in considerazione per le denunce anche altre stazioni, oltre al comando di via Barbacovi, perché sovraffollato. Permane il problema?
«Sì, in alcune ore della giornata si creano code e ci dispiace per le attese. Potrebbero essere evitate scegliendo finestre temporali meno frequentate – l’ufficio di via Barbacovi è operativo 24 ore al giorno ed è possibile prenotare – oppure recandosi a Mattarello e a Lavis, sedi molto meno gettonate ma facilmente raggiungibili».