l'esperta
giovedì 9 Maggio, 2024
di Ottilia Morandelli
Dopo il sequestro di 70 chili di droga a Trento e l’intercettazione del traffico milionario di stupefacenti che venivano smerciati sul suolo provinciale, è emersa una fitta rete di spaccio cittadino che colpisce tanti giovani trentini. Per capire quale sia la reale portata del fenomeno ne abbiamo parlato con Paola Maria Meina, direttrice della associazione Famiglie Tossicodipendenti.
Meina, qual è la situazione in Trentino?
«La situazione è problematica. Non dobbiamo girarci intorno. Non siamo più un’isola felice, forse non lo siamo mai stati. La droga è una piaga che c’è da tempo ormai nel nostro territorio ed è sempre peggio».
Chi sono le persone più colpite da questa piaga?
«La droga colpisce trasversalmente. Chi fa uso di sostanze inizia da molto piccolo, già alla fine delle scuole medie a 14 anni. Si comincia con l’erba e con l’alcol e poi si continua con altre droghe più pesanti. Sono già tossicodipendenti a questa età».
Quali sono le sostanza che fanno i maggiori danni in Trentino sui giovani?
«Al primo posto abbiamo cannabis e alcol. Sono due sostanze molto diffuse soprattutto fra i giovani trentini. Poi la situazione peggiora ulteriormente perché si combinando droghe sintetiche, fino ad arrivare alla cocaina e all’eroina».
La droga ormai è diffusa in maniera dilagante e trasversale.
«Assolutamente. Prende tutti, giovani e meno giovani, di tutte le estrazioni sociali. Ormai le persone tossicodipendenti non provengono più da famiglie povere in difficoltà, molti ragazzi benestanti con genitori spesso attenti e con un buon lavoro cadono nel tunnel della droga.
Prima diceva che non siamo più un’isola felice.
«Non lo siamo. La situazione del Trentino per quanto riguarda l’abuso di sostanze è molto complessa e diffusa. Se mettiamo a paragone grandi città con Trento i numeri dei tossicodipendenti in proporzione sono gli stessi. Il problema da noi esiste, si deve smettere di fingere di non vederlo».
La droga è diffusa sia in città che nei piccoli centri, cosa preoccupa di più?
«La situazione nelle valli e nei piccoli centri isolati è quella che mi spaventa di più. I ragazzi che vivono in queste realtà sono privi di stimoli. Nel pieno dell’adolescenza si sentono allo sbando e l’unica cosa che pensano di poter fare è drogarsi, bere e stare al bar».
Si tratta di un problema anche culturale quindi. Che cosa si può fare per arginare il fenomeno?
«Il problema è prima di tutto culturale. Mancano iniziative nelle valli. Gli adolescenti vivono nell’impossibilità di divertirsi in maniera sana e genuina. Sono costretti a stare in posti dove non succede mai nulla e dove non ci sono stimoli».
Questo è un problema anche per gli adulti.
«Sì anche per le persone più grandi certamente. I giovani però specialmente nel periodo della adolescenza vivendo in questi luoghi privi di cultura non trovano altro divertimento se non nell’ubriacatura».
Questi ragazzi non possono trovare altre possibilità?
«Ci sono i ragazzi che si appassionano di camminate in montagna, magari fanno uno sport. Quando hanno 16 anni non gliene importa più nulla però. Cominciano ad abusare di alcool perché si annoiano».
Si limitano al consumo di alcolici?
«Solitamente no. L’abuso di alcol è spesso legato ad altre sostanza, è il passo iniziale per finire poi a consumare cose ben peggiori. Ora fra i giovanissimi vanno molto di moda gli psicofarmaci a base di benzodiazepine, poi si buttano sulle droghe sintetiche».
Una situazione veramente preoccupante.
«La realtà è questa e fa paura. Dobbiamo pretendere una maturazione sociale».
Crede che il contrasto allo spaccio possa creare uno spiraglio in questa situazione?
«La repressione aiuta ma non risolve. Se non si parte dalla cultura e non la si comincia a intendere come un incontro, un momento di condivisione non ce la faremo. In Trentino mancano luoghi di aggregazione sani, come teatri, locali che dove suonare, spazi per gli incontri fra pari. Non ci sono abbastanza festival e iniziative accattivanti per i giovanissimi che li tolgano dalla strada».
Che cosa impedisce il cambiamento in Trentino?
«Le persone non capiscono quale sia il modo migliore di agire con gli adolescenti. Non appena si cerca di aprire un locale che faccia musica i vicini chiedono che chiuda presto. Non vogliono il rumore, che è vita per i ragazzi. Se non possono andare in questi posti finiscono nelle discoteche dove dilaga lo spaccio e la devianza. Se non vogliamo che si riuniscano poi non possiamo lamentarci se finiscono allo sbando».
Che cosa manca al nostro territorio?
«Manca la cultura della condivisione. In Trentino si pensa solo al lavoro. Quando un ragazzo o una ragazza cade nel tunnel della droga non potrà mai diventare un bravo lavoratore. Sono persone fragili che hanno conosciuto il disfacimento. Non possiamo cercare di risollevarli spingendoli solo a lavorare, dobbiamo trovare degli ideali di vita, dei motivi di gioia, senza soffocare il loro desiderio buono di trasgredire, ma cercando di trasformarlo in qualcosa di stimolante e produttivo».
Con la cultura le cose possono migliorare?
«Non solo con la cultura ma soprattutto con gli incontri sociali e con la vita comunitaria. Una volta ci si trovava nei parchi per suonare la chitarra e non per andare a cercare droga. Le nostre comunità territoriali non offrono abbastanza a questi giovani bisognosi. Se i ragazzi cominciano a drogarsi non è colpa loro, sono persi e hanno solo bisogno di attenzioni e aiuto».
Sui ragazzi che si drogano rimangono ancora forti stereotipi e pregiudizi.
«Anche questo è un problema enorme. Bisogna capire come funziona il mondo dello spaccio. Bisogna distinguere fra chi vende e chi consuma. Lo spaccio viene fatto da persone furbe, ma se un reato viene commesso da un tossicodipendente la situazione cambia. I tossici commettono spesso crimini per disperazione, quando sono in astinenza, nelle fasi più acute della malattia. I reati fra spacciatori e consumatori devono essere distinti. Dobbiamo aiutare i ragazzi e le ragazze che soffrono di tossicodipendenza. Proviamo a lavorare per queste persone, non lasciamoli soli».